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Analisi e commenti

Inviti da studi di settore. Adesione limita ulteriori accertamenti

Purché le attività non dichiarate non superino il 40% dei ricavi/compensi definiti, con il limite di 50mila euro

Il decreto "anticrisi" (articolo 27, comma 1, lettera b), del Dl 185/2008), nel modificare la disciplina prevista all'articolo 5 del Dlgs 218/1997, ha aggiunto un comma 1-bis, con il quale è stato introdotto l'istituto della adesione ai contenuti e alle motivazioni dell'invito al contraddittorio emesso ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 5 .

Il legame dell'istituto in argomento con la materia degli studi di settore è di tutta evidenza se si considera che l'articolo 10 della legge 146/1998 prevede che gli uffici dell'Amministrazione finanziaria, prima della notifica degli accertamenti basati sugli studi di settore (articolo 62-sexies del Dl 331/1993) debbano sempre invitare il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del Dlgs 218/1997.

A fortiori la circolare 4/2009 ha specificato che "il procedimento finalizzato all'adesione (compresa quella, preventiva, all'invito) trova la sua più idonea applicazione in tutti i casi in cui l'accertamento si basi essenzialmente su prove di natura presuntiva (iuris tantum) o su altri elementi comunque suscettibili di apprezzamento valutativo da parte dell'Ufficio. Situazioni del genere ricorrono, tipicamente, a titolo esemplificativo, nelle seguenti ipotesi: …rettifiche di cui all'art. 38, terzo comma, ed all'art. 39, primo comma, lettera d) del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché di cui all'art. 54, secondo comma del d.P.R. n. 633 del 1972, basate su presunzioni semplici".

Si ricorda, al riguardo, che il comma 3 dell'articolo 62-sexies del Dl 331/1993 prevede che gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d), del Dpr 600/1973, e 54 del Dpr 633/1972, possano essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'articolo 62-bis dello stesso decreto.
Pertanto, a partire dal 1° gennaio 2009, tutti i controlli fondati sulle risultanze di Gerico dovranno avere come atto iniziale la trasmissione al contribuente di un invito a comparire che, rispetto al passato, assieme alle indicazioni dei periodi di imposta suscettibili di accertamento e delle informazioni necessarie al contribuente per recarsi in ufficio per l'espletamento della fase del contraddittorio, dovrà recare anche elementi ulteriori ("le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti in caso di definizione agevolata di cui al comma 1-bis" e "i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi") che consentano al contribuente di valutare l'opportunità di aderire o meno ai contenuti dello stesso.

Fra i noti effetti premiali connessi all'istituto in argomento, l'articolo 10-ter della legge 146/1998 ne ha previsto uno specificatamente rivolto ai soli controlli basati sugli studi di settore.
È stato, infatti, previsto che "in caso di adesione ai sensi dell'articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ai contenuti degli inviti di cui al comma 3-bis dell'articolo 10, relativi ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi, gli ulteriori accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuati qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 % dei ricavi o compensi definiti. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione, per attività, ricavi o compensi si intendono quelli indicati al comma 4, lettera a), dell'articolo 10".
E' pertanto preclusa l'ulteriore attività di accertamento basata su presunzioni semplici purché l'ammontare delle attività non dichiarate sia inferiore o uguale al 40% dei ricavi o compensi definiti con il limite di 50mila euro, laddove per ricavi o compensi si intendono quelli previsti dall'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d), ed e), e dall'articolo 54, comma 1, del Tuir, se gli inviti sono stati emessi sulla base delle risultanze degli studi di settore.

È utile sottolineare che, come accennato, l'istituto dell'adesione agli inviti al contraddittorio è entrato in vigore dal 1° gennaio 2009, mentre i limiti alla potestà accertativa dell'Amministrazione finanziaria di cui all'articolo 10-ter operano solo per inviti relativi a periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Considerazioni
A parere dello scrivente, la previsione normativa appena richiamata sembrerebbe trarre ragione dal convincimento che i controlli basati sugli studi di settore godano di una attendibilità superiore rispetto ad altre forme di controllo definibili in sede di invito al contraddittorio ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 5 del Dlgs 218/1997.
Tale convincimento nasce dalla constatazione che il legislatore ha voluto prevedere un limite alla possibilità di reiterare controlli da articolo 39, primo comma, lettera d, nei confronti di posizioni definite su invito al contraddittorio solo se gli inviti sono basati sulle risultanze degli studi di settore.
La logica potrebbe essere la seguente: tanto è convincente la pretesa tributaria rideterminata sulla base degli studi di settore che per tornare ad accertare posizioni che si sono allineate alle risultanze degli studi occorre che si verifichino determinate condizioni previste per legge.
In tutti gli altri casi è, invece, possibile accertare posizioni già definite su invito senza il rispetto di particolari condizioni.

Ove ci si limiti a leggere la norma contenuta nell'articolo 10-ter come un mero "incentivo" ad aderire per coloro che ricevono un invito al contraddittorio, non si riuscirebbe a spiegare perché un limite alla reiterabilità dell'azione accertativa sia stato previsto solo con riferimento agli studi di settore.
Il medesimo ragionamento potrebbe essere usato per spiegare perché vengano posti gli stessi limiti anche per andare ad accertare un soggetto che in dichiarazione abbia denunciato ricavi o compensi in linea con le risultanze di Gerico.
Infatti:
  • nel caso delle adesioni ai contenuti dell'invito basato sugli studi, gli ulteriori accertamenti da articolo 39, primo comma, lettera d, "non possono essere effettuati qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 % dei ricavi o compensi definiti"
  • nel caso di contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, l'articolo 4-bis della legge 146/1998 prevede che "le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate … qualora l'ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati".


Ulteriore elemento a suffragio dell'ipotesi interpretativa qui fornita deriverebbe dalla previsione di cui al comma 2 dell'articolo 10-ter.
Tale norma ha previsto che il limite innanzi analizzato si applichi a condizione che non siano irrogabili, per l'annualità oggetto dell'invito di cui al comma precedente, le sanzioni di cui ai commi 2-bis e 4-bis, rispettivamente degli articoli 1 e 5 del Dlgs 471/1997, nonché al comma 2-bis dell'articolo 32 del Dlgs 446/1997.
In pratica, la preclusione accertativa non scatta nel caso in cui per le annualità oggetto dell'invito a comparire sussistano i presupposti per l'irrogazione delle sanzioni relative all'omessa o infedele dichiarazione dei dati previsti nei "modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore" ovvero nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore che si rivelino essere non sussistenti.
Ciò, evidentemente, perché la ricostruzione basata sugli studi di settore è rappresentativa della realtà del contribuente e quindi credibile nella misura in cui i dati dichiarati su cui la ricostruzione stessa si basa sono veritieri.

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