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Analisi e commenti

Deducibilità dei costi black list: aspetti sostanziali e processuali (2)

Eventuali riflessi della modifica legislativa sui procedimenti pendenti

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L’intervento del legislatore tributario del 2007
Com’è noto, la questione dei costi da black list è stata oggetto, di recente, di una modifica legislativa, formulata anche al fine di eliminare le rilevanti conseguenze che erano derivate dagli accertamenti, emessi dagli uffici sulla base della semplice carenza dell’annotazione separata. La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria per l’anno 2007), ha infatti modificato radicalmente la disciplina in esame.
Con l’articolo 1, comma 301, è stato inserito, dopo il primo periodo dell’articolo 110, comma 11, del Tuir, il seguente: Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.
E’ stato, nel contempo, soppresso l’ultimo periodo della predetta disposizione (la deduzione è comunque subordinata alla separata indicazione…).
Il successivo comma 302 ha invece aggiunto all’articolo 8 del Dlgs n. 471/97 il seguente periodo: 3 bis. Quando l’omissione o incompletezza riguarda l’indicazione delle spese e degli altri componenti negativi di cui all’art. 110, si applica una sanzione amministrativa pari al 10 per cento dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro 500 ed un massimo di euro 50.000.
Da ultimo, con il comma 303, è stata introdotta una disposizione di carattere transitorio, che sancisce l’applicabilità delle modifiche di cui al comma 302 anche alle violazioni commesse prima della data di entrata in vigore della presenta legge, sempre che il contribuente fornisca la prova di cui all’articolo 110, co. 11, primo periodo (il soggetto nazionale ha l’onere di provare che le imprese fornitrici estere svolgano prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondano a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione).

L’intervenuta modifica della norma ha comportato, per l’interprete, alcune difficoltà operative, con particolare riferimento alle violazioni commesse in epoca precedente all’entrata in vigore della legge finanziaria.
Sul punto, è intervenuta la circolare n. 11/E/07, elaborata a seguito degli incontri con la stampa specializzata.
Con specifico riferimento alla questione in esame, l’Agenzia delle entrate, oltre a precisare che, a seguito della novella legislativa, la deducibilità delle spese non è più subordinata alla separata indicazione in dichiarazione, bensì soltanto al rispetto delle condizioni richieste dal primo periodo dell’articolo 110, comma 11, Tuir, ribadisce, quale unica conseguenza scaturente dall’inosservanza dell’adempimento, l’applicabilità delle sanzioni previste dal nuovo comma 3-bis dell’articolo 8 del Dlgs n. 471/97, introdotto dall’articolo 1, comma 302, della legge finanziaria 2007.

Limitatamente all’aspetto temporale e, quindi, per le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore della modifica (1° gennaio 2007), il citato documento di prassi riconosce la possibilità di ottenere la deducibilità del costo a condizione che il contribuente fornisca la prova di cui all’articolo 110, comma 11, primo periodo, Tuir.
Quanto all’efficacia di una eventuale dichiarazione integrativa, l’Agenzia evidenzia la necessità di distinguere il momento temporale in cui essa è presentata, potendosi considerare validamente efficace nella sola ipotesi in cui il contribuente non abbia subito accessi, ispezioni o verifiche, egli potrà presentare dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 (sempre che ricorrano le condizioni previste dalla norma), come già chiarito nella risoluzione 17 gennaio 2006, n. 12/E.

A parere di chi scrive, l’articolo 1, comma 303, della legge finanziaria per il 2007, nell’introdurre una disposizione a carattere transitorio, ha fatto esclusivo riferimento alla disciplina sanzionatoria di cui al precedente comma 302 e non, anche, al comma 301, che ha abolito la condizione della separata annotazione del costo ai fini della sua deducibilità.
Di conseguenza, seguendo l’interpretazione letterale della norma, l’applicabilità della nuova disposizione alle violazioni commesse prima del gennaio 2007 dovrebbe limitarsi alla sola sanzione, introdotta dal comma 302, mentre, l’indeducibilità del costo dovrebbe colpire tutte le ipotesi, precedenti alla modifica legislativa, in cui il contribuente abbia omesso l’annotazione separata.
In tal senso si è pronunciata la Commissione tributaria provinciale di Bologna, la quale, in una delle prime decisioni sul punto (sentenza n. 32/12/06, depositata il 5 marzo 2007), ha attribuito valenza letterale alla disposizione transitoria (comma 303 citato), negando così ogni efficacia retroattiva della norma sotto il profilo della violazione dell’obbligo “sostanziale” (mancata annotazione in dichiarazione) e annullando, tuttavia, l’avviso di accertamento sottoposto alla sua cognizione sul presupposto della validità della dichiarazione integrativa, presentata, nelle more, dal ricorrente.

Nonostante l’applicazione retroattiva della novella legislativa sia stata formulata soltanto con riferimento al trattamento sanzionatorio, l’interpretazione offerta dall’Agenzia delle entrate (Fermo restando che per beneficiare della deducibilità dei costi non indicati separatamente in dichiarazione occorre fornire la prova di cui al citato art. 110, comma 11, primo periodo, del Tuir) appare più coerente sotto il profilo dell’interpretazione logico-sistematica della norma.
L’intervento del legislatore del 2007 è stato dettato, com’è noto, dall’esigenza di porre rimedio alle situazioni createsi sotto il regime della precedente disciplina nonché di contemperare il fine di salvaguardare l’effettività dei controlli fiscali, garantito dalla permanenza dell’obbligo di separata annotazione, con la possibilità, offerta ai soggetti d’imposta, di provare, in ogni caso, la rispondenza del costo ai requisiti normativi.

In altre parole, il divieto di retroattività della legge troverebbe un limite, nell’ipotesi in esame, nella necessità di evitare evidenti disparità di trattamento tra i contribuenti, alcuni dei quali pesantemente penalizzati dalla mancata applicazione della nuova disciplina.
Privilegiando, infatti, l’interpretazione letterale della norma, si dovrebbe giungere alla conclusione che, per le violazioni commesse ante 2007 e in assenza di una dichiarazione integrativa (almeno secondo la convinzione delle prime pronunce giurisprudenziali), il contribuente non potrebbe essere ammesso a provare l’effettività del costo, stante il carattere insormontabile del requisito della separata annotazione.
L’esito del contenzioso dovrebbe, quindi, ritenersi scontato: indeducibilità del costo e applicazione del nuovo trattamento sanzionatorio.

Eventuali riflessi della modifica legislativa sui rapporti processuali pendenti
L’applicazione della novella legislativa alle violazioni commesse prima della sua entrata in vigore impone, tuttavia, alcune precisazioni di carattere “metodologico”.
Gli avvisi in questione sono stati emessi, infatti, sulla base della semplice mancanza di annotazione separata dei costi, prescindendo da ogni indagine in merito all’effettività degli stessi.
L’applicazione delle modifiche legislative ai procedimenti in corso richiederebbe, di conseguenza, una sorta di “riscrittura” della motivazione degli avvisi, che tenga conto della documentazione probatoria offerta dalle parti private.

L’ingresso dei “nuovi” documenti nell’ambito dei procedimenti pendenti potrebbe avvenire secondo una duplice modalità: tramite la presentazione agli uffici di un’istanza di autotutela dell’atto, corroborata dalla documentazione idonea a superare la prova contraria di cui all’articolo 110, comma 11, Tuir, oppure mediante il ricorso alla procedura di cui all’articolo 24, comma 2, Dlgs n. 546/92.
Nel primo caso e nell’eventualità che l’ufficio impositore dovesse riconoscere l’idoneità della documentazione prodotta, la parte pubblica formalizzerà la richiesta di estinzione (parziale) del giudizio per cessazione della materia del contendere, affidando alla commissione la decisione relativa alla sanzione applicabile nel senso sopra indicato.
Nella seconda ipotesi, sarà compito del giudice pronunciarsi in merito (anche) all’idoneità probatoria dei documenti prodotti ai sensi dell’articolo 24, comma 2, citato, nonché riguardo alla sanzione eventualmente applicabile, ferma restando, in entrambi i casi, la possibilità, per la commissione, di rimodulare la pretesa in base alle giustificazioni offerte in corso di causa e alle argomentazioni dell’ente impositore, in ossequio al principio giurisprudenziale che riconosce al giudizio tributario la qualifica di impugnazione - merito.

Quanto alla efficacia estintiva delle dichiarazioni integrative, presentate successivamente alla contestazione delle riprese fiscali, la convinzione espressa dalle prime pronunce giurisprudenziali, nel senso della validità delle denunce, si ritiene non condivisibile alla luce del dettato legislativo vigente (articolo 13 del Dlgs n. 472/97).
Chiamata a pronunciarsi in merito alla conformità ai precetti costituzionali dell’articolo 9, ultimo comma, Dpr n. 600/73, nella parte in cui subordinava la possibilità di correggere la dichiarazione fiscale all’assenza di accessi, ispezioni o verifiche, la Corte costituzionale (ordinanza 23/07/2002, n. 392) ha testualmente evidenziato come, in assenza di quei presupposti, la correzione cesserebbe di essere un rimedio accordato dal legislatore per ovviare ad un errore del contribuente, per trasformarsi in un mezzo elusivo delle sanzioni predisposte dal legislatore per l’inosservanza delle disposizioni relative alla compilazione della dichiarazione de redditi.

L’insegnamento del Giudice delle leggi rimane tutt’ora valido nonostante l’attuale formulazione della norma (articolo 2, comma 8, Dpr n. 322/98), che ha soppresso ogni richiamo alle attività di accesso, ispezione e/o verifica, contenuta nell’omologa disposizione del Dpr 600/73.
Nella disciplina generale delle sanzioni tributarie esiste, infatti, una disposizione normativa, l’articolo 13, primo comma, da cui poter evincere il principio, applicabile anche nel caso che ci occupa, secondo cui la modificabilità della dichiarazione è ammessa soltanto nell’ipotesi in cui non siano iniziati ispezioni, accessi o verifiche.
Aderire alla tesi fatta propria dalle prime pronunce giurisprudenziali significherebbe, oltre che vanificare sistematicamente ogni attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria, ammettere implicitamente l’esistenza di un vuoto normativo.

2 – fine. La prima puntata è stata pubblicata giovedì 19


 
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