Uno o tanti, fisso o proporzionale:
è il Registro degli atti plurimi
Breve excursus della prassi amministrativa in materia di applicazione dell’imposta, condizionata dalle peculiarità soggettivistiche e contenutistiche del singolo documento

Il problema principale, sul quale ci si è interrogati, riguarda la sussistenza della connessione tra le diverse disposizioni, e se queste debbano essere o meno assoggettate a imposizione autonoma.
La risoluzione 254/E del 2002, in tema di espropri, ricordava che, se questi prevedono distinti trasferimenti immobiliari, in capo a soggetti diversi, sono da qualificare come “atti plurimi”, in quanto, pur costituendo formalmente un solo provvedimento, contengono più disposizioni negoziali che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, poiché si riferiscono a soggetti e oggetti espropriati distinti e autonomi. Pertanto, a essi vanno applicate tante imposte fisse quanti sono i trasferimenti realizzati.
Per quanto concerne, invece, la clausola penale apposta a un contratto di appalto commissionato dallo Stato, per il puntuale adempimento dei lavori, la risoluzione 91/E del 2004 giunge alla conclusione che la suddetta clausola è strettamente connessa al contratto di appalto in quanto prevista dalla legge, quindi, in base a quanto disposto dall’articolo 23, l’atto sconta l’imposta di registro relativamente alla disposizione più onerosa. In particolare, nel caso concreto, l’imposta da applicare dovrebbe riguardare la clausola penale, in quanto, l’aliquota è dovuta nella misura del 3%, ma, essendo questa sottoposta a una condizione sospensiva, l’atto va registrato con la sola corresponsione dell’imposta di registro nella misura fissa.
Altra questione affrontata è quella della redistribuzione di aree tra colottizanti. In merito a questi atti, la risoluzione 156/E del 2004 si è espressa precisando che, anche se funzionalmente collegati alla causa complessiva dell’operazione, sono soggetti ognuno ad autonoma tassazione, in quanto ciascuno è riconducibile a un proprio schema causale, ovvero il trasferimento della proprietà.
Passando, invece, agli atti societari, la risoluzione 225/E del 2008 ha ribadito che le cessioni di più quote sociali da parte di più alienanti, benché per motivi di tecnica redazionale dell’atto di trasferimento siano contenute in un unico documento, conservano una propria e autonoma rilevanza giuridica, in quanto si tratta di distinte disposizioni negoziali non necessariamente derivanti le une dalle altre. Ne consegue che ognuna di esse rileva, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, del Tur, autonomamente ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro.
Un’altra ipotesi dibattuta è stata l’autonoma tassazione delle pertinenze soggette a Iva. La circolare 10/E del 2010 ha precisato che la cessione di più pertinenze rientrati nel campo di applicazione dell’Iva sconta l’imposta di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 168 euro una sola volta, a prescindere dal numero di pertinenze cedute.
Infine, la circolare 44/E del 2011 ha dipanato alcune questioni importanti che negli anni avevano creato molteplici dubbi interpretativi, ovvero è intervenuta precisando che il conferimento con lo stesso atto di più procure comporta l’esazione dell’imposta di registro nella misura fissa di euro 168 indipendentemente dal numero di procure conferite. Stesso ragionamento deve essere applicato agli atti di rinuncia all’eredità non configurando un’autonoma capacità contributiva.
Diversamente, nel caso in cui la rinuncia sia preceduta da accettazione espressa o tacita ovvero venga effettuata sotto forma di donazione, vendita o cessione dei diritti di successione o venga fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, determinando un simile atto l’accettazione dell’eredità e il successivo trasferimento degli elementi attivi e passivi che la compongono, troverà applicazione la tassazione proporzionale riservata agli atti che hanno contenuto patrimoniale.
Ultima questione affrontata dalla suddetta circolare è quella relativa alle modifiche statutarie. In merito a questo punto, precisa che la disciplina di cui all’articolo 21, comma 1, del Tur, troverà applicazione solo in relazione agli atti aventi contenuto patrimoniale, comportando l’applicazione di tante imposte fisse quante sono le modifiche statutarie contenute nel verbale. Se, invece, le disposizioni contenute nel verbale assembleare non rivestono un contenuto economico, non può essere integrato un indice di capacità contributiva e, pertanto, l’imposta deve essere corrisposta una sola volta, in misura fissa, per la formalità di registrazione dell’atto.
In caso di verbale che racchiuda sia una disposizione di contenuto patrimoniale sia un’altra priva di tale requisito, l’imposta deve essere corrisposta solo con riferimento alla disposizione che esprime una manifestazione di capacità contributiva.