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Analisi e commenti

Azioni, quote e strumenti similari
tra redditi di capitale e diversi - 5

Le disposizioni di riferimento del Tuir per i proventi “paradisiaci” sono, per quanto concerne i primi, l’articolo 47, comma 4 e, per quanto concerne i secondi, l’articolo 68, comma 4

In deroga al regime ordinario, caratterizzato da forme sostitutive di imposizione e di forfettizzazione della base imponibile, gli utili provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato e le plusvalenze da cessione di partecipazioni in entità in essi stabilite, concorrono integralmente alla formazione del reddito complessivo del contribuente, in ragione della loro produzione/maturazione in ordinamenti caratterizzati da un’imposizione nulla o estremamente ridotta rispetto a quella italiana.
 
Norme di riferimento: art. 47, co. 4, Tuir (redditi di capitale); art. 68, co. 4 (redditi diversi)
L’attuale formulazione dell’articolo 47, comma 4, Tuir, è frutto di diverse modifiche legislative susseguitesi nel tempo.
Andando con ordine, il decreto legislativo 344/2003 ha equiparato il trattamento fiscale dei dividendi di fonte italiana e di fonte estera percepiti da un soggetto residente.
L’equiparazione era, però, inoperante per i dividendi originati da Stati o territori inclusi nell’allora vigente black list.
 
La tassazione integrale era esclusa solo in due casi:

  • al percettore dei dividendi era già stato imputato per trasparenza il reddito della società partecipata, in applicazione del regime delle Controlled foreign companies di cui all’articolo 167 del Tuir. In tal caso, i dividendi percepiti erano esclusi dalla base imponibile fino a concorrenza degli utili imputati
  • il contribuente, ai sensi del comma 5, lettera b) dell’articolo 167, Tuir, aveva dimostrato, in sede di interpello, che dalle partecipazioni non era stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati. 

La formulazione originaria dell’articolo 47, comma 4, parlava di utili “provenienti” da Stati o territorio a regime fiscale privilegiato.
In seguito, il Dlgs 247/2005 ha sostituito il termine “provenienti” con “corrisposti”.
Tale modifica, però, ha generato incertezze con riferimento alle situazioni di controllo indiretto con subholding localizzate in Stati a regime fiscale ordinario: in tal caso, gli utili, seppur provenienti da Stati black list erano, di fatto, corrisposti al socio italiano da società residenti in Stati white list.
Per contrastare l’uso distorto delle società subholding (conduit) localizzate in Stati white list, con il Dl 223/2006 è stato ripristinato il termine “provenienti” (cfr circolare 28/2006); con la circolare 51/2010 è stato, altresì, chiarito che la modifica apportata dal citato decreto legge si è resa applicabile anche agli utili formati prima della sua entrata in vigore, purché distribuiti successivamente alla stessa.
 
Da ultimo, sulla disciplina dei dividendi e delle plusvalenze black list è intervenuto il Dlgs 147/2015.
Tale provvedimento normativo ha previsto che la tassazione integrale si applichi solo nei casi di partecipazioni diretta nelle società black list ovvero di partecipazione indiretta detenuta per il tramite di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, anche di fatto, in una o più società intermedie localizzate in Stati white list.
In pratica, a differenza di quanto sino ad allora avvenuto, il regime dei dividendi black list non è più risultato applicabile alle partecipazioni indirette detenute per il tramite di società white list non controllate.
 
Come si evince dalla relazione illustrativa all’articolo 3 del decreto internazionalizzazione, la modifica è stata giustificata in forza del grado di conoscibilità della provenienza degli utili da parte del socio residente in Italia: in presenza di un rapporto di controllo indiretto, infatti, al pari del caso di partecipazione diretta, il socio è artefice o almeno consapevole dell’investimento nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.
 
Ulteriore novità introdotta dal citato decreto consiste nell’attribuzione al soggetto controllante residente di un credito, ai sensi dell’articolo 165 del Tuir, per le imposte pagate all’estero dalle società black list partecipate.
Segnatamente, nel comma 4 dell’articolo 47 è stato aggiunto il seguente periodo “ove la dimostrazione (relativa alla non applicabilità della disciplina Cfc) operi in applicazione della lettera a) (esercizio di un’effettiva attività industriale commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello stato o territorio di insediamento) del medesimo comma 5 dell'articolo 167, per gli utili di cui ai periodi precedenti, è riconosciuto al soggetto controllante residente nel territorio dello Stato, ovvero alle sue controllate residenti percipienti gli utili, un credito d'imposta ai sensi dell'articolo 165 in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione degli utili conseguiti e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali utili. Ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, l'ammontare del credito d'imposta di cui al periodo precedente è computato in aumento del reddito complessivo. Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d'imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere di ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi”. 

La relazione illustrativa al decreto internazionalizzazione chiarisce che l’attribuzione al socio di controllo di un credito d’imposta indiretto, in presenza della prima circostanza esimente, ha la finalità di ovviare agli effetti distorsivi connessi alle differenze tra il trattamento fiscale degli utili provenienti da una Cfc i cui redditi, in virtù di una norma antielusiva, siano tassati per trasparenza in Italia e quello dei dividendi provenienti da una Cfc che, costituendo un’effettiva realtà imprenditoriale nel paese di insediamento, non imputa i propri redditi ai soci.
Nel primo caso, infatti, il contribuente residente ha diritto a detrarre le imposte pagate all’estero dalla società controllata dall’imposta italiana dovuta sui redditi imputati per trasparenza; inoltre, l’eventuale distribuzione degli utili della Cfc, ai sensi del comma 7 dell’articolo 167 del Tuir, è esclusa da tassazione fino a concorrenza dell’ammontare del reddito assoggettato a tassazione per trasparenza, anche negli esercizi precedenti.
Nel secondo caso, invece, fino alla modifica di cui sopra, il socio, pur avendo dimostrato che l’insediamento estero rappresenta una struttura economica operativa, subiva la tassazione integrale degli utili senza alcuna possibilità di scomputare le imposte pagate all’estero dalla società controllata, potendo, quindi, scontare una tassazione più onerosa di quella che avrebbe subito in caso di tassazione per trasparenza dei redditi della medesima società estera.
Per evitare manovre elusive, la sussistenza della prima esimente deve ricorrere sia nel periodo d’imposta in cui gli utili sono stati realizzati dalla società controllata estera sia nel periodo d’imposta, eventualmente successivo, in cui sono distribuiti e tassati in capo al socio (cfr circolare 35/2016).
 
Passando all’articolo 68, comma 4, la formulazione inaugurata dal Dlgs 344/2003 prevedeva la tassazione integrale delle plusvalenze “se relative a partecipazioni qualificate in società residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato”.
Pertanto, il regime di tassazione integrale non si rendeva applicabile alle partecipazioni black list di natura non qualificata.
In seguito, il Dlgs 247/2005 ha modificato il comma 4 al fine di includere anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate, strumenti finanziari assimilati qualificati o non qualificati, prevedendo, quindi, la tassazione integrale delle “plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1 dell'articolo 67 realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), e contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), emessi o stipulati da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato”.
La formulazione ora riportata è rimasta sostanzialmente immutata fino a oggi.
 
Il Dlgs 147/2015, infine, allineando il regime impositivo delle plusvalenze black list a quello dei dividendi black list, ha inserito, dopo il comma 4, il seguente comma 4-bis: “Per le plusvalenze realizzate su partecipazioni in imprese ed enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato inclusi nel decreto o nel provvedimento emanati ai sensi dell'articolo 167, comma 4, per i quali sussiste la condizione di cui al comma 5, lettera a), del medesimo articolo, al cedente controllante residente nel territorio dello Stato, ovvero alle cedenti residenti sue controllate, spetta un credito d'imposta ai sensi dell'articolo 165 in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione delle partecipazioni cedute e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali plusvalenze. La detrazione del credito d'imposta di cui al periodo precedente spetta per l'ammontare dello stesso non utilizzato dal cedente ai sensi dell'articolo 47, comma 4; tale ammontare, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, è computato in aumento del reddito complessivo. Se nella dichiarazione è stato omesso soltanto il computo del credito d'imposta in aumento del reddito complessivo, si può procedere di ufficio alla correzione anche in sede di liquidazione dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi”.
 
Per quanto riguarda la decorrenza delle nuove disposizioni in materia di credito di imposta su plusvalenze e dividendi e controllo indiretto, l’articolo 3, comma 4, del decreto 147/2015, stabilisce che le medesime si applicano agli utili distribuiti e alle plusvalenze realizzate a partire dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto medesimo (2015), mentre, ai soli fini del credito d’imposta, assumono rilevanza le imposte pagate dalla società controllata a partire dal quinto periodo d’imposta precedente a tale data (2010).
Pertanto, per gli utili percepiti e le plusvalenze realizzate sino al 31 dicembre 2014 si rendono applicabili le regole previgenti.
 
In materia di dividendi e plusvalenze black list, più complesso, grazie ai numerosi mutamenti legislativi, appare individuare, di anno in anno, quali siano i Paesi da considerare a regime fiscale privilegiato.
La questione è stata affrontata in modo approfondito dalla circolare 35/2016.
In particolare, il citato documento di prassi ha chiarito che:

  • dalla data di entrata in vigore della disciplina CFC e fino al 31 dicembre 2014, l’individuazione degli Stati e territori a regime fiscale privilegiato era contenuta nel d.m. 21 novembre 2001(c.d. black list). Il sistema è rimasto inalterato nonostante la legge di stabilità 2008 avesse abrogato il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, che richiamava espressamente la black list
  • in tale cornice normativa, si è inserito l’articolo 1, comma 680, della legge di stabilità 2015 che, nelle more del passaggio al sistema white list, ha modificato i criteri di determinazione dei regimi fiscali privilegiati, limitatamente all’esercizio 2015. In particolare, la legge di stabilità 2015 ha novellato il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR stabilendo che, ai fini dell’individuazione dei regimi fiscali privilegiati da inserire in decreti ministeriali, per “livello di tassazione sensibilmente inferiore” si intende un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia. La medesima disposizione precisa, inoltre, che si considerano, in ogni caso, privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia, indipendentemente dalla circostanza che tale regime sia previsto da un ordinamento estero che applica un regime generale di imposizione non inferiore al suddetto limite percentuale
  • la legge di stabilità 2016 ha modificato il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR, che, nella sua formulazione attuale, prevede che: “I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”.
    In sostanza, con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016, a partire dal 1° gennaio 2016 si considerano privilegiati:

    a) i regimi in cui “il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”;
    b) i regimi “speciali”.
    La nuova impostazione prescinde dall’esistenza di un adeguato scambio di informazioni tra l’Italia e il Paese di volta in volta interessato.
    La legge di stabilità 2016, intervenendo sull’articolo 167, comma 1, del TUIR ha escluso espressamente dalla nozione di “Stati o territori a regime fiscale privilegiato” gli Stati appartenenti all'Unione europea ovvero quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni
    ”. 

Il documento di prassi citato ha dettato, inoltre, importanti principi di diritto in merito al regime applicabile ai dividendi e alle plusvalenze connesse a Stati che, in alcuni anni, sono considerati privilegiati e, in altri, a fiscalità ordinaria.
Il regime impositivo di dividendi e plusvalenze si determina, normalmente, in base alle regole vigenti all’atto della percezione dei rispettivi proventi: il socio, al momento dell’incasso, deve verificare il regime privilegiato o meno vigente nello stato di residenza della controllata.
Se, però, i dividendi distribuiti si sono formati in più esercizi, in base a quanto chiarito dalla citata circolare, bisogna verificare il regime applicabile di anno in anno.
 
In particolare, le situazioni che si possono presentare sono le seguenti:

  1. utili pregressi distribuiti da partecipate che erano considerate localizzate in Stati o territori black list ma che, al momento della percezione, sono considerati a regime fiscale ordinario
  2. utili pregressi distribuiti da partecipate che non erano considerate localizzate in Stati o territori black list ma che, al momento della percezione, sono considerati a regime fiscale privilegiato. 

Nel primo caso:
a) per le plusvalenze rileva unicamente il regime vigente all’atto del loro realizzo
b) per i dividendi, invece, il contribuente può utilizzare il regime ordinario di imposizione solo se lo Stato di insediamento della partecipata può essere considerato, in base alle regole vigenti all’atto della percezione, a fiscalità ordinaria anche nei periodi di maturazione dell’utile.
 
Nel secondo caso, invece, sia gli utili sia le plusvalenze devono essere tassate secondo le regole dei proventi “paradisiaci”, a nulla rilevando il regime previgente.
 
 
5 – continua.
La prima puntata è stata pubblicata mercoledì 2 febbraio
La seconda puntata è stata pubblicata venerdì 3 febbraio
La terza puntata è stata pubblicata mercoledì 8 febbraio
La quarta puntata è stata pubblicata lunedì 13 febbraio

 

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