Articolo pubblicato su FiscoOggi (https://fiscooggi.it/)

Analisi e commenti

Modello Iva omesso: si consolida
la preclusione a detrarre i crediti

La Cassazione ribadisce come il presupposto essenziale del sistema dell'imposta sul valore aggiunto sia rappresentato dall'assoluta centralità della dichiarazione annuale

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In un precedente intervento ("Diritto alla detrazione nell'ipotesi di omessa dichiarazione", pubblicato su FiscoOggi del 3 febbraio 2006) di analogo contenuto, veniva dato conto del fatto che, all'indomani della pubblicazione delle allora più recenti sentenze (Cassazione 16477/2004 e 17158/2005) in tale ambito, si potesse escludere che il credito Iva, nell'ipotesi di omessa dichiarazione annuale, fosse recuperabile attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo d'imposta successivo. Secondo la citata giurisprudenza di legittimità, il contribuente, al fine di vedersi riconosciuto tale credito, non avrebbe altra scelta se non quella di ricorrere al rimborso. L'intervento in parola si concludeva con l'osservazione che, poiché la legislazione speciale dell'imposta sul valore aggiunto non contiene una specifica disciplina della sua restituzione o del suo rimborso, alla domanda di restituzione del credito - scaturente da omessa dichiarazione - si applica la norma generale residuale prevista dall'articolo 21, comma 2, secondo periodo, del Dlgs 546/1992. Disposizione, questa, contenente un termine decadenziale biennale per la presentazione della domanda di restituzione, il quale non toglie, poi, che, ove si formi il silenzio rifiuto sulla domanda impeditiva della decadenza, inizi a decorrere, dalla data della sua formazione, cioè dalla scadenza del termine di 90 giorni, la prescrizione decennale ex articolo 2946 cc (cfr Cassazione 16477/2004).

L'anno successivo, l'Agenzia delle Entrate emanava prassi (risoluzione 74/2007) secondo la quale, in presenza di un credito Iva emergente da dichiarazione annuale omessa, l'ufficio avrebbe dovuto riconoscere al contribuente, in realtà, entrambi i diritti: non solo quello al rimborso ma anche quello alla detrazione. In altre parole, una volta scaduto il termine entro cui poter esercitare il diritto alla detrazione del credito (ossia con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto), il contribuente ha la possibilità di recuperare il credito Iva solo attraverso il procedimento del rimborso "anomalo" di cui all'articolo 21 del decreto 546/1992 sul processo tributario. Diritto alla detrazione che deve essere, comunque, subordinato all'accertamento induttivo dell'esistenza del credito relativo all'anno per il quale la dichiarazione Iva risulta omessa, a norma dell'articolo 55 del Dpr 633/1972.

Un anno dopo, vi era un ulteriore apporto ("Credito Iva, il limbo non dura in eterno", su FiscoOggi dell'8 aprile 2008) che, nel solco di quelli precedenti, relazionava in ordine alla pubblicazione di un'altra sentenza di legittimità (Cassazione 433/2008), identicamente conforme a quelle finora citate, secondo cui il contribuente che vanti un credito Iva, nel caso in cui ometta di presentare la dichiarazione, non può riportare in detrazione tale eccedenza nell'anno di imposta successivo, ma può solamente richiederne il rimborso ai sensi dell'articolo 30 del Dpr 633/1972, anche se con applicazione, in relazione al termine per la presentazione della domanda di rimborso, dell'articolo 21 del Dlgs 546/1992 o dell'articolo 2946 del codice civile concernente la prescrizione ordinaria.

L'interrogativo che scaturisce spontaneo è perché, nonostante la Corte suprema ritenga che nel sistema Iva vi sia una continuità che conferma l'indefettibilità della dichiarazione per il riconoscimento di un qualunque effetto favorevole al contribuente (cfr Cassazione 17158/2005), con esplicita preclusione, in caso di omissione della dichiarazione, del diritto alla detrazione del credito, l'Amministrazione finanziaria ritenga, all'opposto, tale diritto applicabile. L'assenza di contrasto tra la costante posizione giurisdizionale e quella amministrativa è spiegata dalla stessa Agenzia delle Entrate a seguito della vigenza, ratione temporis, di due disposizioni aventi a oggetto la presentazione della dichiarazione annuale Iva.

In origine, a regolare la presentazione della dichiarazione Iva, vi era l'articolo 28 del Dpr 633/1972 (abrogato dall'articolo 9, comma 9, del Dpr 322/1998, dal 22 settembre 1998), contenente l'esplicita decadenza del diritto alla detrazione del credito se non esercitato entro il mese di competenza o, al più tardi, in sede di dichiarazione annuale. Perciò, fino a quella data, il contribuente, omessa la dichiarazione annuale ed essendogli così interdetto il diritto alla detrazione, poteva ottenere il recupero del suo credito Iva unicamente attraverso il procedimento di rimborso, di cui all'articolo. 21 dl Dlgs 546/1992, entro il termine decadenziale di due anni.

Successivamente, una volta entrato in vigore il Dpr 322/1998, e in conseguenza di ciò abrogato l'articolo del Dpr 633/1972 e, pertanto, venuta meno l'esplicita decadenza del diritto alla detrazione poc'anzi evidenziata, sono da prendersi in considerazione le nuove scadenze entro cui può essere esercitato il diritto alla detrazione come stabilite dal combinato disposto degli articoli 8, comma 3 ("Le detrazioni sono esercitate entro il termine stabilito dall'articolo 19, comma 1, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633"), del Dpr 322/1998 e 19, comma 1 ("Il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l'imposta diviene esigibile e può essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo"), del Dpr 633/1972.

Per questo motivo, quindi, non vi sarebbe contrasto fra la tesi sostenuta nella risoluzione 74/2007 e il principio di diritto più volte sostenuto dalla Corte suprema (la prassi si richiama espressamente alla sentenza 16477/2004 vertente sugli anni d'imposta 1985 e 1986, ma analogo discorso varrebbe per la sentenza 433/2008 vertente sull'anno d'imposta 1992; infatti, in tali anni d'imposta era vigente l'articolo 28 del decreto Iva), in quanto quest'ultimo principio, ratione temporis, varrebbe solo in vigenza dell'articolo 28 del Dpr 633/1973. Diversamente, a decorrere dal 22 settembre 1998, momento di abrogazione dell'articolo 28 del decreto Iva, l'esplicita decadenza del diritto alla detrazione del credito Iva nel caso di dichiarazione omessa è stata sostituita dalla previsione del diritto alla detrazione sempre che il contribuente lo eserciti, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto.

In realtà, in due recentissime sentenze (nn. 11737 e 19326 del 2011), la Cassazione continua a ribadire, per costante e consolidato orientamento giurisprudenziale (oltre a tutte quelle già menzionate cfr anche 7172/2009), come il presupposto essenziale del sistema dell'Iva sia rappresentato dall'assoluta centralità della dichiarazione annuale. In particolare, è proprio la più recente delle due sentenze (19326/2011) a essere rilevante in quanto, se ha continuato a pronunciarsi ancora una volta a favore, in ipotesi di omissione della dichiarazione annuale, della decadenza del diritto alla detrazione del credito Iva, lo ha fatto nonostante la lamentata violazione e falsa applicazione di norme di diritto riguardi gli articoli 8, comma 3, Dpr 322/1998, e 19, comma 1, del Dpr 633/1972 e non più l'articolo 28 del Dpr 633/1972.
Andando a esaminare in concreto la sentenza da ultimo citata (già oggetto di un "avviso ai litiganti" dal titolo "Iva, con dichiarazione assente compensazione fuori luogo", su FiscoOggi del 5 ottobre 2011), di seguito è riportata la sua genesi e il principio di diritto da essa enunciato.

Una Srl impugnava una cartella di pagamento recante l'iscrizione a ruolo per Irpeg, Irap, Iva e sanzioni, a seguito di controllo automatizzato del modello Unico. A seguito di tale controllo era emerso che la società aveva presentato la dichiarazione relativa all'anno di imposta 1999 soltanto nel 2004. La Ctp adita ha accolto in parte il ricorso della società, ha confermato il recupero d'imposta, ma ha annullato le sanzioni. La Ctr ha accolto l'appello della società e ha annullato totalmente la cartella impugnata, sul rilievo che non si verifica decadenza dal diritto alla compensazione dei crediti di imposta, per omessa o intempestiva presentazione della dichiarazione, se comunque "la detrazione sia stata regolarmente operata nel mese di competenza".
Per completezza d'esposizione, si segnala che la vicenda processuale è caratterizzata da una peculiarità in quanto la società ha promosso due diverse azioni, sebbene con tempi sfalsati, delle quali una diretta ad annullare la cartella esattoriale come specificato nel paragrafo che precede, l'altra tesa al recupero del credito di imposta attraverso l'impugnazione del silenzio rifiuto al suo rimborso. L'anomalia della vicenda in esame, per la cui analisi si rimanda inevitabilmente alla lettura integrale della sentenza, nasce da una errata gestione del doppio canale processuale, in quanto il secondo processo avrebbe dovuto essere sospeso dai Giudici tributari ai sensi dell'articolo 395 cpc in attesa del compimento del primo.

Riuniti i due ricorsi e richiamandosi alla giurisprudenza della Corte suprema (Cassazione 16477/2004, 433/2008, 7172/2009), il Collegio ritiene che l'omessa presentazione della dichiarazione annuale escluda, per il contribuente, la possibilità di recuperare il credito maturato nel relativo periodo di imposta (nella specie il 1999, anno in cui era vigente il Dpr 322/1988), attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo d'imposta successivo (nella specie, il 2000). La stessa giurisprudenza riconosce, in tal caso, che il contribuente può soltanto esercitare il diritto al rimborso, ricorrendone i presupposti.
Il principio di diritto affermato porta alla necessaria conclusione che legittimamente l'ufficio ha proceduto a iscrizione a ruolo ai sensi del Dpr 600/1973, articolo 36-bis.

Rebus sic stantibus, il quesito da risolvere è perché la Cassazione, nonostante l'innegabile interpretazione testuale derivabile dal combinato disposto degli articoli 8, comma 3, Dpr 322/1998, e 19, comma 1, Dpr 633/1972 utilizzata dalla citata prassi amministrativa (aprile 2007), continui comunque a escludere la possibilità di recuperare il credito, maturato in un periodo di imposta caratterizzato dall'omissione della dichiarazione dei redditi, attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo d'imposta successivo. Per fare ciò, è necessario individuare quale sia l'iter logico giuridico, posto alla base del costante orientamento della Corte, nel senso che la dichiarazione annuale costituisce l'unico strumento imprescindibile per riconoscere al contribuente il diritto alla detrazione dell'imposta.

Il riscontro a tale quesito è rinvenibile a chiare lettere là dove i Giudici (cfr in primis Cassazione 11737/2011) rilevano che la dichiarazione annuale ha, tra le altre funzioni, quella di rappresentare la liquidazione definitiva del debito o del credito all'Amministrazione, la quale è - in tal modo - messa in condizione di esercitare gli opportuni controlli, sicché la sua mancata presentazione legittima senz'altro l'ufficio a procedere all'accertamento induttivo "dell'imposta dovuta indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità" (Dpr 633/1972, articolo 55). Di fatti, esaminando a ritroso i dictum finora citati, si evidenzia come il trait d'union che li collegherebbe senza soluzione di continuità risulta essere proprio l'articolo del decreto Iva da ultimo citato, avente a oggetto l'accertamento induttivo.
Ad esempio, secondo la sentenza 16477/2004, dalla formulazione dell'articolo 55 si ricava inequivocabilmente che la facoltà di optare tra le due modalità di ripetizione (detrazione e rimborso) si riduce al solo diritto potestativo di richiedere il rimborso. Infatti, l'articolo 55 regola gli effetti della mancata presentazione della dichiarazione, attribuendo all'ufficio il potere di procedere in ogni caso all'accertamento induttivo dell'imposta, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità, e imponendo in tale sede che la determinazione dell'imposta sia effettuata anche attraverso il computo in detrazione dei versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e delle imposte detraibili ex articolo 19, risultanti dalle dichiarazioni mensili o trimestrali.

Questa esplicita regolamentazione dell'azione amministrativa nell'ipotesi di omessa dichiarazione annuale dell'Iva esclude implicitamente che il credito Iva relativo a un periodo di imposta privo di dichiarazione annuale possa essere recuperato attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successiva (Cassazione 8083/1998) e lascia al contribuente la praticabilità del solo altro corno del dilemma facoltativo costituito dalla richiesta di rimborso.
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