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Analisi e commenti

Focus su delega riforma fiscale – 1
Al centro, lo Statuto del contribuente

Il legislatore intende cambiare, in senso moderno, il volto alla “legge-manifesto”, che da oltre vent'anni costituisce l'emblema del rapporto di leale collaborazione, auspicabile tra Fisco e contribuente

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L’articolo 4 della delega al Governo per la riforma fiscale (AC 1038-B) contiene importanti principi, al fine di indirizzare la revisione dello Statuto del contribuente. In questo commento, ci occupiamo dell'obbligo di motivazione degli atti impositivi, che deve essere implementato, dovendo contenere l'indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa erariale e del diritto di interpello, che deve essere razionalizzato, al fine di contenere l'elevato numero di istanze che pervengono quotidianamente all’Agenzia delle entrate.

Lo Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000) costituisce una legge fondamentale del nostro ordinamento tributario. L’articolato normativo, emanato in attuazione di una serie di disposizioni costituzionali (segnatamente, gli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione), contiene i principi generali del sistema e prescrive specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria, quali l’obbligo di chiarezza e di motivazione degli atti tributari.
Si tratta, come è stato osservato, di una “legge-manifesto”, che non si limita a orientare genericamente l’ordinamento tributario, ma che detta anche criteri per il giudice tributario (cfr Cassazione n. 16273/2019), al fine di risolvere dubbi interpretativi, che dovessero emergere su altre disposizioni normative. Nonostante contenga disposizioni di principio rilevanti, lo Statuto del contribuente è una legge ordinaria e, come tale, può essere modificata da una successiva legge ordinaria, purché espressamente e non a opera di leggi speciali, e, come chiarito dalla Consulta, non può essere oggetto di questione di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità (cfr Corte costituzionale, n. 180/2007, e Cassazione n. 4815/2014).

L’Atto Camera 1038-B, licenziato in via definitiva il 4 agosto scorso, stabilisce che il Governo, nell’esercizio della delega, osservi una serie di principi e criteri direttivi per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente, articolato in nove “direttrici”.
Di seguito, poniamo l’attenzione su alcune di queste, partendo dall'obbligo di motivazione e dall'interpello, diritto, quest'ultimo, che ha ricevuto le indicazioni di modifica più profonde dal legislatore della delega.

Obbligo di motivazione
Secondo la lettera a) dell’articolo 4, deve essere rafforzato l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante indicazione delle prove sulle quali si basa la pretesa.
Difatti, l’articolo 7 legge n. 212/2000 dispone che gli atti dell’Amministrazione finanziaria siano motivati in base a quanto prescritto dall’articolo 3 della legge n. 241/1990, ossia con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione del Fisco.

Il riferimento alle “prove” sulle quali si basa la pretesa sembra superare quell’orientamento tradizionale della giurisprudenza di nomofilachia, che, nel distinguere fra motivazione e prova, richiedeva solo la prima come elemento essenziale dell’atto tributario.
In tal senso, infatti, la Corte di cassazione ha chiarito che “la prova dei fatti posti a sostegno della pretesa tributaria non è richiesta come elemento costitutivo dell'avviso di accertamento e la sua mancanza non può incidere sulla validità dell'avviso stesso, in quanto la prova medesima deve essere fornita solo in un momento successivo, in sede processuale, quando a seguito dell'opposizione del contribuente si proceda alla verifica della fondatezza sostanziale della pretesa tributaria”(cfr Cassazione, n. 6727/1995).

Ebbene, l’indicazione contenuta nella delega fiscale pare inserirsi nel solco già tracciato dalla recente riforma del processo tributario, che, all’articolo 7, comma 5-bis Dlgs 546/1992, ha stabilito che l'amministrazione debba “provare” in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato e che il giudice fondi la decisione sugli elementi di prova che emergano nel giudizio. In questo senso, la rinnovata norma del processo tributario dispone per l’Agenzia delle entate l’obbligo di fornire in giudizio le prove dei fatti contestati al contribuente, che potranno, quindi, costituire anch’esse elementi essenziali dell’atto tributario.

Interpello
L’articolo 11 dello Statuto del contribuente prevede il diritto del contribuente di interpellare l'Amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali (comma 1) o per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi (comma 2).

La disciplina dell’interpello, per il legislatore della delega, deve essere razionalizzata al fine di contenere l'elevato numero di interpelli che pervengono all’Agenzia delle entrate.
Nel corso dell’anno 2022, infatti, sono stati più di 17mila le risposte alle istanze di interpello da parte dell’ente, quasi 50 al giorno di media, come esposto dal direttore dell’Agenzia durante la presentazione dei risultati dell’Amministrazione, il 9 marzo scorso alla Camera dei deputati.
Il proposito della delega è, dunque, quello di ridurre il ricorso a tale istituto, riservandone l’ammissibilità solo alle questioni che possiedano davvero un “aliquid novi”, ossia che non siano state già trattate in precedenti documenti interpretativi dell’Amministrazione finanziaria. D’altra parte, viene disposto l’onere per l’Amministrazione di incrementare l'emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale, pure indicanti una casistica delle fattispecie di abuso del diritto, elaborati anche a seguito dell'interlocuzione con gli ordini professionali, con le associazioni di categoria e con gli altri enti esponenziali di interessi collettivi nonché tenendo conto delle proposte pervenute attraverso pubbliche consultazioni.

In sostanza, all’Agenzia delle entrate viene assegnato un ruolo attivo, tendente a proporre al contribuente, già preventivamente, la risoluzione di casistiche applicative concrete. In questo senso, dispone la delega che, per le persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni, l'utilizzazione della procedura di interpello deve essere limitata alle sole ipotesi in cui non è possibile ottenere risposte scritte mediante servizi di interlocuzione rapida, realizzati anche attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale. Ecco, quindi, che le nuove tecnologie e, segnatamente, l’intelligenza artificiale, trend fortemente in via di sviluppo, dovranno permeare fortemente i rapporti tra Fisco e contribuente, conferendo, in sostanza, alle Faq la valenza interpretativa tipica delle risposte a interpello.

Non solo: per razionalizzare la presentazione delle istanze di interpello, viene previsto il versamento di un contributo, da graduare in relazione a diversi fattori, quali la tipologia di contribuente o il valore della questione oggetto dell'istanza, finalizzato al finanziamento della specializzazione e della formazione professionale continua del personale delle agenzie fiscali.

Il diritto di interpello diviene, quindi, a pagamento, proprio al fine di scoraggiare istanze meramente dilatorie o che possano essere prevenute con uno studio più approfondito dei documenti di prassi già esistenti per la fattispecie concreta.

Infine, le Camere delegano il Governo a disciplinare il nuovo istituto della consulenza giuridica, che dovrà essere distinto dall’interpello.
L’istituto della consulenza giuridica che abbiamo conosciuto fino adesso, per vero, era incentrato sull'individuazione del corretto trattamento fiscale di fattispecie riferite a problematiche di carattere generale, prospettate dall’Amministrazione finanziaria, da associazioni o ordini professionali o da altre amministrazioni o enti pubblici. Con la consulenza veniva espresso un parere non vincolante e l’istituto era privo delle potenzialità di deflazione proprie dell’interpello: resta da osservare, adesso, come verrà regolamentato il “nuovo” istituto della consulenza giuridica.
 

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