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Analisi e commenti

Legge di bilancio 2: più facile
diventare e rimanere forfetario

Sale a 85mila euro il limite di ricavi/compensi che costituisce uno dei requisiti di accesso e permanenza nel regime riservato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni

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Oltre all’ampliamento della platea di contribuenti ammessi alla tassazione sostitutiva con aliquota del 15% (ridotta al 5% nel primo quinquennio), è stata introdotta la regola secondo la quale, superando i 100mila euro di ricavi/compensi, si fuoriesce dal regime immediatamente, nello stesso anno in cui quella soglia viene superata, senza aspettare il successivo periodo d’imposta, come era invece previsto precedentemente (articolo 1, comma 54, legge 197/2022).

Nuova soglia a 85mila euro
La legge di bilancio 2023, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre scorso (Supplemento ordinario n. 43), interviene sulla disciplina del regime forfetario per i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, introdotta dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 190/2014).
Più in particolare, modifica uno dei requisiti di accesso e permanenza, quello relativo al limite di ricavi conseguiti o compensi percepiti nell’anno precedente: tale importo è stato innalzato a 85mila euro, 20mila euro in più rispetto al precedente tetto adottato dalla legge di bilancio 2019 (vedi “Regime forfetario più accogliente: aperto fino a 65mila euro di ricavi”) e rimasto in vigore fino allo scorso anno.
La nuova soglia vale a partire dal periodo d’imposta 2023. Pertanto, quest’anno applicano il regime forfetario i contribuenti che nel 2022 non hanno superato quell’ammontare di ricavi/compensi, tenendo presente che, in caso di esercizio di più attività contraddistinte da codici Ateco differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

L’innalzamento del limite a 85mila euro è subordinato al rilascio di una deroga da parte delle autorità dell’Ue, in quanto la direttiva 2020/285 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto prevede che gli Stati membri possono, sì, ammettere al regime di franchigia Iva (riconosciuto alle piccole imprese) i soggetti con volume di ricavi/compensi non superiore a 85mila euro, ma soltanto a partire dal 1° gennaio 2025. La richiesta – si legge nella relazione illustrativa al Ddl di bilancio – è stata presentata il 4 novembre ed è al vaglio delle competenti autorità europee.

Per completezza, ricordiamo che l’applicazione del regime forfetario, oltre che al rispetto del tetto di ricavi/compensi conseguiti/percepiti nel periodo d’imposta precedente, è subordinata anche alla circostanza che, sempre nell’anno prima, si siano sostenute spese per un importo complessivo non superiore a 20mila euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall’imprenditore o dai suoi familiari.

Per applicare le regole del forfetario non va esercitata alcuna opzione né occorre presentare alcuna comunicazione, preventiva o successiva: si tratta, infatti, del regime “naturale” per chi ne possiede i requisiti. Può avvalersene anche chi intraprende l’esercizio di imprese, arti o professioni, comunicando nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9/12) di presumere la sussistenza dei requisiti.
Viceversa, ne sono esclusi:

  • coloro che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfetari di determinazione del reddito
  • i non residenti, a meno che risiedano in uno degli Stati membri dell’Ue o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicura un adeguato scambio di informazioni e producano in Italia almeno il 75% del reddito complessivamente realizzato
  • i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi
  • gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, contemporaneamente, partecipano a società di persone, associazioni o imprese ovvero controllano direttamente o indirettamente Srl o associazioni in partecipazione che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte individualmente
  • le persone fisiche la cui attività è esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro, esclusi coloro che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni
  • coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l’importo di 30mila euro, tranne nel caso in cui quel rapporto sia cessato e non sia stato percepito un reddito di pensione o un reddito di lavoro dipendente derivante da altro rapporto di lavoro.

I vantaggi in ambito imposte sui redditi
I contribuenti forfetari calcolano il reddito imponibile in maniera semplificata, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti e dei compensi percepiti lo specifico coefficiente di redditività previsto per l’attività esercitata (allegato n. 2 alla legge 145/2018). Dal risultato ottenuto si possono dedurre i soli contributi previdenziali obbligatori, inclusi quelli per i collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico ovvero, se non fiscalmente a carico, se il titolare non ha esercitato il diritto di rivalsa (l’eventuale eccedenza di contributi è deducibile dal reddito complessivo).

L’imponibile netto va tassato al 15%, applicando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionale e comunale e dell’Irap, da versare con le medesime modalità e alle medesime scadenze dell’Irpef, cioè con il modello F24 e suddivisa in due acconti (nello stesso anno d’imposta, a giugno con il codice tributo 1790 e a novembre, con il codice tributo 1791) e un saldo (a giugno dell’anno successivo, con il codice tributo 1792). Nel caso di impresa familiare, l’imposta sostitutiva è applicata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai suoi familiari ed è dovuta dall’imprenditore.

Ancor più vantaggioso il trattamento fiscale per chi avvia un’attività ed è in possesso di altri determinati requisiti. Il reddito, per il periodo d’imposta in cui si inizia l’attività e per i successivi quattro, è assoggettato all’aliquota ridotta del 5%, se:

  • il contribuente non ha esercitato, nei tre anni precedenti, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare
  • l’attività da intraprendere non costituisce, in nessun modo, mera prosecuzione di altra precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso del periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni
  • in caso di prosecuzione di attività svolta in precedenza da altro soggetto, i relativi ricavi e compensi realizzati nel periodo d’imposta precedente non superano la soglia di accesso (ora, 85mila euro).

I ricavi e i compensi dei contribuenti in regime forfetario non devono essere assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta. A tale fine, l’interessato deve produrre a quest’ultimo un’apposita dichiarazione da cui risulta che il reddito cui si riferiscono gli importi percepiti è soggetto a imposta sostitutiva.
A loro volta, i contribuenti forfetari non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte sulle somme che corrispondono, a meno che non si tratti di redditi di lavoro dipendente e assimilati. Devono però indicare, nella dichiarazione dei redditi, il codice fiscale dei soggetti ai quali hanno pagato emolumenti senza effettuare ritenute nonché l’ammontare degli importi erogati.

I vantaggi in ambito Iva
Numerosi gli effetti Iva derivanti dall’adesione al regime forfetario. I contribuenti che vi si trovano, tra l’altro:

  • non addebitano l’imposta sulle operazioni realizzate né detraggono l’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti
  • sono esonerati dalla liquidazione e dal versamento dell’imposta e dalla presentazione della dichiarazione annuale nonché da tutti gli altri obblighi previsti dal Dpr 633/1972, fatta eccezione per quelli di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti
  • per le operazioni in cui risultano debitori di imposta (reverse charge), devono integrare le fatture e versare l’imposta entro il 16 del mese successivo.

Disapplicazione per opzione e cessazione obbligatoria
I contribuenti in possesso dei requisiti per accedere al forfetario possono comunque scegliere di applicare l’Iva e le imposte sui redditi nei modi ordinari. L’opzione deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale (quadro VO) ed è vincolante per un triennio, trascorso il quale resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la sua concreta applicazione.

Per quanto riguarda, invece, la fuoriuscita “obbligatoria” dal regime, fino allo scorso anno, prima dell’intervento operato dalla legge di bilancio 2023, era prevista cessazione a partire dall’anno successivo a quello in cui veniva meno uno dei requisiti di accesso o si verificava una causa di esclusione. Ora, modificato il comma 71, articolo 1 della legge 190/2014, il superamento della soglia di 100mila euro di ricavi/compensi comporta l’immediata uscita dal regime forfetario, con conseguente obbligo di versare l’imposta sul valore aggiunto sin dalle operazioni che determinano il superamento di quel limite; inoltre, il reddito andrà determinato con le modalità ordinarie per l’intera annualità e assoggettato a Irpef e relative addizionali, non più all’imposta sostitutiva.
L’intervento normativo ha l’evidente obiettivo di correggere un effetto distorsivo della vecchia disciplina che, prevedendo la cessazione del regime solo a decorrere dall’anno successivo a quello in cui si verificava lo sforamento del tetto, indirettamente concedeva la possibilità di far confluire in maniera artificiosa nel reddito imponibile dell’ultimo anno di applicazione del forfetario ricavi/compensi di consistenza significativa, assoggettandoli pertanto alla più vantaggiosa imposizione sostitutiva.
La previsione della cessazione del regime dall’anno successivo resta soltanto per chi eccede la nuova soglia degli 85mila euro di ricavi o compensi, ma non va oltre i 100mila euro.
Pertanto, dal 2023, sono tre i possibili scenari:

  • con ricavi/compensi fino a 85mila euro, il regime forfetario è applicabile anche nell’anno successivo
  • con ricavi/compensi superiori a 85mila euro ma non a 100mila euro, il regime forfetario è applicabile nell’anno corrente, ma non nel successivo
  • con ricavi/compensi oltre i 100mila euro, si esce dal regime forfetario in quello stesso anno.

continua
La prima puntata è stata pubblicata venerdì 30 dicembre

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