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Analisi e commenti

L’adesione alla voluntary disclosure
non prevede rimborso dell’"Euroritenuta"

La normativa in materia e la giurisprudenza di merito ritengono non proponibili le istanze di quanto dovuto, in quanto queste costituirebbero una forma di impugnazione della procedura di adesione

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E' inammissibile la richiesta di rimborso della cosiddetta "Euroritenuta" da parte di chi ha aderito alla procedura di collaborazione volontaria, in quanto, tra l’altro, il contribuente ha prestato acquiescenza all’atto di liquidazione che gli è stato notificato. E' quanto emerge dalle norme in materia di voluntary disclosure e dalla prevalente giurisprudenza di merito.

Si sta avendo in questo periodo, l'instaurazione di numerose controversie derivanti dalla presentazione di istanze di rimborso della cosiddetta "Euroritenuta" di cui alla direttiva n. 2003/48/Ce.
In particolare, tali istanze vengono presentate dai soggetti che hanno aderito alla procedura di voluntary disclosure, in virtù di una supposta violazione del principio di "doppia imposizione".
In pratica, i soggetti che presentano la predette istanze di rimborso ritengono che, avendo regolarizzato la propria posizione in ordine alle disponibilità finanziarie all'estero, hanno diritto al rimborso dell'Euroritenuta a suo tempo trattenuta dagli istituti bancari.
Nello stesso senso, i soggetti richiedenti il rimborso ritengono che, a seguito della presentazione della voluntary, non sia più applicabile la preclusione di cui all'articolo 165, comma 8, del Tuir.
Il rimborso è però inammissibile, come si evince dalla normativa in materia di voluntary e dalla giurisprudenza di merito.

Natura ed effetti della procedura di collaborazione volontaria
La procedura di collaborazione volontaria è prevista dall’articolo 5-quater del Dl n. 167/1990, introdotto dall’articolo 1 della legge n. 186/2014.
Il predetto articolo 5-quater rinvia alle norme in materia di accertamento con adesione, prevedendo un invito al contraddittorio e l’adesione ai contenuti dell’invito medesimo con un rinvio al Dlgs n. 218/1997.
Inoltre, l’articolo 2, comma 3 del Dlgs n. 218/1997 stabilisce che “l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione, non è integrabile o modificabile da parte dell’ufficio”
Sulla questione si è più volte pronunciata la suprema Corte di cassazione, la quale, da ultimo, ha stabilito che “in tema di imposte sui redditi, poiché avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto esse costituirebbero una surrettizia forma d'impugnazione dell'accertamento in questione che, invece, in conformità alla ratio dell'istituto, deve ritenersi intangibile” (ordinanza n. 13478/2020, nello stesso senso anche l’ordinanza n. 18925/2018 e la sentenza n. 13129/2018).
I principi della Cassazione sono quindi estremamente chiari, per cui, nel momento in cui un tributo viene definito mediante accertamento con adesione, non sono proponibili istanze di rimborso, in quanto costituirebbero una forma di impugnazione dell’adesione medesima.
Ciò in quanto l’adesione è intangibile e quindi eventuali richieste di rimborso rimetterebbero in discussione l’adesione stessa.
Considerato quindi che la procedura di voluntary è totalmente assimilabile ad una procedura di accertamento con adesione, ne consegue che non è possibile presentare un’istanza di rimborso.

Orientamenti maggioritari della giurisprudenza di merito
Anche l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito è nel senso dell'inammissibilità della richiesta di rimborso.
Bisogna fare riferimento, in particolare, alle seguenti pronunce:

  • Sentenze Ctr Lombardia 22 luglio 2020 n. 1690, 11 febbraio 2020 n. 209, 29 ottobre 2019 n. 4260 e 3 ottobre 2019 n. 3786
  • Sentenze Ctp Milano 7 febbraio 2020 n. 421 e 29 novembre 2018 n. 5236
  • Sentenza Ctp Brescia 14 giugno 2018 n. 358
  • Sentenza Ctp Como 26 febbraio 2018 n. 33
  • Sentenza Ctp Mantova 17 gennaio 2018 n. 12.

In particolare, le predette pronunce hanno stabilito che:

  • Si intende dire che il contribuente ha perfezionato la procedura di definizione agevolata versando quanto liquidato dall'Ufficio con la consapevolezza di aver ottenuto un trattamento sanzionatorio di favore a seguito del rimpatrio dei capitali all'estero e di non avere ottenuto lo scomputo dell'euroritenuta. In altri termini, il contribuente ha prestato acquiescenza con un'adesione integrale all'atto di liquidazione notificatogli” (Sentenza Ctr Lombardia 22 luglio 2020 n. 1690)
  • Corretto quindi l'operato dell'Ufficio, che non ha fatto altro che applicare il comma 8 dell'art. 165, il quale prevede in maniera diretta e non interpretabile - e men che meno estensibile ad una norma agevolatrice, quale è la Voluntary Disclosure - che il riconoscimento del credito d'imposta, ovvero del rimborso, non è possibile laddove il contribuente abbia omesso la dichiarazione od il reddito dal quale il credito stesso discende” (sentenza Ctr Lombardia 29 ottobre 2019 n. 4260)
  • una volta perfezionata la procedura di V.D. con il pagamento dell'imposta liquidata dall'Ufficio non vi è possibilità, né per il contribuente di impugnare, né per l'Ufficio di modificare le risultanze di detta procedura. […] Ne consegue che il pagamento dell'imposta liquidata a conclusione della procedura di V.D. debba ritenersi effettuato a titolo definitivo (art. 2 D.Lgs. n. 218 del 2017). Con l'ulteriore considerazione che, avendo la contribuente perfezionato la procedura malgrado il mancato riconoscimento del credito d'imposta riveniente dall'Euroritenuta, ha di fatto (anche se implicitamente) manifestato acquiescenza. In sostanza, il mancato riconoscimento è stato parte dell'accordo.” (sentenza Ctp Milano del 7 febbraio 2020 n. 421).

Le Commissioni di merito citate hanno quindi stabilito degli importanti principi, in base ai quali:

  • il contribuente, aderendo alla procedura di collaborazione volontaria ha prestato acquiescenza all’atto di liquidazione che gli è stato notificato. Ciò comporta l’inammissibilità di una successiva richiesta di rimborso
  • la procedura di voluntary ha la natura di un accertamento con adesione, ragion per cui ad essa si applicano gli stessi principi
  • la ritenuta, ai sensi dell’articolo 165, comma 8 del Tuir, può essere fatta valere solo dai contribuenti che hanno presentato la dichiarazione
  • la procedura di voluntary è non altro che un “pacchetto fiscale” che lo Stato ha messo a disposizione dei contribuenti che volevano regolarizzare delle proprie irregolarità fiscali, per cui lo stesso ha tenuto conto anche dell’Euroritenuta
  • il contribuente ha aderito volontariamente alla procedura di collaborazione volontaria, per cui, nel versare quanto liquidato dall’Ufficio, era consapevole di non aver ottenuto lo scomputo dell’Euroritenuta
  • una volta perfezionata la procedura di voluntary, non è possibile modificare i risultati della procedura. Quanto detto risulta valido sia per il contribuente che per l’Amministrazione finanziaria
  • il pagamento della voluntary ha il valore di una ammissione della correttezza dell’operato dell’Ufficio.

Per quanto evidenziato, quindi, non sono ammissibili le richieste di rimborso della "Euroritenuta" di cui alla direttiva n. 2003/48/Ce, presentate dai soggetti che hanno aderito alla procedura di voluntary disclosure di cui all’articolo 5-quater del Dl n. 167/1990, introdotto dall’articolo 1 della legge n. 186/2014.

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