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Analisi e commenti

L'elusione nelle compravendite di immobili

Cessioni celate dietro altre operazioni fra loro collegate. Un caso concreto

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Nel caso di compravendita di immobile, senza richiesta di specifiche agevolazioni, l'onere fiscale ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, che le controparti devono sostenere, deriva dall'applicazione delle tariffe allegate rispettivamente al Testo unico delle disposizioni riguardanti l'imposta di registro (Dpr 26 aprile 1986, n. 131) e al Testo unico delle disposizioni riguardanti le imposte ipotecaria e catastale (Dlgs 31 ottobre 1990, n. 347).
Può accadere che, per diminuire l'imposizione fiscale complessiva, i soggetti interessati alla compravendita di un immobile, anziché effettuare la cessione diretta dello stesso, pongano in essere diversi negozi, strutturalmente e funzionalmente collegati, in modo da produrre l'effetto giuridico finale della compravendita.

Di seguito si analizza una tipologia di operazione elusiva che risulta frequentemente praticata e che è stata oggetto di un'attenta analisi da parte dell'Amministrazione finanziaria, a conclusione della quale sono state recentemente diramate istruzioni operative agli uffici locali per il recupero delle imposte dovute.
La sequenza si attiva con l'accensione di una passività su un immobile, in genere un mutuo ipotecario, che sarà poi oggetto di conferimento in una società, costituita ad hoc o già esistente. In questo modo il valore del conferimento, e quindi la base imponibile dello stesso ai fini dell'imposta di registro, è costituito dal saldo netto tra il valore dell'immobile e la passività imputata (così come previsto dall'articolo 50, comma 1, del Dpr n. 131 del 1986). Tale riduzione della base imponibile non rileva ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, le cui aliquote continuano ad applicarsi al valore integrale del bene conferito. Segue un calcolo esemplificativo.

Ipotesi di compravendita
Ipotesi di conferimento in società
Valore fabbricato
euro 100.000
Valore conferimento
(fabbricato al netto del mutuo)
euro 20.000
Mutuo ipotecario
euro 80.000
Mutuo ipotecario
euro 80.000


Imposte dovute:

COMPRAVENDITA
CONFERIMENTO IN SOCIETA'
Imp. di registro 7%
euro 7.000,00
Imp. di registro 7%
euro 1.400,00
Imp. ipotecaria 2%
euro 2.000,00
Imp. ipotecaria 2%
euro 2.000,00
Imp. catastale 1%
euro 1.000,00
Imp. catastale 1%
euro 1.000,00
Imp. sost. su mutuo 2%
euro 1.600,00
Imp. sost. mutuo 2%
euro 1.600,00
TOTALE
euro 11.600,00
TOTALE
euro 6.000,00


Il passo successivo consiste nella cessione delle partecipazioni acquisite dal soggetto conferente ai soci della società conferitaria, che realizzano in tal modo i medesimi effetti della compravendita. La registrazione della suddetta cessione avviene con il pagamento della tassa fissa di registro, attualmente pari a 168 euro.
Dall'operazione, così come ipotizzata, consegue dunque un risparmio di imposta di registro pari a 5.432 euro.

Alcune circostanze nelle quali l'operazione viene compiuta risultano particolarmente significative e indiziarie dell'intento elusivo: l'accensione del mutuo precedentemente al conferimento dell'immobile, al fine di ridurne il valore nel conferimento e la relativa tassazione; l'incasso da parte del conferente del ricavato dell'accensione della passività; la cessione dal conferente alla società conferitaria (o meglio ai soci) delle quote di partecipazione, subito dopo l'apporto(1).
Tuttavia, l'indicatore che maggiormente suffraga l'ipotesi elusiva è la tempistica ravvicinata delle varie operazioni, caratteristica che fa presumere la mancanza di valide ragioni economiche degli atti singolarmente considerati.

In merito agli strumenti giuridici che consentono all'Amministrazione finanziaria di contrastare simili comportamenti elusivi, occorre innanzitutto rilevare che il citato Dpr n. 131 del 1986 non contiene una norma come quella dell'articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973, che elenca in maniera puntuale le operazioni ritenute elusive, dirette cioè ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.
Tuttavia, la mancanza di tale elencazione non è di ostacolo allo svolgimento di un'efficace azione antielusiva, potendo quest'ultima trovare una valida giustificazione in base all'articolo 20 del Testo unico del registro, a tenore del quale: "L'imposta è applicata secondo l'intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".

Si tratta di una giustificazione che tiene conto dell'evoluzione normativa che ha subito l'imposta di registro, passata, come rilevato dai giudice della Suprema corte, "dal regime della tassa, avente come oggetto l'atto, quale documento da registrare e avente come contenuto una determinata quantità di denaro da riscuotere come corrispettivo del servizio di registrazione, a quello dell'imposta che ha come oggetto una manifestazione di forza economica e come contenuto una somma commisurata alla capacità contributiva" (sentenza n. 2713 del 4 dicembre 2001, depositata il 25 febbraio 2002).

Tutto ciò implica che la ricerca da parte dell'interprete dei reali effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione non può prescindere dal considerare gli atti successivamente o precedentemente posti in essere fra le medesime parti, qualora dal confronto fra gli stessi emerga un collegamento funzionale e una regolamentazione degli interessi economici diversa da quella dichiarata nei singoli atti(2).

In base a questa interpretazione dell'articolo 20, che privilegia il dato giuridico reale rispetto ai dati formalmente enunciati - anche frazionatamente - in uno o più atti, la Corte di cassazione, in diverse sentenze, ha dato ragione all'Amministrazione finanziaria, affermando che, ai fini dell'imposta di registro, una pluralità di negozi giuridici, strutturalmente e funzionalmente collegati per produrre un unico effetto giuridico finale, devono essere considerati come un fenomeno unitario, anche in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva (cfr sentenze n. 14900 del 23/11/2001, n. 2713 del 25/2/2002, n. 10660 del 7/7/2003)(3).
Alla luce del contesto normativo e giurisprudenziale sopra illustrato, gli uffici sono dunque legittimati a ricercare, nell'imposizione di un atto, la sua causa reale, ricostruendo l'intenzione effettiva delle parti anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali, dalle quali emerga il complessivo disegno elusivo.

E' opportuno rilevare che la fattispecie elusiva in esame non costituisce una novità nell'ambito dell'imposta di registro. Già nel 1994, con la parte 5 della circolare del 30/7/1994, n. 131, la allora direzione centrale Accertamento e Programmazione, nel dare indirizzo all'attività degli uffici del Registro a seguito del Dm 30 dicembre 1993, inseriva tra le tipologie di controllo proprio quella riferita alle cessioni di immobili effettuate mediante conferimento societario.
La stessa tipologia di controllo veniva riconfermata dalla circolare del 2/2/1995 n. 39 nello specificare gli indirizza operativi per l'anno 1995.

Alcune considerazioni possono essere effettuate in riferimento alla natura dell'imposta da recuperare. Come è noto, ai sensi dell'articolo 42 del Dpr n. 131 del 1986, "è principale l'imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall'ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l'imposta applicata successivamente se diretta a correggere errori od omissioni dell'ufficio; è complementare l'imposta applicata in ogni altro caso".

Alla luce di questa distinzione normativa, con riferimento alla casistica in esame, la maggiore imposta da recuperare non può avere natura principale, in quanto non tende a sanare un errore commesso dal contribuente nella registrazione di un atto; neppure può essere considerata suppletiva, dal momento che non ci sono gli estremi per parlare di un errore commesso dall'ufficio in sede di tassazione dell'atto, considerato che l'intento elusivo non si evince dal singolo atto presentato alla registrazione. Non resta dunque che la terza possibilità contemplata dalla norma, in base alla quale l'imposta in esame ha natura complementare. Sicuramente si tratta di un'imposta complementare "residuale" perché differente da quella derivante da rettifica di valore o da revoca di agevolazioni fiscali.
Da questa ipotesi consegue l'applicabilità di tutte le modalità operative proprie dell'imposta complementare, in termini di decadenza dell'azione accertativa, di applicazione degli interessi di mora e di riscossione in pendenza di giudizio.

NOTE:
1) Secondo alcuni autori, lo step finale costituito dalla cessione delle quote non è strettamente necessario ai fini dell'individuazione dell'intento elusivo, risultando a ciò sufficienti la stipula del mutuo ipotecario e il successivo conferimento dell'immobile. Ciò in quanto le passività cui fa riferimento l'articolo 50, comma 1, del Dpr n. 131 del 1986 sono quelle strettamente inerenti i beni conferiti e non quelle appositamente create al fine di abbatterne artificiosamente i valori imponibili.

2) Un'interpretazione restrittiva dell'articolo 20, che esclude il collegamento tra atti diversi (se non espressamente previsto dalla norma) e la possibilità di utilizzare elementi extratestuali nell'attività di interpretazione degli atti, è invece fatta propria dallo Studio notarile n. 95/2003/T, approvato dalla Commissione studi tributari del notariato in data 26 marzo 2004.

3) Per un esame delle fattispecie oggetto delle citate sentenze, si veda l'articolo L'elusione alloggia in hotel in FISCOoggi dell'1/2/2007.


 
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