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Analisi e commenti

Elenchi dei contribuenti:
il debutto oltre 140 anni fa

A disporlo, un regio decreto del 1871, controfirmato dal ministro delle Finanze Quintino Sella. In un suo discorso alla Camera la prima idea e la motivazione della scelta

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La seconda manovra estiva del 2011 (Dl n. 138, articolo 1, comma 12-ter) prevede la possibilità di pubblicare sui siti dei singoli Comuni dati aggregati, per categorie o per fasce di reddito, relativi alle dichiarazioni dei soggetti ivi residenti. Torna così alla ribalta, sia pure in forma non nominativa, uno strumento che ha un'antica tradizione nella storia tributaria italiana: gli elenchi dei contribuenti.

La pubblicazione di elenchi nominativi fu infatti disposta per la prima volta, in Italia, con il regio decreto 18 agosto 1871, n. 411, controfirmato dall'allora ministro delle Finanze, Quintino Sella. In un suo discorso alla Camera dei deputati del 27 maggio 1871, si ritrova, probabilmente, la prima idea e la motivazione di tale scelta. Discutendosi dell'andamento, non particolarmente soddisfacente, dell'imposta sui redditi di ricchezza mobile (istituita nel 1864), così Sella si rivolgeva ai deputati: "Convengo bene che nella ricchezza mobile c'è molto da fare, signori, ma sapete voi chi ci deve aiutare onde si abbiano maggiori frutti dalla tassa della ricchezza mobile? Ci deve aiutare tutto il mondo. Bisogna che l'opinione pubblica si persuada che tutti i cittadini sono interessati al buon andamento di quell'imposta.". E, dopo aver riportato i modestissimi imponibili medi e quelli massimi di alcune categorie di contribuenti (soprattutto professionisti), proseguiva: "Permettete: sapete a che io vo pensando? Uno di questi giorni di venir fuori con delle belle e brave pubblicazioni, come si fa in Inghilterra. Se il pubblico non li aiuta, che cosa volete che faccia un ministro con alcuni impiegati, per quanto siano zelanti? L'opinione pubblica ci deve aiutare, vivaddio!".

Nacque così il decreto sopra citato che, all'articolo 1, prescriveva: "Sarà annualmente pubblicato l'Elenco dei contribuenti all'imposta di ricchezza mobile di ciascun Comune del Regno, colla indicazione dei redditi imponibili loro rispettivamente attribuiti nell'accertamento". Forma e tempi di pubblicazione erano rinviati a un decreto del ministro delle Finanze.

Il primo risultato fu un'opera in due volumi, intitolata "Elenchi dei contribuenti all'imposta sulla ricchezza mobile aventi un reddito imponibile complessivo superiore alle 1.000 lire desunti dai ruoli principali del 1872 e pubblicati in ordine al R.D. 18 agosto 1871". La reazione attesa da Sella però non si manifestò. La stessa Amministrazione, dopo aver ribadito il senso dell'operazione ("si volle che il pubblico fosse egli steso il primo giudice dei fatti e vedesse coi propri occhi la sostanza delle cose, cioè chi paga e chi non paga"), riconobbe che la pubblicazione non aveva suscitato "il vivo interesse da molti sperato e giustamente desiderato" (ma nemmeno "le gare pettegole e scandalose da altri temute").

Già l'anno dopo la pubblicazione non aveva luogo: il lavoro si era rivelato per l'Amministrazione "troppo vasto e di tanta importanza che l'amministrazione non può sobbarcarvisi ad ogni anno". Per tale ragione, dopo il secondo elenco, relativo al 1874, la pubblicazione fu sospesa per 15 anni. Essa fu soppiantata da prospetti statistici riepilogativi, relativi alle categorie B (imprese) e C (professionisti e dipendenti privati), con dati complessivi raggruppati per rami d'attività. Si trattava dello sviluppo di un metodo, adottato fra il 1874 e il 1876, che "aveva dato ottimi risultati, avendo portato alla scoperta di non pochi contribuenti", laddove, presumibilmente, la collaborazione generalizzata dei cittadini sulla base degli elenchi, ipotizzata da Sella, non aveva fornito un contributo analogo.

La tradizione fu ripresa nel 1889 con due pubblicazioni, la prima intitolata "Imposta sui redditi di ricchezza mobile - Elenco dei contribuenti inscritti per un reddito di lire 10.000 e più" e la seconda "Elenco dei contribuenti privati delle categorie B e C, inscritti nei ruoli del 1889 per imposta sui redditi di ricchezza mobile (per provincie)". L'attenzione si era quindi accentrata sui grandi contribuenti e su alcuni "contribuenti privati" (imprenditori individuali e professionisti), perché reputati maggiormente a rischio di evasione, mentre gli "enti collettivi" (società e altri enti), tassati in base a bilancio, erano ritenuti più fedeli. Ciò nonostante, anche queste versioni ristrette dell'opera furono subito abbandonate e occorsero oltre trent'anni per rivedere una pubblicazione analoga.

Nei primi dieci anni del regime fascista, gli elenchi furono stampati a quattro riprese. La prima serie apparve nel 1924 e consisteva in 75 volumi intitolati "Imposta sui redditi di ricchezza mobile. Elenco dei contribuenti privati possessori di redditi incerti e variabili delle categorie B e C (esclusa la rivalsa)", vale a dire, ancora una volta, imprenditori individuali e professionisti. Anche in questo caso, l'esclusione degli "enti collettivi" era dovuta al fatto che, per questi ultimi, la determinazione dei redditi non dava luogo, "come regola, a quelle forme di evasione, che si intende porre in risalto con la presente pubblicazione e con la finalità ultima di reprimerla". L'elenco era infatti indicato come "un efficace mezzo di controllo perché gli organi delle amministrazioni governative e locali ed i collegi giudicanti abbiano gli elementi di apprezzamento e di giudizio ai fini della migliore distribuzione del migliore accertamento degli oneri tributari". Una seconda edizione, di quasi novanta volumi, uscì tra il 1929 e il 1930. Per le città maggiori, si ebbe, negli stessi anni, una pubblicazione distinta, relativa alle stesse categorie, ma limitata ai contribuenti con redditi superiori a 5.000 lire. Nel 1933 e nel 1934 uscirono gli ultimi due elenchi (in entrambi i casi, in 92 volumi, uno per provincia), riferiti di nuovo a imprenditori individuali e professionisti.

Erano trascorsi più di venti anni, quando, nel 1960, in base all'articolo 48 del Testo unico delle imposte dirette del 1958 (Dpr n. 645), furono pubblicati i 10 volumi contenenti l'"Elenco dei contribuenti possessori di redditi non inferiori a 5 milioni soggetti alla imposte di ricchezza mobile e complementare". La pubblicazione, riferita ai redditi del 1955, riguardava, per l'imposta sui redditi di ricchezza mobile, imprese e professionisti; anche in questo caso, per "non gravare eccessivamente gli uffici", fu limitata, in via amministrativa, solo ai contribuenti di maggior rilievo. La legge stabiliva una cadenza triennale, che fu rispettata: alla prima edizione seguì una seconda, in 14 volumi, nel 1964 (redditi 1959), una terza nel 1967 (redditi 1962); si ha notizia di una quarta nel 1970. Lo scopo, come enunciato dall'amministrazione, era "di portare a conoscenza dei cittadini i redditi dichiarati dai contribuenti nonché gli accertamenti degli Uffici (…) in modo da mettere in evidenza anche l'attività dell'Amministrazione finanziaria nel controllo delle dichiarazioni e nell'accertamento dei redditi non dichiarati".

La riforma tributaria ribadì, con l'articolo 69 del Dpr n. 600/1973, il principio della pubblicità delle dichiarazioni dei redditi. La norma prevede ancora oggi: a) la pubblicazione di un elenco (dapprima triennale, ora annuale) dei contribuenti sottoposti ad accertamenti e controlli globali e di un elenco di quelli che non hanno presentato la dichiarazione; b) la redazione annuale di elenchi dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e di esercenti imprese, arti e professioni e l'invio degli stessi agli uffici comunali e delle imposte; presso tali uffici, gli elenchi restano depositati per un anno.

Dopo la riforma vi fu almeno una pubblicazione a stampa nel 1981, l'"Elenco dei contribuenti che hanno dichiarato per il 1977 un reddito imponibile superiore ai 40 milioni". Trascorsero altri anni prima che l'iniziativa fosse ripresa e questa volta avvalendosi della tecnologia informatica. Facendo leva sulle norme del codice dell'amministrazione digitale del 2005, alla fine dell'aprile 2008, il sito dell'Agenzia delle Entrate rendeva consultabili e scaricabili gli "elenchi dei contribuenti relativi al 2005". Poco ore dopo, però, interveniva il Garante della privacy, che riteneva, in base a una "preliminare verifica", non conforme alla legge tale modalità di pubblicazione e ne ordinava la sospensione. A fine giugno dello stesso anno, il Dl n. 112, modificando l'articolo 69 del Dpr 600, confermava la consultazione degli elenchi solo presso gli uffici delle Entrate e presso i Comuni, aggiungendo che essa doveva avvenire nei modi e nei limiti stabiliti dalla normativa in tema di accesso ai documenti amministrativi e prevedendo, in caso di violazioni, una sanzione amministrativa da 5mila a 30mila euro, aumentata sino al triplo quando risultasse "inefficace in ragione delle condizioni economiche del contravventore".
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