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Analisi e commenti

Garante del contribuente, i dubbi sul “campo d’azione” per materia

Sulla competenza territoriale l’interpretazione è pacifica: è la stessa dell’ufficio finanziario chiamato in causa

campo da gioco
L’articolo 13 della legge 212/2000 ha istituito il Garante del contribuente presso ogni direzione regionale e provinciale delle Entrate. Lo stesso articolo gli ha attribuito anche alcuni poteri o, per meglio dire, ne ha indicato le modalità d’intervento (sostanzialmente con carattere di stimolo), individuando sempre come soggetti destinatari gli “uffici finanziari”.
 
Dalle disposizioni contenute nel suddetto articolo emergono due elementi fondamentali dell’attività del Garante del contribuente, il suo ambito territoriale e le materie di sua competenza.

Sulla competenza territoriale l’interpretazione è pacifica
Il riferimento alle direzioni regionali o provinciali dell’agenzia delle Entrate, infatti, non può assolutamente apparire come una mera collocazione all’interno della struttura della stessa Agenzia. Per cui, nonostante sia proprio quest’ultima ad assicurare al Garante le risorse necessarie al suo funzionamento, la formulazione del citato articolo 13, specialmente nella parte in cui ne prevede la “piena autonomia”, non lascia alcuno spazio a ipotesi di dipendenza funzionale da un qualunque organo dell’Amministrazione finanziaria, se non quella puramente logistica.
 
Quel riferimento, pertanto, non può che essere inteso come semplice modalità, scelta dal legislatore, per assegnare e delimitare la competenza territoriale, individuando quest’ultima nel territorio nel quale operano le direzioni regionali e provinciali dell’agenzia delle Entrate e, contemporaneamente, le Commissioni tributarie regionali (provinciali per le province autonome di Trento e Bolzano), al cui presidente è assegnata dalla legge la nomina del collegio.
La ricerca dell’ufficio del Garante competente avviene in relazione alla sede dell’ufficio fiscale il cui comportamento viene messo in discussione e non a quella del contribuente che ha presentato l’istanza.
 
Molti dubbi, però, esistono sulla competenza per materia
La generica locuzione adoperata dal legislatore nell’articolo 13 dello Statuto dei diritti del contribuente (uffici finanziari), purtroppo, lascia spazio sia per escludere dalla competenza alcune questioni, sia per includerne altre.
Particolarmente dibattuto è stato, per esempio, il problema della competenza del Garante in materia di tributi locali, specialmente dopo una decisione del Tar della Puglia (sentenza 5477/2004) che, nel caso specifico, aveva escluso la competenza del Garante in quanto la materia del contendere riguardava il “canone occupazione spazi ed aree pubbliche”.
 
Una sentenza che, in verità, potrebbe essere anche condivisa in linea di principio, atteso che la negazione della competenza, nel caso in questione, non coinvolgeva tributi locali veri e propri, bensì un canone con riguardo al quale la natura tributaria è certamente discutibile.
 
Diverso è, invece, il caso di tributi locali (comunali, provinciali o regionali) veri e propri.
 
Non si può dubitare, infatti, della competenza del Garante tutte le volte in cui sussista una delle situazioni previste dal sesto comma dell’articolo 13, o comunque una violazione dello “Statuto” tale da recare pregiudizio al rapporto di fiducia tra Amministrazione finanziaria (in senso lato) e contribuente. In particolare, è impensabile che i Comuni, obbligati dalla legge 212/2000 (articolo 1, comma 4) ad adeguare i propri statuti e atti normativi ai principi dettati dalla medesima legge, debbano essere ritenuti costretti ad attenersi a tutte le disposizioni dello “Statuto” con la sola eccezione dell’articolo 13 (Garante del contribuente).
Una tesi che, comunque, nonostante le passate e rare resistenze, viene ormai assolutamente condivisa da tutti gli enti locali.
 
Resta, in ogni caso, il problema della esatta individuazione, nell’ambito della fiscalità locale, dei prelievi che hanno natura di veri e propri tributi e quelli che, invece, hanno natura di corrispettivo.
Una questione che, prima ancora di riguardare le competenze del Garante, riguarda quelle delle Commissioni tributarie, visto che sono sostanzialmente sovrapponibili.
 
E qui si innesta il dibattito relativo alla esatta individuazione della giurisdizione tributaria, specialmente dopo il suo ampliamento avvenuto con la modifica apportata all’articolo 2 del Dlgs 546/92 dalla legge 241/2005.
La Corte costituzionale, infatti, con le sentenze 64 e 130 del 2008, ha limitato ai soli “tributi” la competenza delle Commissioni tributarie, escludendola in maniera decisa per ogni altro prelievo che non possa essere considerato tale - anche se incluso nella competenza delle Commissioni in forza di legge come la Tia (tariffa igiene ambientale) e la Cosap (Canone occupazione spazi ed aree pubbliche) - e attribuendo conseguentemente la competenza a giudicare su detti prelievi al giudice ordinario.
 
Il problema, allora, diventa quello di stabilire quale prelievo possa essere considerato tributo e quale, invece, corrispettivo o canone.
Per la verità, già nel 1982, la stessa Corte costituzionale aveva fornito gli elementi che caratterizzano i tributi, individuandoli, essenzialmente, nella obbligatorietà della contribuzione destinata a un ente pubblico, nonché nel fine di tale prelievo, che deve essere esclusivamente quello dell’approvvigionamento delle risorse necessarie per il soddisfacimento dei bisogni pubblici.
 
La Corte di cassazione, però, con diverse sentenze ha tentato di ampliare il concetto di tributo, sostanzialmente prescindendo dalle intrinseche caratteristiche del prelievo, assumendo invece come elemento distintivo la caratterizzazione formale datagli dalla legge. Ciò ha provocato l’intervento della Corte costituzionale che, con una delle due citate sentenze del 2008, ha attribuito al giudice ordinario la competenza a giudicare in materia di Cosap, nonostante la Cassazione avesse ritenuto esistenti in tale canone le stesse caratteristiche della Tosap (tassa occupazione spazi ed aree pubbliche).
 
Secondo la Consulta, peraltro, l’attribuzione, anche per legge, di prelievi non aventi natura tributaria costituirebbe una violazione dell’articolo 102 della Costituzione in quanto, di fatto, rappresenterebbe una surrettizia istituzione di un giudice speciale per questioni devolute, invece, alla giurisdizione ordinaria.
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