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Analisi e commenti

Evoluzione delle forme associative
dell'attività professionale (5)

Venuto meno il riordino "omogeneo" del sistema di tassazione, permane una decisa differenziazione sostanziale fra imposizione delle attività di lavoro autonomo e d'impresa

forme di associazione
Delineare, in chiave di "omogeneità normativa", un quadro sistematico della tassazione delle forme associative dell'attività professionale fin qui esaminate, richiederebbe una lettura organica degli interventi legislativi che hanno interessato la materia.
Si tratta, però, di un'ipotesi non del tutto fondata, se è vero che già nella scorsa legislatura, in sede di definizione della delega al governo per la riforma del sistema tributario, l'articolo 12, lettera a) del relativo Ddl prevedeva, al capo III, la "assimilazione dell'imposizione su tutti i redditi d'impresa commerciale o di lavoro autonomo, compresi quelli prodotti in forma associata, dagli attuali soggetti passivi dell'IRPEF e dell'IRES, assoggettandoli a un'imposta unica, in particolare, prevedendo la deducibilità dalla base imponibile della predetta imposta unica delle somme prelevate dall'artista o professionista o dai soci o associati ovvero dall'imprenditore o dai soci, e la concorrenza delle predette somme alla formazione del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF dell'artista o del professionista e dei soci o associati e dell'imprenditore o dei soci".
Non approvato alla Camera, il Ddl in questione decadrà nel passaggio al Senato per la fine anticipata della legislatura.

Inquadramento fiscale
Venuta meno, al momento, questa ipotesi di riordino "omogeneo" del sistema di tassazione dell'esercizio delle attività professionali in forma associativa - processo che sarebbe stato in linea, come abbiamo visto, con il loro "accostamento" a livello economico - permane ancor oggi una decisa differenziazione sostanziale fra imposizione delle attività di lavoro autonomo e d'impresa, pur se in parte attenuata dall'accostamento dei regimi contabili applicabili alle due tipologie di attività e, comunque, con riferimento a una "regolamentazione" principalmente risalente agli interventi interpretativi espressi dell'amministrazione finanziaria, per altro secondo una "tradizione" da tempo praticata.
Ad esempio: la "natura fiscale" del reddito derivante dalla gestione di un "Laboratorio di analisi cliniche" in forma associativa - come reddito di lavoro autonomo o di impresa commerciale - secondo un'interpretazione degli inizi degli anni ottanta, rimaneva sostanzialmente ancorata al dettato civilistico e fiscale, la dove l'attività in questione "(…) essendo riconducibile nell'ambito dell'esercizio di arti e professioni di cui all'art. 49 del DPR 597/73, rientra, di regola, tra quelle produttive di lavoro autonomo". E tuttavia, si considerava che "(…) i redditi derivanti da tale attività possono qualificarsi come redditi d'impresa qualora ricorra il presupposto atto ad individuare la suddetta attività come impresa, presupposto costituito dall'esistenza di una organizzazione imprenditoriale - secondo la nozione elaboratane dalla dottrina e dalla giurisprudenza - nel cui contesto viene a perdere ogni rilevanza e significato la figura del medico ai fini della prestazione dell'attività richiesta dalla clientela ed assume, viceversa, esclusiva o preponderante importanza la struttura sanitaria oggettivamente considerata" (circolare ministeriale n. 12/1983).
Il criterio era, dunque, quello che vuole che la forma societaria adottata condizionava il regime fiscale da applicare. Infatti, per le società di persone, di capitali e cooperative, i redditi prodotti, da qualsiasi fonte provengano, sono considerati redditi d'impresa. Inoltre, il reddito si determina secondo il principio di competenza economica e i compensi percepiti non sono soggetti a ritenute d'acconto.

Tale articolazione è sembrata, invece, perdere consistenza già con l'introduzione nell'ordinamento dalle società di avvocati (Dlgs 2 febbraio 2001, n. 96). Secondo la risoluzione n. 118/2003, emessa in risposta ad apposito interpello riguardo alla qualificazione dei redditi prodotti dalle società tra avvocati costituite ai sensi del citato decreto legislativo e dunque in forma di società in nome collettivo, l'Agenzia delle entrate ha, infatti, sostenuto che "i redditi prodotti durante l'esercizio della professione di avvocato compiuta in forma associata secondo il nuovo modello delle società tra professionisti (s.t.p) definito dal decreto legislativo n. 96 del 2001, costituiscono redditi da lavoro autonomo ai sensi dell'art. 49 del TUIR, in quanto alle società tra professionisti si applica la disciplina dettata per le associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma comune di arti e professioni. Si precisa inoltre che i compensi corrisposti alla "s.t.p." sono soggetti a ritenuta d'acconto ai sensi dell'art. 25 del DPR n. 600 del 1973".
Tale ultimo indirizzo, ancorato a una lettura "sostanziale" dell'attività esercitata, in atto deve ritenersi confermato negli scarsi documenti di prassi che a oggi propongono analoghe soluzioni interpretative, tra cui la risoluzione n. 56/2006, riguardante le società di revisione e di ingegneria costituite in società di tipo capitalistico.

Brevi considerazioni conclusive
Come abbiamo visto, la normativa trattata, per la sua complessità, dà adito a numerosi interrogativi, sia sotto l'aspetto civilistico che sotto quello fiscale. Le problematiche sollevate sono numerosissime e non hanno trovato, né avrebbero potuto trovare, soluzione nel regolamento d'attuazione che, in quanto fonte secondaria, non è idoneo a legiferare su materie diverse da quelle espressamente indicate - come più volte evidenziato nella relazione illustrativa sullo schema di decreto ministeriale richiamata - né a derogare le disposizioni - tutte di natura primaria e non abrogate - che regolano le altre forme societarie già esistenti.
L'ampiezza della materia non consente in questa sede di trattare in maniera esaustiva i profili controversi della normativa in argomento quale, ad esempio, quello fiscale e previdenziale e, con essi, quelli determinati dagli evidenti vuoti legislativi e dal carente coordinamento con le regole civilistiche.
Sforzi interpretativi e, molto probabilmente, l'ulteriore intervento del legislatore permetteranno di valutare e sperimentare, in concreto, le potenzialità insite del nuovo istituto di sviluppare l'attività professionale attraverso il superamento dei vecchi assetti organizzativi e gestionali.

5 - fine. La prima puntata è stata pubblicata il 23 maggio, la seconda il 28 maggio, la terza il 30 maggio e la quarta il 3 giugno.
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