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Analisi e commenti

La fiscalità europea tra armonizzazione e collegialità (1)

Nel trattato istitutivo Ce quattro articoli specifici sono dedicati alla disciplina degli aspetti tributari

Se è vero che il potere impositivo rappresenta una prerogativa irrinunciabile della sovranità dei singoli Stati è altrettanto vero che l’azione dell’Ue esiste giuridicamente ed è un punto fermo nella dinamica dei rapporti tra ordinamenti interni e sovranazionali. Il capitolo "Disposizioni fiscali" del Trattato istitutivo della Comunità europea del 1957 contiene quattro specifici articoli (articoli 90-93) di cui l’unico che impone direttamente un limite alla potestà tributaria degli Stati membri è l’articolo 90. La norma stabilisce il divieto di imposizioni interne discriminatorie nei confronti di merci e prodotti provenienti dagli altri Stati membri. Nel corso degli anni la Corte di Giustizia ha ulteriormente limitato la sovranità fiscale dei singoli Paesi applicando in via estensiva il principio di non discriminazione in materia tributaria all’interno del mercato europeo con riferimento all’esercizio delle quattro libertà centrali per la concorrenza capitalistica (circolazione di merci, persone, servizi e capitali).

Il campo di applicazione
La giurisprudenza della Corte ha trovato un fertile campo di applicazione nel settore delle imposte non armonizzate, principalmente, ma non soltanto, anche in quello delle imposte dirette (imposte sul reddito delle persone fisiche e delle società). Al contrario le direttive di armonizzazione riguardano la fiscalità indiretta con riferimento alle imposte sui consumi e sulla produzione. L’articolo 93 del Trattato Ce, stabilisce infatti che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare tutte le disposizioni che riguardano l’armonizzazione delle legislazioni fiscali degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, di consumo e alle altre imposte indirette, nella misura in cui risulti necessaria per il corretto funzionamento del mercato interno europeo. Nel settore delle imposte dirette, invece, i margini per un intervento di coordinamento da parte della Comunità europea sono legati all’articolo 94 del Trattato che non riguarda specificamente il settore della fiscalità ma permette al Consiglio (con deliberazioni all’unanimità previa consultazione con il Parlamento) di emanare direttive finalizzate al "ravvicinamento" delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che abbiano una incidenza diretta nell’instaurazione o nel funzionamento del mercato comune.

Il nuovo quadro normativo
Gli articoli 90-94 del Trattato Ce erano divenuti nel progetto di trattato costituzionale adottato dalla Convenzione nel luglio 2003, i sei articoli, da III-59 a III-64. Il quadro normativo rimaneva, tuttavia, sostanzialmente immutato, con tre sole innovazioni: la possibilità di adottare atti legislativi europei in materia di imposte indirette, il riferimento, nell’articolo III-63, a una esplicita competenza dell’Unione in materia di imposte sulle società ed, elemento più rilevante, il passaggio dalla regola dell’unanimità a quella della maggioranza in materia di cooperazione amministrativa e di lotta alla frode nel settore delle imposte indirette e dell’imposta sul reddito delle società. Nel successivo testo del trattato costituzionale, adottato dalla conferenza intergovernativa nel luglio 2004, invece, gli articoli III-170 e III-171, riprendono la stessa identica formulazione degli articoli 90-93 del Trattato CE, incorporando soltanto la prima delle tre innovazioni proposte dalla Convenzione. Infine vi è da rilevare che non vi sono sostanziali differenze, su questo punto, nel testo del nuovo trattato modificato dalla conferenza intergovernativa, su impulso del Consiglio dell’Unione europea (tranne per il fatto che, formalmente si torna a parlare di atti normativi europei, non più come "leggi europee", ma negli originari termini di regolamenti, direttive e decisioni).    

Dinamica della costruzione europea e "fiscalità comunitaria"
La caratteristica distintiva del processo di integrazione europea è, nella sua essenza, costituita dalla reciproca limitazione delle sfere di sovranità degli Stati membri, in funzione del raggiungimento degli obiettivi fondamentali previsti dai trattati istitutivi della Comunità e dell’Unione. E ciò in vista della realizzazione/regolamentazione di un mercato di dimensioni continentali capace di favorire la circolazione delle merci, dei servizi e dei fattori della produzione (capitali e forza-lavoro). In altri termini si tratta della configurazione di un mercato "ampio" e "omogeneo" sul piano delle regole e dei principi giuridici, necessario a garantire il miglior funzionamento del processo complessivo di circolazione e accumulazione del capitale a livello europeo, e a consentire, nel modo più efficiente possibile, gli essenziali processi di concentrazione e riorganizzazione su scala continentale dei maggiori gruppi industriali-finanziari europei.

Integrazione ed erosione della sovranità
Sulla base di tali premesse, appare chiaro che la potestà normativa e amministrativo-tributaria degli Stati coinvolti nel descritto processo europeo, non può non essere interessata dal fenomeno della progressiva "erosione" di sovranità che la stessa dinamica dell’integrazione produce nei confronti dei singoli ordinamenti statali aderenti all’Unione. Infatti, se è vero che la potestà impositiva (intesa sia come potere di istituire, con atti normativi, fattispecie impositive, sia come concreto ed effettivo potere di accertare il tributo e di riscuoterlo attraverso i consueti strumenti di coazione amministrativistica) rappresenta una parte centrale della sovranità statale (nel senso di pienezza di poteri pubblici espressione di supremazia e sovraordinazione), ben si comprende la ragione per cui "la fiscalità, proprio per l’assoluta importanza che riveste quale nucleo della residua sovranità degli Stati membri, viene da questi gelosamente salvaguardata rispetto a qualsivoglia ulteriore ingerenza, che vada oltre le limitazioni già poste dai vigenti Trattati comunitari". Allo stesso modo, si comprende come anche dalla contraddittoria evoluzione costituzionale europea (dal Trattato di Nizza e dal progetto di costituzione approvato dalla Convenzione, fino alla firma del Trattato costituzionale del 2004, con le successive recenti modifiche operate su indirizzo del Consiglio europeo nel 2007), la fiscalità esca "del tutto marginalizzata".

La fiscalità nell’ordinamento comunitario
In effetti, l’ordinamento comunitario si occupa della fiscalità nei soli limiti in cui essa costituisce un ostacolo (da rimuovere) al raggiungimento dei fini e degli originari obiettivi cardine dell’Unione e della Comunità europea. Vale a dire l’instaurazione e la regolamentazione di un mercato comune, la realizzazione di un’unione economica e monetaria mediante l’attuazione di politiche e azioni comuni (articoli 3 e 4 Trattato CE), lo sviluppo equilibrato e sostenibile delle attività economiche, la crescita complessiva non inflazionistica, l’alto grado di competitività e convergenza dei risultati economici, l’elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la coesione economico-sociale e la solidarietà tra tutti gli Stati membri (articolo 2 Trattato Ce e articolo 2 Trattato Ue). Di conseguenza tanto le azioni e gli indirizzi generali della Comunità europea che interessano la sfera della fiscalità quanto le varie e specifiche direttive di armonizzazione-ravvicinamento delle legislazioni nazionali, hanno la funzione prioritaria di eliminare, o quantomeno ridurre, gli ostacoli di natura fiscale (che derivano dalle divergenze degli ordinamenti tributari degli Stati membri) alla concorrenza e alla libera circolazione delle merci, dei servizi, della forza-lavoro e dei capitali, all’interno del mercato unico continentale. Nel sistema dei Trattati europei che si sono succeduti ed integrati nel tempo, "la materia fiscale resta sostanzialmente di competenza degli Stati membri", che continuano a considerare il potere impositivo come una prerogativa irrinunciabile della propria sfera di sovranità. Tuttavia, l’azione della Comunità nel settore tributario, esiste giuridicamente e rappresenta un fenomeno reale sul piano della concreta dialettica tra la pluralità di ordinamenti (nazionali ed europei) che interagiscono nel contesto economico, giuridico, istituzionale dell’Unione, essendo "funzionalmente strumentale al raggiungimento dell’obiettivo del mercato unico" .

Il carattere di neutralità
L’ordinamento giuridico europeo si preoccupa, in questa prospettiva, di assicurare che l’imposizione fiscale degli Stati membri, conservi un carattere di assoluta neutralità in relazione al processo complessivo di circolazione del capitale, ossia di circolazione concorrenziale delle merci, dei servizi, della forza-lavoro e dei singoli capitali, all’interno del mercato continentale. Ciò avviene, innanzitutto, con le norme del Trattato Ce (articoli 90-92) che prevedono "limiti di ordine negativo" alla potestà tributaria degli Stati membri, consistenti nel divieto di introdurre discriminazioni di natura tributaria a carico di soggetti esteri comunitari e, più in generale, di "condizionare la neutralità degli investimenti all’interno della Comunità" ostacolando le citate quattro libertà di circolazione nell’ambito dell’Unione europea. È stato puntualmente notato che gli articioli 90, 91 e 92 del Trattato Ce contengono disposizioni che "hanno lo scopo di salvaguardare la libera circolazione delle merci in normali condizioni di concorrenza, mediante l’eliminazione di ogni forma di protezione che possa risultare dall’applicazione di tributi interni aventi carattere discriminatorio nei confronti di merci originarie di altri Stati membri". Oltre a ciò, gli articoli 93 e 94 del Trattato, pongono anche limiti di carattere "positivo" alla sovranità fiscale degli Stati membri, contenendo, come detto, disposizioni funzionali alla progressiva convergenza/integrazione dei vari sistemi impositivi, attraverso la possibilità, per la Comunità europea, di emanare, anche in materia fiscale, atti normativi destinati ad avere efficacia (diretta o indiretta) negli ordinamenti nazionali. Di conseguenza, vaste aree della fiscalità nazionale sono "direttamente modellate dal diritto comunitario che incide sulla struttura e sulla funzione dei diversi tributi mediante l’armonizzazione o il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri" .                              

Fonti
- Del Federico L., Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Pescara, 2003 (pag. 10, pag. 11 pagg. 55-56)
 - Lupi, Stevanato, Carpentieri, Il diritto tributario nei rapporti internazionali, Milano, 2003, pag. 28, pag. 31

N.B. alcune espressioni tra virgolette fanno riferimento alle due opere citate  


Dalla relazione svolta nel 2007 nell’ambito del Convegno annuale della Scuola dottorale internazionale di Diritto dell'Economia "T. Ascarelli".
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