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Analisi e commenti

La chiusura delle liti pendenti

Aggiornamento delle disposizioni contenute nell'articolo 16 della Finanziaria alla luce delle interpretazioni dell'Agenzia e delle modifiche previste dall'emendamento

La legge n. 289 del 2002 precede la riforma del sistema tributario statale (della quale introduce il "primo modulo") con una generalizzata normativa di favore a fronte della contestazione (effettiva o possibile) di norme fiscali. In particolare, l'articolo 16 della Finanziaria consente la definizione agevolata - mediante un versamento forfetario o percentuale, commisurato al valore della lite - delle controversie tributarie già instaurate avanti organi giudiziali.

Successivamente all'entrata in vigore della legge, si sono succeduti due interventi interpretativi dell'Agenzia delle Entrate (circolari nn. 3/E e 7/E), mentre il decreto legge n. 282/2002, emendato in sede di discussione parlamentare per la conversione (la definitiva approvazione da parte del Senato è attesa entro il 22 febbraio), ha recato modificazioni all'intera disciplina dei condoni.

In considerazione delle molte e importanti innovazioni che le varie procedure "conciliative" hanno subito a opera del citato decreto legge n. 282, la Camera dei deputati ha approvato, il 6 febbraio, un ordine del giorno che impegna il governo a "predisporre tempestivamente, al fine di fugare le numerose incertezze in ordine all'applicazione della disciplina dei condoni tributari...un'unica circolare di carattere interpretativo...provvedendo alla contestuale revoca di circolari, comunicati ed ogni altro atto di istruzione ai contribuenti precedentemente predisposto, al fine di definire un quadro giuridico unitario e sistematico della disciplina dei condoni tributari...".

L'articolo 16 del disegno di legge finanziaria prevedeva la possibilità di chiudere le liti fiscali pendenti avanti le commissioni tributarie, sia in primo che in secondo grado.
La versione definitivamente approvata dalle Camere ha condotto:
- alla rimozione del limite quantitativo del valore lite (originariamente fissato a 20mila euro), a seguito della quale appare molto accresciuto l'appeal del dispositivo in commento
- alla sistemazione di incongruenze tecniche, derivanti dall'assimilazione tra liti vere e proprie (in sede giudiziale) e atti amministrativi, anche "endo-procedimentali" (come i verbali della Guardia di Finanza o degli uffici finanziari)
- all'estensione della procedura ai contenziosi tributari ancora pendenti avanti il giudice ordinario (tribunali e Corti d'appello).
Il decreto legge n. 282/2002, infine, ha modificato il primo comma dell'articolo 16 in commento, disponendo che possono essere definite tutte le liti pendenti "in ogni grado del giudizio", e quindi anche avanti la Suprema corte di cassazione.

La definizione è subordinata al versamento delle somme, fisse o percentuali, predeterminate in via legislativa, e cioè:
a) 150 euro, per liti di valore inferiore a 2mila euro
b) per le liti di valore superiore a 2mila euro:
- in caso di soccombenza dell'amministrazione, il 10 per cento del valore della lite
- in caso di soccombenza del contribuente, il 50 per cento del valore della lite
- se ancora non è intervenuta la sentenza, il 30 per cento del valore della lite.

Nell'originaria versione della procedura erano comunque dovute a titolo definitivo le somme il cui pagamento è dovuto per legge dopo la notifica dell'atto o in pendenza di giudizio (anche se non ancora iscritte a ruolo).
Non erano però dovute le sanzioni iscritte o iscrivibili provvisoriamente a ruolo.
Nella versione attuale e "revisionata", le somme eventualmente già versate dal contribuente sono scomputate dal totale dovuto.
Dal testo del decreto legge n. 282/2002 si evince, inoltre, che:
1. il contribuente che vince in giudizio:
- se ha già versato delle somme in pendenza di giudizio, può scomputare l'importo delle stesse dal totale dovuto per la chiusura della lite
- per l'eventuale eccedenza versata, conserva il diritto al rimborso di quanto versato
- se non ha versato nulla, ha diritto allo sgravio del ruolo;
2. il contribuente soccombente:
- se ha già versato delle somme in pendenza di giudizio, può scomputare l'importo delle stesse dal totale dovuto per la chiusura della lite
- non ha diritto al rimborso delle somme eventualmente già versate, eccedenti rispetto a quanto dovuto per la chiusura della lite
3. per il contribuente in attesa di sentenza, la regola è la stessa vista per i soccombenti, fatta salva la minore somma percentuale da corrispondere.

In presenza di obbligazioni solidali, la definizione della lite effettuata da parte di uno dei coobbligati esplica efficacia a favore degli altri, inclusi quelli per i quali la lite non sia più pendente, fatta salva la disposizione dell'ultimo periodo del comma 5 (la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate). La circolare n. 3/2003 ha fatto le seguenti precisazioni, in relazione a diverse fattispecie:

Pendenza di un'unica lite nella quale siano costituiti tutti gli interessati
La definizione da parte di uno degli interessati produce automaticamente l'effetto dell'estinzione della controversia anche nei confronti degli altri soggetti.

Pendenza di distinte liti aventi a oggetto lo stesso atto, in ciascuna delle quali siano costituiti tutti gli interessati
In tale evenienza, pur configurandosi più liti fiscali, la definizione da parte di uno degli interessati produce l'effetto dell'estinzione anche delle altre controversie. Ciò può accadere, ad esempio, in materia di imposta di registro, nell'ipotesi in cui l'avviso di rettifica avente a oggetto lo stesso contratto di cessione di azienda sia stato impugnato separatamente da acquirente e venditore, con l'instaurazione di separati giudizi pendenti.

Presentazione di ricorso solo da parte di alcuni degli interessati
Se il ricorso è presentato solo da alcuni degli interessati, la pretesa dell'amministrazione si è resa definitiva soltanto nei confronti di uno o più dei soggetti interessati dall'atto impugnato. In tal caso, l'effetto definitorio dell'iniziativa assunta dal ricorrente impedisce all'amministrazione di esercitare ulteriori azioni nei confronti degli altri soggetti interessati, fermo restando che non vi potrà comunque essere il rimborso di somme già versate.

Società di persone e soci
Le liti in materia di imposte sui redditi riguardanti le società di persone sono autonomamente definibili rispetto a quelle instaurate dai soci per l'Irpef dagli stessi dovuta.

Carattere opzionale della chiusura agevolata
Le liti fiscali, dice l'articolo 16, primo comma, "possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio".
La procedura è pertanto facoltativa, e sorge su impulso di parte, del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, cioè il ricorso.

L'articolo 16 della legge n. 289/2002 non prevede che la chiusura della lite costituisca causa di esclusione della punibilità ai fini penali.

Ai sensi dell'articolo 16, le liti fiscali:
- pendenti alla data del 1° gennaio 2003
- avanti le commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio
- nonché quelle già di competenza del giudice ordinario, ancora pendenti dinanzi al tribunale, alla Corte di appello o alla Suprema corte di cassazione
- nelle quali sono parte i competenti uffici dell'amministrazione finanziaria dello Stato,
possono essere definite a domanda del ricorrente, con il pagamento delle somme forfetarie (10 per cento, 30 per cento, 50 per cento).

Per "lite autonoma" si intende:
la contestazione relativa a ciascun atto di imposizione o di irrogazione di sanzioni considerando, comunque, lite fiscale autonoma quella relativa all'imposta sull'incremento di valore degli immobili.

Per "liti pendenti" si intendono quelle nelle quali è parte l'amministrazione finanziaria dello Stato:
- relative agli atti per i quali alla data del 1° gennaio 2003 è stato proposto l'atto introduttivo del giudizio
- per le quali l'atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato
- per le quali, comunque, alla data del 29 settembre 2002, non è intervenuta sentenza passata in giudicato
- per le quali, alla data del 1° gennaio 2003, vi sia pendenza a seguito di rinvio.

Le liti devono avere a oggetto:
- avvisi di accertamento
- atti di irrogazione di sanzioni
- altri atti di imposizione impugnabili (e impugnati avanti le commissioni o il giudice ordinario).

Ai fini della chiusura agevolata, è inteso quale "valore della lite" (articolo 16, comma 3, lettera c):
- l'importo dell'imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado e che risulta dall'atto impugnato, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento
- in caso di liti relative alla irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, il valore della lite è commisurato alle sanzioni.
Se la lite è pendente dopo che è intervenuta pronuncia giurisdizionale in qualsiasi grado di giudizio, l'importo da assumere a base del calcolo per la definizione è, comunque, il valore accertato nei limiti in cui è stato contestato con il ricorso.
In mancanza di avviso di accertamento e quando i processi verbali prevedono una sanzione da un minimo a un massimo, l'importo della sanzione necessario per il calcolo del valore della lite è il minimo previsto.
Il valore della lite è determinato con riferimento a ciascun atto introduttivo del giudizio, indipendentemente dal numero di soggetti interessati e dai tributi in esso indicati.

Perché la lite sia considerata pendente è sufficiente che sia stato proposto il ricorso o l'appello ai sensi, rispettivamente, degli articoli 20 e 53 del decreto legislativo n. 546 del 1992, anche se alla stessa data non è stato ancora effettuato il deposito presso la commissione tributaria adita.
La norma non prevede alcuna sospensione del termine entro il quale effettuare il deposito; il ricorrente non è perciò esonerato dal rispetto, a pena di inammissibilità, dei termini di cui all'articolo 22 dello stesso decreto legislativo n. 546.
La costituzione in giudizio del ricorrente è necessaria al fine di consentire l'eventuale prosecuzione del giudizio in caso di diniego della definizione.
Anche per la definizione delle liti pendenti dinanzi al giudice ordinario è sufficiente la notifica dell'atto di citazione o di appello.

Restano escluse dalla definizione ex articolo 16:
- le istanze di rimborso
- i dinieghi di agevolazioni
- le revoche di agevolazioni.
Relativamente alle agevolazioni, va però aggiunto che la lite è definibile se nello stesso provvedimento recante il diniego o la revoca sono quantificati anche il tributo o il maggiore tributo e/o le relative sanzioni conseguentemente dovuti.
Non sono definibili, di norma:
- l'avviso di liquidazione
- l'ingiunzione
- il ruolo,
in considerazione della natura di tali atti, finalizzati alla riscossione del tributo e degli accessori.
Si deroga a tale principio, qualora uno dei predetti atti assolve anche alla funzione di atto di accertamento, oltre che di riscossione.

La definizione può riguardare anche le controversie aventi a oggetto le cartelle di pagamento emesse a seguito di liquidazioni ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr n. 600 del 1973 e dell'articolo 54-bis del Dpr n. 633 del 1972.
In tali casi, la convenienza della definizione va valutata con particolare attenzione, tenuto presente che in pendenza di giudizio - salvo che sia già intervenuta una pronuncia favorevole al contribuente - sono comunque dovute per intero le imposte e i relativi interessi e sanzioni.
Solo queste ultime, in caso di chiusura della lite, non saranno più dovute.

Limitatamente alla competenza dell'Agenzia delle Entrate, le liti definibili e già pendenti avanti organi giudiziali ordinari (in relazione al contenzioso che dal 1° gennaio 2002, a seguito della modifica dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 546/1992, è transitato alle commissioni tributarie) sono quelle che riguardano le seguenti tipologie di imposte:
- imposta di bollo
- tasse sulle concessioni governative
- tasse sui contratti di borsa
- imposta sugli intrattenimenti e soppressa imposta sugli spettacoli e tributi connessi
- tasse automobilistiche.
Per le tasse automobilistiche, si fa riferimento ai soli casi nei quali la gestione del contenzioso è ancora attribuita agli uffici dell'Agenzia delle Entrate.
La definizione ex articolo 16 ha, infatti, per oggetto esclusivamente le controversie di competenza di uffici dell'amministrazione finanziaria, a prescindere dalla circostanza che la controversia riguardi tributi erariali o meno.

Sono liti definibili anche quelle pendenti dinanzi alle commissioni tributarie o agli organi di giurisdizione ordinaria concernenti sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari.
Si tratta di quelle sanzioni che, anche se non strettamente correlate alla violazione di norme tributarie, sono comunque connesse con violazioni di disposizioni riconducibili all'ordinamento giuridico - tributario e attinenti alla gestione dei tributi.

Le somme dovute devono essere versate entro il 16 aprile 2003 secondo le modalità previste per il versamento dei tributi cui la lite è riferita, esclusa la compensazione.
Tali somme possono essere versate anche ratealmente in un massimo di:
- sei rate trimestrali di pari importo, se esse non superano i 50mila euro
- dodici rate trimestrali, se superano i 50mila euro.
L'importo della prima rata è versato entro il 16 aprile 2003.
Sull'importo delle rate successive sono calcolati gli interessi legali dal 17 aprile 2003.
L'omesso versamento delle rate successive alla prima entro le date indicate non determina l'inefficacia della definizione.
Per il recupero delle somme non corrisposte a tali scadenze, l'iscrizione a ruolo è effettuata a titolo definitivo (articolo 14 del Dpr n. 602 del 1973).
Sono altresì dovuti:
- una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima
- gli interessi legali (attualmente fissati al 3 per cento).

Per ciascuna lite pendente deve essere effettuato un separato versamento ed è presentata, entro il 21 aprile 2003, una distinta domanda di definizione in carta libera, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia fiscale.

Una delle più rilevanti modificazioni subita dall'articolo 16 a opera del decreto legge n. 282/2002 è costituita dalla previsione dello "scomputo" dal totale dovuto delle somme eventualmente già versate prima della presentazione della domanda di definizione per effetto delle disposizioni in materia di riscossione provvisoria in pendenza di giudizio.

Restano comunque dovute per intero le somme relative ai dazi costituenti risorse proprie dell'Ue.

Nella circolare n. 3/2003 era precisato che poiché la definizione delle liti fiscali non dà comunque luogo alla restituzione delle somme eventualmente già versate dal ricorrente, la sentenza a lui favorevole, in deroga a quanto disposto dall'articolo 68, secondo comma, del decreto legislativo n. 546/1992, a seguito della chiusura della lite cessava di costituire titolo per il rimborso delle somme dallo stesso versate e poteva valere solo per ottenere lo sgravio dei ruoli non pagati alla data del 1° gennaio 2003.
Tale previsione va aggiornata con le modifiche introdotte attraverso il decreto legge n. 282 (nuovo quinto comma dell'articolo 16) "fuori dai casi di soccombenza dell'amministrazione finanziaria dello stato previsti al comma 1, lett. b), la definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per il perfezionamento della definizione stessa".
Il diritto al rimborso permane, dunque, relativamente alle sole liti nelle quali il contribuente sia risultato vincitore, il cui valore sia superiore a 2mila euro.

In caso di pagamento in misura inferiore a quella dovuta, qualora sia riconosciuta la scusabilità dell'errore, è consentita la regolarizzazione del pagamento medesimo entro trenta giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione dell'ufficio.
L'errore del contribuente potrà ritenersi scusabile nelle ipotesi in cui il soggetto abbia osservato una normale diligenza nella determinazione del valore della lite e nel calcolo degli importi dovuti.
Non potrà, invece, ritenersi scusabile, ad esempio, l'errore consistente nel versamento inferiore a 150 euro, in quanto, trattandosi dell'importo minimo determinato dalla norma, appare come errore dovuto a negligenza inescusabile.
La scusabilità dell'errore va dunque riferita:
- alla mancanza di negligenza nella individuazione della somma dovuta
- (ovvero) alla sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza o di particolare complessità del calcolo.

Le liti pendenti sono sospese fino al 30 giugno 2003.
Se è già stata fissata la trattazione della controversia, i giudizi sono sospesi a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere della "chiusura agevolata".
Rimangono sospesi fino al 30 giugno 2003 anche i termini per la proposizione di:
- ricorsi
- appelli
- controdeduzioni
- ricorsi per cassazione
- controricorsi
- ricorsi in riassunzione,
compresi i termini per la costituzione in giudizio.

L'ufficio finanziario trasmette alle commissioni tributarie, ai tribunali, alle Corti d'appello e alla Corte di cassazione, entro il 31 ottobre 2003, un elenco delle liti per le quali è stata presentata istanza di definizione. Tali giudizi sono sospesi fino al 31 luglio 2004.

L'estinzione del giudizio viene dichiarata a seguito di comunicazione dell'ufficio attestante la regolarità della domanda di definizione e il pagamento integrale di quanto dovuto.
La comunicazione dev'essere depositata nella segreteria della commissione, o alla cancelleria del tribunale o della Corte d'appello, entro il 31 luglio 2004.
Per l'estinzione dei giudizi pendenti innanzi alla commissione tributaria centrale, all'esito della definizione della lite è applicato l'articolo 27, primo comma, secondo e terzo periodo, del Dpr n. 636 del 1972. Il presidente della commissione o il presidente della sezione, alla quale è stato assegnato il ricorso, può delegare un membro della commissione a dichiarare cessata la materia del contendere, mediante emissione di ordinanze di estinzione. Il termine per comunicare la data dell'udienza alle parti e per il reclamo avverso tali ordinanze è di trenta giorni.

Entro il 31 luglio 2004, l'eventuale diniego della definizione, oltre a essere comunicato alla segreteria della commissione o alla cancelleria degli uffici giudiziari, viene notificato, con le modalità previste per gli avvisi di accertamento (articolo 60 del DPR n. 600/1973), all'interessato.
Quest'ultimo può impugnare il diniego entro sessanta giorni avanti l'organo giudiziale presso il quale la lite è pendente.
Se la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare (successivamente al giudizio di primo grado), la sentenza può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla sua notifica.
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