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Analisi e commenti

Disciplina del Terzo settore:
analisi del nuovo Codice_3

Il Dlgs 117/2017 riconosce esplicitamente il valore e la funzione sociale degli enti non profit, chiamati a perseguire finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale

Descritti i principi e i criteri direttivi sulla base dei quali è stato elaborato il Dlgs 117/2017 e delineatone sinteticamente il contenuto, è ora possibile iniziare la disamina dei profili più rilevanti della nuova disciplina, partendo dalle disposizioni di ordine generale che interessano tutti gli enti del Terzo settore, “volte (…) a disegnare la loro identità giuridica di fondo”.
Si tratta di un’analisi che si ritiene necessaria per fornire l’esatto inquadramento sistematico della materia e, quindi, propedeutica all’esame delle questioni di natura tributaria.
 
Principi generali
Gli enti del Terzo settore sono espressione dell’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione (articolo 1).
Il Codice, quindi, riconosce il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo. Coerentemente, la nuova disciplina è volta alla promozione e allo sviluppo di tali enti per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale (finalità costituzionalmente rilevanti), anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali (articolo 2).
 
Norme applicabili
Le fonti di disciplina degli enti del Terzo settore, nonché i rapporti tra le stesse, sono individuate dall’articolo 3, il cui primo comma prevede che le disposizioni del Codice si applicano anche agli enti destinatari di una disciplina particolare (ad esempio, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale) “a condizione che esse non siano derogate dalle norme particolari relative alla specifica figura organizzativa (…) e siano con queste ultime compatibili”.
Come precisato dalla relazione illustrativa, “potenzialmente, il primo comma dell’articolo 3 si applica non solo agli enti del Terzo settore che sono destinatari di una disciplina particolare all’interno del Codice del Terzo settore, ma anche a quelli che eventualmente lo siano all’esterno del Codice (nell’ambito, cioè, di una legge speciale rispetto a quest'ultimo). In tal modo, il Codice assurge al rango di fonte principale del diritto degli enti del Terzo settore globalmente considerato”.
Il secondo comma prevede che, “per quanto non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione” (il rinvio deve intendersi riferito alla norme che disciplinano i vari tipi organizzativi).
Infine, il terzo comma, in coerenza con quanto stabilito dalla legge delega, prescrive che le disposizioni del Codice non si applicano alle fondazioni di origine bancaria, a eccezione di quelle relative ai centri di servizio per il volontariato (contenute nel Capo II del Titolo VIII).
 
Perimetro del Terzo settore
L’articolo 4 del Codice stabilisce che sono enti del Terzo settore:

  • le organizzazioni di volontariato
  • le associazioni di promozione sociale
  • gli enti filantropici
  • le imprese sociali (incluse le cooperative sociali)
  • le reti associative
  • le società di mutuo soccorso
  • le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato, diversi dalle società, costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, e iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Sul punto, la relazione illustrativa sottolinea che, alla luce di tale elencazione, “oltre a enti del Terzo settore tipici e nominati (specificamente disciplinati dalle legge, come le organizzazioni di volontariato o le imprese sociali), il Codice ammette enti del Terzo settore atipici in forma di associazione o di fondazione”.
Dal perimetro del Terzo settore sono espressamente escluse le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, a esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della disposizione in parola i corpi volontari dei vigili del fuoco delle province autonome di Trento e di Bolzano e della Valle d’Aosta.
 
Infine, viene dettata una disciplina differenziata per gli enti religiosi civilmente riconosciuti a cui le norme del Codice si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di interesse generale (articolo 5), a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto e, in ogni caso, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Per lo svolgimento di tali attività, inoltre, deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili.
 
Attività di interesse generale
L’articolo 5 elenca le attività di interesse generale “che devono costituire l’oggetto sociale esclusivo o principale di un ente del Terzo settore” e che devono essere svolte per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
L’elenco non si applica alle imprese sociali (incluse le cooperative sociali), in ragione della normativa speciale prevista per tali enti (cfr Dlgs 112/2017 – vedi “Disciplina dell’impresa sociale: analisi delle nuove disposizioni”).
Le attività devono essere svolte nel rispetto della “eventuale” normativa specifica loro applicabile. Sul punto, la relazione illustrativa precisa che “se, dunque, una normativa settoriale pone una riserva o una condizione (ad esempio, l’iscrizione in appositi albi o registri) per l’esercizio di una determinata attività, tali riserve e condizioni si applicherebbero anche agli enti del Terzo settore”.
 
Ciò posto, si considerano di interesse generale le attività aventi a oggetto:

  • interventi e servizi sociali
  • interventi e prestazioni sanitarie
  • prestazioni socio-sanitarie
  • educazione, istruzione e formazione professionale
  • interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi
  • interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio
  • formazione universitaria e post-universitaria
  • ricerca scientifica di particolare interesse sociale
  • organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale
  • radiodiffusione sonora a carattere comunitario
  • organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso
  • formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa
  • servizi strumentali resi da enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore
  • cooperazione allo sviluppo
  • commercio equo e solidale
  • servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone svantaggiate o con disabilità o beneficiarie di protezione internazionale o indigenti senza fissa dimora
  • alloggio sociale, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi
  • accoglienza umanitaria e integrazione sociale dei migranti
  • agricoltura sociale
  • organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche
  • beneficenza, sostegno a distanza, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale
  • promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata
  • promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi e i gruppi di acquisto solidale
  • cura di procedure di adozione internazionale
  • protezione civile
  • riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

La relazione illustrativa sottolinea che la lista comprende, da un lato, “tutte le attività che già, storicamente, gli enti del Terzo settore svolgono, anche per espressa previsione legislativa, dall’altro include attività nuove, in cui gli enti del Terzo settore possono giocare un ruolo fondamentale per la promozione dell’interesse generale”.
La previsione di un elenco unico risponde all’esigenza di procedere a una razionalizzazione dei settori di attività: solo quelle elencate costituiscono attività di interesse generale ai fini del Codice. Tuttavia, “molte attività non nominate non devono ritenersi, solo per questo, escluse, perché potrebbero rientrare in una o più attività individuate nell’elenco. D’altronde, compaiono nell’elenco formule che si prestano a includere varie attività di interesse generale non specificamente individuate nell’elenco”.
Peraltro, viene prevista la possibilità di aggiornare (con Dpcm) l’elenco delle attività di interesse generale.
 
Attività diverse
Gli enti del Terzo settore possono esercitare anche attività diverse da quelle di interesse generale, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano (articolo 6); inoltre, esse devono essere secondarie e strumentali rispetto a quelle di interesse generale.
Il carattere secondario e strumentale di tali attività va definito secondo criteri e limiti stabiliti con decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività diverse in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale.
 
 
3 – continua.
La prima puntata è stata pubblicata giovedì 21 settembre
La seconda puntata è stata pubblicata martedì 26 settembre
 

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