Orbene, prima di analizzare analiticamente il contenuto della nuova disposizione, appare necessario un inquadramento sistematico della stessa.
A tal proposito, si ricordi che, con l’adozione dei decreti legislativi nn. 180 e 181 del 16 novembre 2015, è stata data attuazione nell’ordinamento interno alla direttiva 2014/59/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014 (Banking Resolution and Recovery Directive, “Brrd”), la quale istituisce un regime armonizzato nell’ambito dell’Unione europea in tema di prevenzione e gestione delle crisi delle banche e delle imprese d’investimento.
La ratio di fondo della direttiva è ridurre al minimo l’impatto sui bilanci pubblici degli interventi necessari al salvataggio delle banche in crisi (bail-out), affidando la copertura delle perdite in primo luogo agli azionisti, agli obbligazionisti e ai creditori delle banche stesse (bail-in).
In particolare, il Dlgs 180/2015 disciplina:
- la predisposizione di piani di risoluzione delle crisi bancarie
- l’avvio e la chiusura delle procedure di risoluzione
- l’adozione delle misure di risoluzione
- la gestione della crisi di gruppi cross-border
- i poteri e le funzioni dell’Autorità nazionale di risoluzione
- il fondo di risoluzione nazionale.
In base alla nuova normativa, le misure di risoluzione a disposizione della Banca d’Italia, quale Autorità nazionale di risoluzione, sono le seguenti:
- la cessione dei beni e dei rapporti giuridici dell’ente sottoposto a risoluzione a un soggetto terzo a condizioni di mercato
- il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività dell’ente sottoposto a risoluzione a un ente-ponte (bridge bank), costituito e gestito dalle autorità nazionali di risoluzione per proseguire le funzioni più importanti della banca in crisi, in vista di una successiva vendita sul mercato
- il trasferimento delle attività deteriorate dell’ente sottoposto a risoluzione a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli
- il bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali.
Il capitale dell’ente-ponte è interamente o parzialmente detenuto dal fondo di risoluzione o da autorità pubbliche. La Banca d'Italia approva l'atto costitutivo e lo statuto dell’ente-ponte, la strategia e il profilo di rischio nonché la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, l'attribuzione di deleghe e le remunerazioni; stabilisce, inoltre, ove necessario, restrizioni all'attività dell'ente-ponte, per assicurare il rispetto della disciplina degli aiuti di Stato.
L’articolo 43 disciplina oggetto, modalità, effetti della cessione all'ente-ponte di azioni, partecipazioni, attività e passività dell'ente sottoposto a risoluzione.
Infine, l’articolo 44 disciplina la cessazione dell’attività dell’ente-ponte.
Ciò premesso, l’articolo 15 del Dl 18/2016 disciplina il regime fiscale della cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente-ponte.
A tal proposito, il comma 1 dell’articolo 15 stabilisce che “la cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente ponte, di cui all'articolo 43, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive. I beni ricevuti dall'ente ponte sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all'ente cedente”.
Ne consegue che:
- per l’ente sottoposto a risoluzione, la cessione non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini Ires e Irap
- per l’ente-ponte, invece, i beni ricevuti sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all’ente cedente.
Il subentro riguarda altresì:
- la deduzione o la tassazione dei componenti di reddito dell’ente sottoposto a risoluzione già imputati a conto economico e non ancora dedotti o tassati dallo stesso alla data della cessione
- le deduzioni derivanti da opzioni di riallineamento dell’avviamento e di altre attività immateriali esercitate dall’ente sottoposto a risoluzione.
Si ricordi che la disciplina del riporto delle perdite è dettata dall’articolo 84 del Tuir, il cui primo periodo stabilisce, in termini generali, che “la perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare”.
2 – continua.
La prima puntata è stata pubblicata venerdì 15 aprile