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Analisi e commenti

La prova della non imponibilità Iva nelle cessioni intracomunitarie

C'è recupero dell'imposta, se non viene dimostrato il trasferimento della merce fuori dal territorio nazionale

Laddove dall'esame delle cessioni comunitarie non emerga la prova del trasporto o comunque della consegna della merce al cliente comunitario formalmente destinatario della merce, l'ufficio potrà provvedere a quantificare il volume delle cessioni fatturate, ritenendole prive dei requisiti della non imponibilità Iva ex articolo 41 del Dl 331/1993.

Come infatti recentemente affermato dalla sentenza n. 31 del 14 aprile 2010 della Ctr di Venezia, "compete al contribuente (cedente) l'onere di dimostrare - nei confronti dei rilievi mossi dall'Amministrazione Finanziaria … l'effettività dei rapporti commerciali intracomunitari …".
Nel caso all'esame del giudice di secondo grado, i verbalizzanti avevano dunque rilevato che la società aveva indebitamente applicato il regime di non imponibilità Iva di cui all'articolo 41 del Dl 31/1993 ad alcune cessioni intracomunitarie, effettuate negli anni dal 2002 al 2005.
Dai fatti e dalle circostanze emersi durante il controllo, era risultato che la società verificata non era stata in grado di esibire alcun documento comprovante il trasferimento fisico della merce fuori dal territorio nazionale, come ad esempio le lettere di vettura internazionale (Cmr) controfirmate dalla ditta acquirente.

In base a questi elementi e mancando la prova del trasferimento fisico della merce fuori dal territorio nazionale ad altro soggetto Iva comunitario, la Ctp, secondo i giudici di secondo grado, avrebbe quindi dovuto concludere che le cessioni non potevano essere fatturate con il titolo di non imponibilità, e che, conseguentemente, in capo alla cedente andava recuperata l'Iva, all'aliquota propria dei beni ceduti, trattandosi, per presunzione di legge, di cessioni effettuate nel territorio dello Stato, a norma dell'articolo 7 del Dpr 633/1972.

Sul punto, peraltro, il contribuente lamentava che la prova della quale nell'avviso di accertamento si era ravvisata la mancanza era una vera e propria probatio diabolica, dal momento che il cedente non avrebbe avuto alcun potere di verificare la destinazione della merce, una volta che questa era stata ceduta.
Osservava a tal proposito il Collegio che, nel sistema delineato dall'articolo 41 del D 331/1993, le operazioni configurabili quali cessioni intracomunitarie devono presentare, oltre a un requisito soggettivo, un requisito oggettivo, costituito appunto dalla cessione del bene a titolo oneroso e l'ulteriore requisito della territorialità, in base al quale i beni devono essere trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro.

Come già espresso dalla Suprema corte (vedi Cassazione 3603/2009), l'onere di provare l'esistenza dello scambio intracomunitario è peraltro, in tali casi, sicuramente a carico del contribuente, anche in ragione del principio generale secondo il quale l'onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto, che legittimano la deroga al normale regime impositivo, è sempre a carico di chi invoca detta deroga.
Sicché, in presenza della disciplina che prevede in via ordinaria l'assoggettamento a Iva delle cessioni, incombe sul soggetto che intenda fruire del regime di non imponibilità, previsto per la cessione intracomunitaria, la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti essenziali per la configurazione dell'invocata fattispecie non imponibile.
Dunque, la prova della movimentazione fisica delle merci dall'Italia a un altro stato membro Ue, che legittima la non applicazione dell'Iva, ricade per intero sul cedente. E, poiché per l'articolo 41 del Dl 331/1993 la territorialità è elemento costitutivo della cessione intracomunitaria, in assenza di questo elemento (o comunque della sua prova), non può essere applicato il trattamento di non imponibilità.

Sul tema, anche la Corte di giustizia comunitaria ha più volte (vedi C-146/05, C-184-05 e C-409/04) espresso il principio generale, secondo il quale l'onere della prova che i beni siano stati transitati in altro Stato membro ricade sul fornitore.
In particolare, la Corte di giustizia ha affermato che "l'esenzione della cessione intracomunitaria diventa applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all'acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione e trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione" (cfr sentenza del 27/9/2007, C-409/04, punto 42; nello stesso senso, sentenza del 27/9/2007, C-184/05, punto 23).

Difettando la dimostrazione dell'elemento costitutivo della territorialità, previsto dall'articolo 41 citato, non si è dunque neppure in presenza di cessione intracomunitaria, perché la mancanza di detta prova si traduce nell'omesso assolvimento di un onere essenziale ai fini della configurazione della fattispecie, con conseguente obbligo del versamento dell'Iva dovuta per le cessioni nel territorio nazionale.
In conclusione, a fronte di rilievi che disconoscono la condizione di non imponibilità a causa della mancata dimostrazione del trasferimento della merce fuori dal territorio nazionale, è sempre onere del contribuente provare, con una qualsiasi, idonea, documentazione, avente carattere di certezza e incontrovertibilità, l'avvenuto trasferimento fisico della merce.

Prova, peraltro, in realtà neppure troppo complessa, visto che, nella pratica commerciale, la prova del trasferimento dei beni può essere agevolmente fornita con una serie di mezzi.
Così accade, per esempio, con il documento di trasporto internazionale "CMR", firmato sia dal trasportatore, per presa in carico della merce, sia dal destinatario, per ricevuta (la cui copia può essere richiesta al cliente comunitario con attestazione della ricevuta della merce).
E ancora, nel caso non si riesca ad avere copia del CMR firmato dal destinatario, può provvedersi all'invio di un fax al cliente estero, richiedendo allo stesso di confermare, stesso mezzo (anche semplicemente con firma in calce al fax ricevuto), la ricezione della merce, con riferimento alla specifica fattura.
In mancanza invece di qualsiasi dimostrazione, non è possibile ravvisare cessione intracomunitaria, per mancanza del requisito della territorialità e, del tutto legittimamente, l'ufficio potrà ritenere lo scambio avente carattere nazionale e procedere, quindi, al recupero dell'Iva.
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