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Analisi e commenti

Fisco-contribuenti: tante le strade aperte che portano alla pace (2)

Dall'acquiescenza all'autotutela passando per la conciliazione giudiziale: l'ultima chiamata per evitare la lite

Definizione atto di irrogazione della sanzione (articolo 16, Dlgs 472/1997)
A norma dell'articolo 17 del decreto legislativo 472/1997, le sanzioni pecuniarie, relative a violazioni collegate al tributo, possono essere applicate dall'ufficio dell'agenzia delle Entrate con lo stesso avviso di rettifica o di accertamento. In questo caso, la definizione della sanzione segue le regole proprie dell'istituto di definizione di cui il contribuente si avvale per la chiusura della lite.
Per le sanzioni relative a violazioni "formali" non collegate al tributo, invece, l'applicazione va fatta necessariamente col separato avviso previsto dall'articolo 16 del citato Dlgs.
In questo caso, la sanzione irrogata può essere definita rinunciando al contenzioso e pagando, entro 60 giorni dalla notifica, una somma pari a 1/4 (comunque in misura non inferiore a 1/4 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo).

Acquiescenza alla richiesta contenuta nell'invito all'accertamento con adesione (articolo 27, Dl 185/2008)
Nel caso di invito all'adesione da parte dell'ufficio, a partire dall'anno 2009 la comunicazione deve contenere anche le maggiori imposte, le ritenute, i contributi, le sanzioni e gli interessi dovuti accettando la definizione. Al contribuente, infatti, viene consentito di definire l'intero contesto accettando di pagare quanto preteso dall'ufficio entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per il contraddittorio, manifestando per iscritto, entro lo stesso termine, tale volontà e allegando la quietanza del versamento effettuato.
In questo modo, oltre a evitare di intraprendere la procedura dell'accertamento con adesione, il contribuente beneficia della riduzione delle sanzioni a 1/8 del minimo (anziché a 1/4). Anche in questo caso, le somme dovute possono essere pagate in 8 rate trimestrali (12 se l'imposta è superiore a 51.645,69 euro) con l'applicazione degli interessi legali ma senza presentazione di alcuna garanzia.

Accertamento con adesione (articolo 2, Dlgs 218/1997)
L'accertamento dell'Iva e delle imposte sui redditi può essere unitariamente definito con l'adesione del contribuente.
In materia di imposte dirette, possono essere definiti gli accertamenti relativi a ogni categoria di reddito, compresi quelli accertati in maniera sintetica. Per quanto riguarda l'Iva, la definizione riguarda le fattispecie per essa rilevanti e il tributo è liquidato applicando sui maggiori componenti positivi di reddito (rilevanti ai fini della stessa Iva) l'aliquota media delle operazioni effettuate, a meno che non sia individuabile la precisa aliquota applicabile.
L'accertamento con adesione ha come effetto la definizione del periodo, sia per le imposte sui redditi che per l'Iva (quando dovuta).

Gli aspetti premiali dell'istituto sono i seguenti:
  • applicazione delle sanzioni nella misura di 1/4 del minimo previsto
  • applicabilità della circostanza attenuante per i reati fiscali di cui all'articolo 13 del Dlgs 74/2000, con riduzione fino alla metà delle sanzioni penali e inapplicabilità delle sanzioni accessorie previste dallo stesso decreto legislativo se il debito è estinto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado
  • non valenza dei maggiori importi accertati ai fini Iciap (imposta oggi soppressa) e ai fini extratributari, tranne che per i contributi previdenziali e assistenziali (su questi ultimi, comunque, non si applicano sanzioni e interessi).
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In più, l'ulteriore azione accertatrice dell'Amministrazione finanziaria è ammesso solo nei seguenti casi, e cioè quando:
  • sopravviene la conoscenza di elementi che consentono l'accertamento di un maggior reddito superiore al 50% di quello definito e comunque non inferiore a 150 milioni di lire (77.468,53 euro)
  • l'accertamento definito era "parziale"
  • la definizione ha riguardato solo redditi di "partecipazione" in società di persone, associazioni professionali o aziende coniugali
  • venga accertato, dopo la definizione della posizione personale di un socio, un maggior reddito nei confronti della società di persone o dell'azienda coniugale di cui il soggetto fa parte.

Un ulteriore accertamento è sempre possibile, però, anche in assenza di elementi sopravvenuti, quando l'accertamento "definito" era basato sugli studi di settore. Tuttavia, a norma dell'articolo 27 del Dl 185/2008, per i contribuenti che aderiscono agli inviti al contraddittorio per accertamenti basati sugli studi di settore relativi alle annualità 2006 e seguenti, è stata fissata una franchigia: l'Amministrazione finanziaria non può procedere a ulteriori accertamenti di tipo analitico-presuntivo, basati su presunzioni semplici, quando i ricavi o compensi non dichiarati sono pari o inferiori al 40% di quelli dichiarati e, comunque, non superiori a 50mila euro.

La procedura di attivazione è la seguente:
  1. invito dell'ufficio locale dell'agenzia delle Entrate, contenente l'indicazione dei periodi da concordare, il luogo e il giorno fissato per la comparizione, nonchè le maggiori imposte, le ritenute, i contributi, le sanzioni e gli interessi dovuti
oppure
  1. richiesta (con istanza in carta libera) del contribuente che ha ricevuto accessi, ispezioni, verifiche, oppure un avviso di rettifica o di accertamento.

La procedura di adesione è la seguente:
  1. viene redatto un atto scritto
  2. il versamento va fatto entro 20 giorni dall'atto di adesione
  3. la quietanza di versamento deve pervenire all'ufficio entro 10 giorni dal pagamento
  4. l'ufficio, dopo essere venuto in possesso della quietanza, consegna la copia dell'atto di adesione al contribuente
  5. l'adesione si perfeziona con il pagamento dell'intera somma dovuta, ovvero, nel caso di pagamento dilazionato, con il pagamento della prima rata e la presentazione della garanzia. E' possibile, infatti, la dilazione in 8 rate trimestrali, oppure in 12 (se l'imposta è superiore a 51.645,69 euro), con l'applicazione degli interessi legali e con la presentazione di una garanzia per il periodo della dilazione aumentato di un anno.

Conciliazione giudiziale (articolo 48, Dlgs 546/1992)
Il contribuente che non si è avvalso degli strumenti definitori finora descritti e ha impugnato l'avviso di rettifica o di accertamento in Ctp, ha sempre la possibilità di recedere dalla lite già instaurata mediante l'istituto della conciliazione giudiziale. In questo caso, beneficia della riduzione della sanzione in una misura ridotta ma comunque meno vantaggiosa di quella prevista per tutti gli altri istituti conciliativi.
La conciliazione giudiziale può avvenire solo davanti alla Ctp e non oltre la prima udienza. Sua conseguenza è l'estinzione del giudizio e l'applicazione delle sanzioni nella misura ridotta di 1/3 di quelle irrogabili in relazione all'imposta "conciliata" (in ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo).

Può essere proposta:
  • in udienza
    • da una delle parti, con l'istanza di trattazione in pubblica udienza (se la conciliazione non avviene nella prima udienza la Commissione può assegnare un termine non superiore a 60 giorni per una conciliazione "fuori udienza")
    • dalla Commissione tributaria provinciale
  • fuori udienza
    • con l'accordo preventivamente raggiunto e depositato prima della fissazione dell'udienza
    • con l'accordo preventivamente raggiunto e depositato dopo la fissazione dell'udienza e prima della trattazione (in camera di consiglio o in pubblica udienza)
Nelle ipotesi di conciliazione "in udienza" e in quella di conciliazione "fuori udienza" ma con deposito dell'accordo dopo la fissazione della stessa, dopo l'adesione alla proposta viene redatto un apposito processo verbale con l'indicazione delle somme dovute a titolo d'imposta, di sanzioni e di interessi. Tale processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute, le quali vanno versate dal contribuente entro 20 giorni dalla data dell'udienza, ovvero ratealmente (otto rate trimestrali, 12 se le somme dovute superano 51.645,69 euro), con interesse al saggio legale e con idonea garanzia.

Nell'ipotesi di conciliazione "fuori udienza" con deposito dell'accordo prima della fissazione dell'udienza, il presidente della Commissione, se ritiene ammissibile la conciliazione, dichiara con decreto l'estinzione del giudizio. La proposta di conciliazione e il decreto prendono il posto del processo verbale. Il decreto è comunicato alle parti e il pagamento delle somme dovute (o della prima rata) deve avvenire entro 20 giorni dalla data della comunicazione.
La conciliazione si perfeziona con il pagamento delle somme dovute, ovvero, in caso di dilazione, con il pagamento della prima rata e con la presentazione della prevista garanzia.
In mancanza, il giudizio continua e non è più applicabile alcuna riduzione delle sanzioni.

Pagamento degli inviti di pagamento conseguenti a controlli automatici e a controlli formali
Il contribuente che riceve una "comunicazione di irregolarità" a seguito di controlli automatici o formali, e ritiene corretti gli addebiti in essa contenuti, ha la possibilità di evitare l'iscrizione a ruolo versando, oltre al tributo, una sanzione ridotta se regolarizza la propria posizione entro 30 giorni dal ricevimento dalla comunicazione.

La riduzione della sanzione è pari a:
  • 1/3 di quella irrogata se la comunicazione è stata emessa a seguito di controllo automatico della dichiarazione (previsto dagli articoli 36-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972)
  • 2/3 della sanzione irrogata se, invece, la comunicazione è relativa a un controllo formale della dichiarazione (previsto dall'articolo 36-ter del Dpr 600/1973).

Trascorso il termine previsto per la regolarizzazione, i contribuenti che non eseguono il pagamento perdono la possibilità di fruire della riduzione delle sanzioni e, dopo l'iscrizione a ruolo da parte dell'agenzia delle Entrate, riceveranno la cartella di pagamento con addebito della sanzione ordinariamente prevista (30%).

Autotutela
L'autotutela non rappresenta una modalità di definizione delle controversie, bensì l'istituto in forza del quale tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione sono chiamati a rivedere un proprio atto e, una volta riconosciuto illegittimo, ad annullarlo per evitare l'aggravio di spese che potrebbe derivare dalla prosecuzione della controversia già instaurata, oppure, semplicemente, per impedire il conseguimento di un indebito arricchimento o comunque un risultato assolutamente non conforme alla legge.

L'autotutela è certamente applicabile "d'ufficio", anche se spesso viene sollecitata dagli stessi contribuenti, che si ritengono lesi dall'atto amministrativo a loro notificato, oppure da altri organismi che ne tutelano gli interessi, come il Garante del contribuente.

Con il Dm 37/1997 sono stati individuate le situazioni che, in linea di principio, giustificano e quindi rendono necessario il ricorso all'istituto dell'autotutela nella materia tributaria:
  • errore di persona
  • evidente errore logico o di calcolo
  • errore sul presupposto dell'imposta
  • doppia imposizione
  • mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti
  • mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza
  • sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati
  • errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall'Amministrazione.
Unico motivo ostativo all'autotutela è l'esistenza di un giudicato di merito sulla questione favorevole all'Amministrazione finanziaria. Non è invece di ostacolo la mancata impugnazione dell'atto entro i termini previsti per il ricorso in Commissione tributaria.

2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata venerdì 13 febbraio
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