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Analisi e commenti

L’integrativa fuori tempo massimo non è idonea a curare l’originaria

Sono altri i rimedi per correggere gli errori commessi a proprio sfavore in sede di dichiarazione

Bigben
Nel caso in cui venga notificata una cartella di pagamento con iscrizione a ruolo ex articolo 36-bis del Dpr 600/1973 e/o articolo 54-bis del Dpr 633/1972, che segue un precedente avviso bonario, l’eventuale ricorso avverso tale cartella, dove si eccepisce l’omessa considerazione da parte dell’Amministrazione di una dichiarazione integrativa, presentata oltre il termine prescritto dalla norma, è destinato a non essere accolto.
 
Un caso pratico
Un contribuente contesta una cartella, relativa all’Iva 2005, perché, a suo avviso, l’ufficio non avrebbe tenuto conto della dichiarazione integrativa, presentata nel 2009, con la quale sarebbe stato corretto l’errore esposto nella originaria dichiarazione, in cui era stato esposto un credito Iva inferiore rispetto a quello effettivo.
 
La pretesa del contribuente non è ammissibile.
L’ufficio, infatti, non ha preso in considerazione la dichiarazione integrativa presentata nel 2009 (la cui fondatezza andrebbe comunque poi provata nel merito), perché è la norma a impedirglielo.
L’articolo 2, comma 8-bis, del Dpr 322/1998, afferma infatti che “le dichiarazioni dei redditi, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all'articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo. L'eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Il comma 8 dello stesso articolo, detta, invece, i termini per la presentazione della dichiarazione integrativa nel caso in cui la rettifica sia favorevole al fisco. Solo in tale situazione, infatti, la dichiarazione è integrabile entro il termine per l’accertamento (articolo 43 del Dpr 600/1973).
 
Il contribuente, invece, per correggere a proprio favore la dichiarazione Iva per l’anno 2005, presenta soltanto nel 2009 la propria dichiarazione integrativa, evidentemente in ritardo.
 
Come ricordato anche da recente giurisprudenza di merito (cfr Ctr Lazio, sentenza n. 77/2009), “I principi informatori dell’ordinamento tributario costituiti dalla capacità contributiva, dalla tutela della buona fede e dell’affidamento conducono a ritenere la dichiarazione annuale emendabile attraverso lo strumento della dichiarazione integrativa entro il termine di presentazione di quella relativa al periodo d’imposta successivo ovvero per il tramite della procedura ex art. 38, D.P.R. n. 602/1973 entro il termine di quarantotto mesi, assolvendo ai relativi oneri probatori”.
 
L’agenzia delle Entrate, peraltro, con la risoluzione 459/2008, correggendo la propria linea interpretativa già espressa con la risoluzione 24/2007 (nella quale aveva sostenuto che, per il contribuente, l’unica possibilità di rimediare agli errori commessi consiste nel presentare una dichiarazione integrativa a favore entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e che, trascorso tale termine, il contribuente non poteva in alcun modo recuperare le maggiori imposte versate, nemmeno mediante istanza di rimborso – ex articolo 38, Dpr 602/1973), ha anche riconosciuto la possibilità del contribuente di recuperare le (eventuali) maggiori imposte versate a seguito di errori commessi a proprio sfavore nella compilazione della dichiarazione dei redditi, sia con la presentazione della dichiarazione integrativa, entro il termine prescritto, sia con un’istanza di rimborso (ex articolo 38), nel termine di quattro anni dalla data di versamento.
 
Tali conclusioni ribadiscono del resto quanto già affermato dalla Corte di cassazione in più occasioni.
La Suprema corte ha, infatti, asserito nella sentenza n. 21944/2007 che le dichiarazioni “... sono assoggettate a vincoli di forma e di tempo che inducono ad affermare la loro irretrattabilità. Esse, pertanto, al di fuori delle ipotesi di errori materiali o di calcolo - le quali non richiedono un'espressa rettifica, in quanto desumibili ab intrinseco dalla stessa dichiarazione - possono essere emendate e, in buona sostanza, "sostituite" soltanto entro i termini previsti per una valida dichiarazione”. Mentre, con la sentenza n. 13484/2007, ha precisato che: il rigoroso regime legale che regola il modo e il tempo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi non costituisce argomento decisivo al fine di escludere la ripetibilità di imposte versate in base a una dichiarazione errata, ancorché l’errore non sia immediatamente desumibile dal testo della dichiarazione stessa. Deve, cioè, essere riconosciuta al contribuente (in un sistema improntato ormai ai principi della buona fede e della tutela dell'affidamento – Statuto del contribuente, e avuto riguardo al concetto di capacità contributiva, che costituisce uno dei principi fondamentali della Costituzione in materia tributaria) – la possibilità di far valere ogni tipo di errore commesso in buona fede al momento della dichiarazione, attraverso la procedura disciplinata dall’articolo 38 del Dpr 602/1973.
 
L’agenzia delle Entrate, adeguandosi ai richiamati principi, ha quindi concluso che non è consentito presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore oltre il termine di invio di quella relativa al periodo d’imposta successivo, ma, al tempo stesso, decorso inutilmente tale termine, il contribuente ha comunque la possibilità di recuperare l’eventuale imposta versata in eccesso attraverso un’ordinaria istanza di rimborso. Questa va presentata entro 48 mesi e con l’onere di provare le circostanze che legittimano la richiesta di restituzione delle maggiori imposte versate.
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