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Analisi e commenti

Definizione degli omessi versamenti, le posizioni in campo

Ancora aperta la questione sul perfezionamento della sanatoria in caso di pagamento rateale

Mani che maneggiano banconote
Un aspetto tuttora controverso, nell'ambito delle diverse forme di definizione agevolata dei rapporti tributari contenute nella legge 289/2002, riguarda le conseguenze derivanti dalla particolare forma di sanatoria prevista dall'articolo 9-bis. L'articolo sulle sanzioni per omessi o tardivi versamenti relativi a imposte o ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate entro il 31 ottobre 2002, per le quali il termine di versamento era scaduto prima di tale data: al contribuente e al sostituto di imposta che provvedevano ai pagamenti delle imposte e ritenute omesse nei termini previsti dalla norma, non si applicava la sanzione pari al 30% di ogni importo non versato o pagato in ritardo prevista dal Dlgs 471/1997.
Laddove gli importi da versare in relazione a ciascun periodo di imposta superavano determinati ammontari (per le persone fisiche, la somma di tremila e, per gli altri soggetti giuridici, la somma di seimila euro), veniva concessa la possibilità di versare gli importi eccedenti, maggiorati degli interessi legali, in tre rate di pari importo, entro determinate date prefissate (la legge finanziaria 2004 ha esteso la definizione delle imposte e delle ritenute i cui termini di versamento sono scaduti alla data di entrata in vigore delle legge medesima, cioè al primo gennaio 2004.

Il problema che si è posto per questo tipo di definizione è il seguente: ove il contribuente opti per il pagamento rateale, versi la prima o alcune delle rate previste per la definizione, ma ometta di versare le rate residue, la definizione può considerarsi validamente perfezionata e quindi produrre gli effetti previsti dalla norma (disapplicazione delle sanzioni)?
La risposta che si fornisce al suddetto quesito ha rilevanti effetti pratici.

Se si ritiene che la definizione si perfezioni solo con il pagamento integrale delle imposte (o ritenute) dovute (e quindi - nell'ipotesi di pagamento rateale - con il versamento dell'ultima delle rate previste), allora il contribuente che - versata una o più rate - abbia omesso di versare le rate residue, non potrà godere del beneficio previsto dalla norma (disapplicazione delle sanzioni). La conseguenza è che vi sarà un ritorno alla situazione precedente alla definizione: la sanzione amministrativa del 30% resta commisurata alle imposte non versate o versate in ritardo come risultanti dal controllo delle dichiarazioni originariamente presentate (secondo le indicazioni fornite dall'agenzia delle Entrate, dall'imposta e dagli interessi si scomputano i relativi versamenti comunque effettuati ai sensi dell'articolo 9-bis, comma 1).

Se, invece, si ritiene che la definizione si perfezioni anche qualora il contribuente abbia effettuato un versamento carente (abbia versato una o più rate ma abbia omesso di versare le rimanenti), allora il contribuente stesso potrà godere del beneficio della disapplicazione delle sanzioni limitatamente all'ammontare delle imposte già versate. Le imposte e ritenute ancora da versare saranno iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 14 del Dpr 602/1973 e saranno gravate delle sanzioni per l'ulteriore ritardo.

A titolo di esempio, si pensi al seguente caso:
Totale imposte da versare per la definizione: 1.000 euro
Rate versate: 200 euro
Rate non versate: 800 euro

I. Prima ipotesi (definizione non perfezionata)
Rimangono dovute le imposte risultanti dalle dichiarazioni (1.000 euro) e le sanzioni a esse correlate (30% di 1.000 = 300 euro). Dal totale sarà scomputato quanto già versato dal contribuente come rata per la mancata definizione (200 euro).

II. Seconda ipotesi (definizione perfezionata)
Per effetto del perfezionamento della definizione, non vengono applicate sanzioni sulla prima rata versata a titolo di definizione (pari a 200 euro).
Gli importi di rate ancora da versare (800 euro) sono iscritti a ruolo con le sanzioni per l'ulteriore ritardo.

La posizione dell'agenzia delle Entrate
In merito al perfezionamento della definizione, l'agenzia delle Entrate ha affermato (circolare 22/2003) che, in considerazione della peculiarità della definizione prevista dall'articolo 9-bis, il beneficio della disapplicazione delle sanzioni compete solo per effetto dell'integrale pagamento degli importi dovuti. In caso di rateazione, pertanto, il beneficio spetta solo dopo che si è provveduto al versamento di tutte le rate.
Questa posizione viene giustificata in base al tenore letterale della norma: in particolare, nell'articolo 9-bis non è presente la disposizione espressamente prevista per altri tipi di definizione della legge 289/2002 (articoli 7, 8, 9, 15 e 16) in virtù della quale il versamento nei termini delle somme da corrispondere entro la prima scadenza (cioè l'intero importo dovuto per la definizione ovvero i "minimi" di tremila e seimila euro) rende efficace l'intera definizione con la conseguenza che il mancato pagamento alle scadenze prescritte delle rate successive alla prima non ne determina l'inefficacia, ma comporta l'iscrizione a titolo definitivo (articolo 14 del Dpr 602/1973) delle somme non pagate, unitamente agli interessi legali e a una specifica sanzione amministrativa pari al 30% delle somme non versate.

Pertanto, secondo le indicazioni dell'Agenzia, in tutte le ipotesi di versamento carente, la definizione di cui all'articolo 9-bis non si perfeziona e la sanzione resta commisurata alle imposte non versate o versate in ritardo come risultanti dal controllo delle dichiarazioni originariamente presentate. Dall'imposta e dagli interessi si scomputano i versamenti comunque effettuati dal contribuente.
Dal punto di vista operativo, nell'ipotesi in cui l'istanza di definizione non risulti perfezionata nei termini sopra descritti, gli uffici delle Entrate competenti provvedono a notificare al contribuente un provvedimento motivato di diniego della definizione, che è atto autonomamente impugnabile davanti alla Commissione tributaria provinciale ai sensi dell'articolo 19, lettera h), del Dlgs 546/1992 (per queste indicazioni si veda, da ultimo, la circolare 36/2005).

Gli orientamenti della giurisprudenza
Nella giurisprudenza di merito si sono registrati due opposti orientamenti sull'interpretazione dell'articolo 9-bis in caso di versamento carente delle rate previste per la definizione.
Il primo di questi è propenso a ritenere che quando il contribuente, versata una o più delle rate previste per la definizione, ometta di versare le rimanenti rate, la definizione si considera comunque perfezionata. In sostanza, non si ritiene che ai fini del perfezionamento sia necessario il versamento integrale del dovuto.
Questo indirizzo si fonda essenzialmente sull'applicazione analogica all'articolo 9-bis della citata disposizione contenuta in altri tipi di definizione previsti dalla legge 289/2002 (articoli 7, 8, 9, 15 e 16).
In particolare, vengono utilizzati i seguenti argomenti:

 

  • il sistema dei benefici previsto dalla legge 289/2002 è improntato al principio della conservazione degli atti e degli effetti, in base al quale è più corretta una lettura della normativa che, partendo dall'espressa previsione di "regolarizzazione" per la definizione delle liti pendenti (articolo 16 della legge 289/2002) e per altre ipotesi sanabili, consenta la stessa possibilità anche per quelle ipotesi di definizione (come l'articolo 9-bis) per le quali - pur essendo codificato un analogo meccanismo di rateizzazione dei pagamenti - la norma non preveda espressamente la possibilità di considerare valido il condono, anche nel caso in cui qualche rata sia stata versata in misura non corretta o in ritardo
  • la tesi sostenuta dall'Amministrazione finanziaria, fondata sulla mancanza nell'articolo 9-bis di una previsione analoga a quella contenuta nelle norme appena citate (per le quali la definizione si perfeziona con il versamento della prima rata), non considera che tale norma introduce un ampliamento delle originarie ipotesi di definizione di cui alla legge 289/2002 e che, di conseguenza, va a inserirsi in un contesto normativo che, in linea di massima, ha già stabilito che, laddove è puntualmente disciplinato un meccanismo di pagamento rateale, la definizione viene perfezionata con l'effettuazione degli adempimenti essenziali e il pagamento della prima rata, e che l'omesso o il ritardato versamento delle rate successive non comportano decadenza del beneficio
  • che, quindi, l'omessa riproposizione nell'articolo 9-bis della predetta regola non deriva da una diversa valutazione effettuata dal legislatore in merito alle irregolarità sanate, ma risponde solo a un criterio di economia legislativa per cui non si reputa necessario ripetere pedissequamente in una disposizione aggiuntiva, una indicazione già espressamente regolata dalla legge 289/2002 per le altre tipologie di definizione
  • che, inoltre, una interpretazione restrittiva sarebbe in contrasto anche con le formalità proprie dei condoni, che mirano in genere a regolarizzare il maggior numero di situazioni possibili (queste considerazioni emergono nelle sentenza della Ctp Salerno del 26 febbraio 2007; a favore di questo orientamento, seppur con motivazioni diverse, si sono espresse anche Ctp Pavia, sentenza n. 222/2006 e Ctp Vicenza, sentenza n. 82/2006).

Seguendo questa linea di pensiero, in dottrina si è osservato che la lacuna normativa attinente alle conseguenze del ritardato od omesso versamento delle rate successive alla prima non importa affatto l'inefficacia della definizione, ben potendo la lacuna essere colmata attraverso l'estensione analogica del regime proprio di tutti i condoni previsti dalla legge 289/2002, cioè l'iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex articolo 14 del Dpr 602/1973 e l'irrogazione della sanzione ai sensi dell'articolo 13 del Dlgs 471/1997, pari al 30% delle sole somme non versate o versate in ritardo. Secondo questa impostazione, il ricorso all'analogia - quale metodo per completare la fattispecie non regolata - appare l'unica scelta sostanzialmente conforme alla volontà legislativa sottostante tutti i condoni di cui alla legge 289/2002, ossia di facilitare il soggetto che ha aderito alla definizione in modo da escludere la vanificazione della definizione stessa per il solo fatto del mancato versamento di una o più rate successive alla prima.

Un secondo orientamento emerso nella giurisprudenza di merito accoglie invece la soluzione prospettata dall'agenzia delle Entrate, secondo cui la definizione si perfeziona solo con il pagamento integrale dell'importo dovuto. Il versamento di una o più delle rate previste non è pertanto sufficiente a rendere efficace l'adesione con la conseguenza che non si produrranno le conseguenze previste dalla legge (disapplicazione delle sanzioni sulle imposte o ritenute non versate così come risultanti dalle dichiarazioni originariamente presentate).
Questa posizione è stata recentemente affermata nella sentenza n. 76/2007 della Ctr del Lazio (nella sentenza, che ha accolto l'appello presentato dall'ufficio, la società appellata è stata condannata al pagamento delle spese di giudizio. In linea all'orientamento espresso in questa sentenza sono anche: Ctp Lazio n. 76/2007; Ctp Como, sentenze n. 135/2006 e n. 121/2007; Ctp Cagliari, sentenza n. 130/2007).
Nella controversia decisa dalla Commissione regionale, il contribuente aveva presentato istanza di definizione ex articolo 9-bis, ma aveva versato rate solo per una parte del dovuto, omettendo di versare le residue somme dovute in base alla dichiarazione. Il giudice di secondo grado ha dapprima ricostruito con lucidità il quadro normativo, sottolineando che la definizione dei ritardati od omessi versamenti di cui all'articolo 9-bis della legge 289/2002 prevede la non irrogazione delle sanzioni previste dall'articolo 13 del Dlgs 471/1997 nel caso di versamenti tardivi od omessi purché l'interessato provveda all'integrale pagamento delle imposte e delle ritenute originariamente omesse nelle forme e con le modalità previste dalla norma. Facendo leva sul dato normativo, i giudici hanno quindi riformato la sentenza della Commissione provinciale che aveva accolto il ricorso del contribuente in base alla semplice presa d'atto della presentazione delle domanda di definizione e del versamento di una delle rate previste. Secondo la Commissione regionale infatti, essendo trascorsi i termini per effettuare i versamenti delle ulteriori rate, i primi giudici avrebbero dovuto accertare che anche la parte residua della imposte fosse stata versata.
Ha concluso la Commissione che, dal momento che il contribuente non aveva provveduto a versare le rate residue dovute in base alla definizione, gli effetti previsti dalla definizione stessa (vale a dire la disapplicazione delle sanzioni) non potessero trovare applicazione.

Osservazioni conclusive
La decisione della Ctr Lazio sopra citata sembra affermare un principio di corretta interpretazione dell'articolo 9-bis della legge 289/2002.
Le norme, anche quelle tributarie, devono essere interpretate secondo i canoni previsti dall'articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (cosiddette preleggi, approvate preliminarmente al Codice civile, con regio decreto 262/1942), secondo cui "nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore".
Ebbene, in base a un'interpretazione letterale dell'articolo 9-bis ("le sanzioni previste dall'art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 non si applicano ai contribuenti e ai sostituti di imposta che alla data del 16 aprile 2003 provvedono ai pagamenti delle imposte.... risultanti dalle dichiarazioni annuali"), risulta che il beneficio previsto dalla norma (costituito dalla non applicazione delle sanzioni previste per un omesso/tardivo versamento di imposte) è collegato ad un comportamento ben determinato: il pagamento integrale delle imposte entro una certa data. La stessa disposizione prevede poi la facoltà per il contribuente che decida di avvalersi di questo tipo di definizione, di rateizzare le somme dovute in tre rate da versare entro scadenze predeterminate. Questa facoltà di rateizzazione, tuttavia, non sembra smentire il principio secondo cui il beneficio è comunque legato al pagamento integrale della somma dovuta, con la conseguenza che la definizione si perfeziona solo quando il contribuente avrà completato il pagamento rateale, versando l'ultima delle rate previste.

Anche in base a un'interpretazione sistematica della norma, che tenga conto della intenzione del legislatore, occorre osservare che il tipo di definizione prevista dall'articolo 9-bis è del tutto peculiare rispetto alle altre ipotesi di adesione previste dalla legge 289/2002. Infatti, con questa disposizione, il Fisco mira a sanare quelle situazioni in cui il contribuente ha prodotto dichiarazione dei redditi ma non ha versato le imposte dovute: in queste situazioni, in cui le imposte vengono iscritte a ruolo con sanzioni e interessi mediante la procedura automatizzata ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972, il legislatore dei condoni consente al contribuente di versare le imposte (in ritardo), "scontandogli" le sanzioni che sarebbero dovute per il versamento tardivo. Dunque, a fronte di un debito tributario pressoché certo nell'ammontare (in quanto risultante dalla dichiarazione presentata dallo stesso contribuente), e a fronte del pagamento delle sole imposte dichiarate, il contribuente ha il considerevole vantaggio di non vedersi applicate le sanzioni (pari al 30% dell'importo non versato o versato in ritardo).

Diverse sono le situazioni prospettate dalle altre forme di definizione previste dalla legge 289/2002, dove vi è una espressa disposizione che prevede che, nell'ipotesi di pagamento rateale dell'importo dovuto per la definizione, questa si perfezioni con il tempestivo versamento della prima delle rate previste e che l'omesso versamento delle altre rate non comporta l'inefficacia della definizione.
Queste norme regolano fattispecie di definizione caratterizzate da una ratio diversa rispetto all'articolo 9-bis.
In merito alle modalità per accedere alla definizione, le norme citate prevedono infatti un meccanismo di incremento delle imposte dovute in determinati periodi di imposta.
L'articolo 9-bis, invece, ha a oggetto versamenti in precedenza omessi, per i quali viene prevista sostanzialmente una riapertura dei termini.

In secondo luogo, in questi tipi di definizione viene data la possibilità al contribuente di definire in via anticipata situazioni tributarie per le quali non è stato ancora emanato un atto impositivo da parte dell'ufficio; oppure situazioni nelle quali è stato emesso un atto di contestazione, un atto di irrogazione sanzioni o un processo verbale al fine di evitare che l'amministrazione persegua la sua pretesa tributaria; oppure situazioni nelle quali è pendente un giudizio presso la Commissione tributaria con lo scopo di non sottostare all'incertezza sull'esito finale della controversia. Queste situazioni sembrano quindi accomunate dal fatto che sia per il Fisco che per il contribuente vi è una incertezza sull'esito della pretesa tributaria. Nella fattispecie dell'articolo 9-bis, invece, vi è un debito tributario pressoché certo, in quanto "cristallizzato" nella dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente.

In questo senso, l'articolo 9-bis può essere accostato (più che agli articoli 7, 8, 9, 15, 16) all'articolo 12 della stessa legge 289/2002, che prevede la definizione dei carichi pregressi (vale a dire di debiti tributari già iscritti a ruolo e notificati dal Concessionario per la riscossione). Anche in questo caso, vi è un debito tributario oramai consolidato, per il quale si è in una fase di mera riscossione. Anche in questo caso, coerentemente, il legislatore condiziona l'estinzione del debito al pagamento di importi determinati (25% degli importi iscritti a ruolo oltre alle spese di notifica sostenute dal Concessionario) e prevede la possibilità di versarli in due soluzioni e a cadenze prestabilite. Anche in questa norma, come nell'articolo 9-bis, non vi è una disposizione espressa che preveda che il perfezionamento della definizione (estinzione del debito) consegua alla sola presentazione dell'istanza e al pagamento parziale (in questo caso della prima rata) del dovuto.
Infatti, sia per la definizione contemplata dall'articolo 9-bis che per quella prevista nell'articolo 12 della legge 289/2002, poiché la definizione ha a oggetto un debito tributario già consolidato, non vi sarebbe ragione per considerare perfezionata l'adesione con un pagamento parziale dell'importo dovuto.

Vi è inoltre da considerare che nelle forme di definizione previste dagli articoli 7, 8, 9, 15 e 16 è previsto che la definizione stessa produca specifiche conseguenze (preclusione degli accertamenti tributari, estinzione delle sanzioni, preclusioni per la perseguibilità di determinati reati penali) non contemplate dall'articolo 9-bis. Sembra logico ritenere che il legislatore abbia voluto legare il prodursi di questi rilevanti effetti a un momento certo, senza condizionarne l'efficacia al completamento di un pagamento dilazionato nel tempo (come la rateizzazione): ciò spiega perché in questi casi esiste una espressa disposizione che prevede che l'istanza di adesione si perfezioni con il pagamento della sola prima rata.

In conclusione, la mancanza di una espressa previsione sul perfezionamento del condono di cui all'articolo 9-bis non può essere considerata una mera dimenticanza del legislatore, ma sembra piuttosto una scelta fondata sulla diversa ratio dell'articolo 9-bis rispetto ad altre forme di sanatoria della legge n. 289/2002.
Per quanto sopra, non sembra possibile applicare anche alla forma di definizione prevista dall'articolo 9-bis, in mancanza di una disposizione espressa, la regola prevista in altre forme di condono, secondo cui la definizione si perfeziona con il pagamento della prima delle rate previste. Si tratterebbe infatti di una applicazione analogica, per la quale non sembrano ricorrere i presupposti: in questo caso, infatti, non vi è un vuoto normativo da colmare, in quanto l'articolo 9-bis di per sé fornisce una regola esaustiva, prevedendo che le definizione si perfezioni con il pagamento integrale delle imposte dovute. E' pertanto vietato il ricorso all'analogia che, in base all'articolo 12 delle preleggi, può essere utilizzata solo quando una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione.

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