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Analisi e commenti

Guadagni e perdite da fair value
fra utile netto e complessivo (2)

Tutte le variazioni, anche quelle prima iscritte solo fra le riserve, finiscono nel conto economico

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Partiamo subito dalla fine. Vediamo, cioè, come si presenta il nuovo Ias 1. Meglio sarebbe dire la sua ultima versione, dal momento che sembra essere ormai in dirittura d’arrivo un altro cambiamento, riguardante le regole di rappresentazione delle voci incluse nel prospetto Oci, Other comprehensive income. Prospetto che è il cuore del cambiamento di rotta effettuato dallo Iasb.
Ma procediamo per gradi.
 
La versione revised dello Ias 1, emessa il 6 settembre 2007, ha prima di tutto cambiato il nome ai tanto amati “stato patrimoniale” e “conto economico”, diventati (anche se poi l’adozione di tali terminologie non è obbligatoria) “prospetto della situazione patrimoniale - finanziaria alla fine dell’esercizio” (statement of financial position as at the end of the period) e “prospetto di conto economico complessivo dell’esercizio” (“statement of comprehensive income for the period”).
Ma soprattutto (sulle altre e conseguenti modifiche ci si tornerà con un successivo articolo), il conto economico complessivo, in uno o due prospetti, ingloba al suo interno anche guadagni e perdite da fair value, prima esclusi dalla performance e rappresentati esclusivamente come riserva di capitale.
 
 
E’ il già enunciato “comprehensive (total) income approach”: tutte le variazioni di patrimonio netto di un esercizio, fatta eccezione per la parte derivante dalle operazioni con soci che agiscono come tali, sono, in senso lato, costi e ricavi e, perciò, debbono essere espresse nel conto economico complessivo.
 
A tale approccio si è tentato di attribuire anche un significato scientifico-economico. Ci torneremo più avanti. La ragione prima del cambiamento è, però, da ricercare – oltre che nell’esigenza di trovare uniformità con gli standard americani (il cui bilancio, pur con molte meno variazioni di fair value rilevanti, segue tale schema) – nella sempre perseguita “utilità dell’informazione”. “… E’ utile aggregare le informazioni del bilancio sulla base di loro caratteristiche comuni. Per esempio, è utile separare tutte le variazioni di patrimonio netto derivanti da operazioni con soci nella loro qualità di soci … da altre variazioni …” (Exposure Draft of Proposed Amendments to IAS 1 Presentation of Financial Statements–A Revised Presentation, paragrafo BC11).
 
Riguardo alla distinzione fra variazioni che confluiscono nel – potremmo dire – profitti e perdite e variazioni raggruppate nel prospetto Other comprehensive income (in sostanza, tutte quelle che i singoli standard escludono o permettono di escludere dal “vecchio” conto economico, aggregandole fra le riserve di patrimonio netto), già è stato fatto cenno alla circostanza per cui – aveva osservato lo stesso Iasb – nessuna indicazione al riguardo arriva dal Framework.
Nella bozza di Ias 1 revised il concetto è ribadito. Argomentando la libertà lasciata ai redattori di presentare il risultato economico complessivo in uno o in due prospetti (frutto di quei compromessi di cui si è detto nel precedente intervento), lo Iasb afferma: “Il Board e il suo predecessore – lo Iasc ndr – hanno richiesto la presentazione di alcuni componenti di reddito al di fuori del conto economico e tale convenzione è profondamente radicata nella pratica corrente”.
 
Fondamentalmente, poi, di questo si tratta: di una convenzione. Perché alla fine, dire che alcune variazioni di fair value sono più o meno realizzate di altre (trovando in ciò la logica alla base della differenziazione di trattamento) è un po’ – ci si passi l’esempio – come confrontare due persone non più in vita, affermando che una è più morta dell’altra.
Comunque, quando saranno approfonditi i vari Ias/Ifrs e analizzate le singole variazioni rilevanti, con il relativo trattamento contabile, tutto sarà più chiaro.
 
Il comprehensive income. Quale significato?
A questo punto un concetto dovrebbe essere stato assorbito: il total income approach è una conseguenza dell’asset-liability approach, che nello sviluppo degli Ias/Ifrs è stato preferito al tradizionale (e continentale) approccio “costi-ricavi”. Tale circostanza, occorre dirlo, rende non immediata la percezione dell’utile (perdita) complessivo come “reddito”.
 
La realtà è che non v’è stato ancora chi è riuscito a produrre una “oggettiva” nozione di reddito.
 
Iasb e Fasb, anche nei lavori di sviluppo di un Framework comune, agganciano la performance messa in risalto dai rispettivi sistemi contabili (a prescindere si ci si trovi di fronte a un clean o a un dirty surplus, con, cioè, le variazioni di fair value immediatamente a conto economico o a riserva di patrimonio) alla nozione di reddito di Hicks. Base concettuale – a loro parere – della legittimazione e della superiorità dell’asset-liability approach.
 
Il problema è che la definizione Hicksiana di reddito (la n. 1), che identifica tale grandezza nella variazione di ricchezza aumentata dei consumi di periodo, presuppone mercati perfetti ed efficienti. E tale “crepa teorica” dell’aggancio operato da Iasb e Fasb, gli stesi economisti l’hanno più volte rimarcata.
 
Economisti che hanno anche evidenziato come la rilevanza della performance messa in evidenza sia percepita in maniera differente, in diverse circostanze e condizioni, dagli utilizzatori del bilancio. Un principio che potrebbe mettere in crisi anche il motore principale che muove il sistema Ias: perseguire l’utilità delle informazioni, finalizzata alle decisioni economiche dei destinatari.
 
In tal senso, risultano rilevanti anche i tanti lavori statistici, sviluppati per cercare di dare risposta alla domanda da un milione di dollari: l’utile complessivo ha una reale capacità predittiva degli andamenti futuri della società? E’ davvero superiore, da tale punto di vista, a quello netto? I risultati delle ricerche non sono tanto incoraggianti.
 
Del resto, tornando a Hicks, lo stesso economista inglese teorizzava come la rilevazione a posteriori del reddito di periodo non avesse rilevanza nel processo decisionale. Delle due l’una: o lo Iasb (come il Fasb) ha sbagliato economista di riferimento, oppure si accetta il fatto che i sistemi contabili, e le rappresentazioni che questi esprimono, sono semplicemente basati su convenzioni.
Così è sempre stato e così sarà anche in futuro.
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