In particolare, la normativa "collaterale" rispetto al Testo unico, che si occupa delle agevolazioni fiscali per gli immobili riconosciuti di interesse storico e artistico, ai sensi della legge n. 1089/1939, necessita di coordinamento con l'ordinaria disciplina delle locazioni abitative e con le norme agevolative contenute nel Tuir.
L'articolo 129 del Tuir
Secondo lo scarno disposto dell'articolo 129, integralmente riprodotto nel nuovo articolo 187:
- per i terreni concessi in affitto per uso agricolo, se per effetto di regimi legali di determinazione del canone questo risulta inferiore per oltre un quinto alla rendita catastale, il reddito dominicale è determinato in misura pari a quella del canone di affitto
- in deroga all'articolo 34, per i fabbricati dati in locazione in regime legale di determinazione del canone, il reddito imponibile è determinato in misura pari al canone di locazione ridotto del 15 per cento; per i fabbricati situati nel centro storico di Venezia e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento.
- il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta (articolo 34, comma 1)
- il reddito delle unità immobiliari non ancora iscritte in catasto è determinato comparativamente a quello delle unità similari già iscritte (articolo 34, comma 4)
- se il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 15 per cento, è superiore al reddito medio ordinario, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione; per i fabbricati ubicati a Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento (articolo 34, comma 4-bis).
Dopo la riforma delle locazioni occorre altresì far riferimento all'articolo 8 della legge n. 431/1991, le cui innovazioni verranno illustrate più avanti.
L'articolo 11 della legge n. 413 del 1991
Mentre l'applicazione del primo comma dell'articolo 129 non sembra dar luogo a equivoci, il secondo comma, che - derogandone il disposto - richiama l'articolo 34 del Testo unico, si ricollega a una vicenda che ha visto contrapposte le tesi erariali e quelle dei contribuenti, in relazione al trattamento degli immobili sottoposti a vincolo storico-artistico.
A tale riguardo, occorre rammentare quanto disposto dall'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413. In virtù del comma 2 dell'articolo, "in ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'art. 3 della Legge 1 giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato".
Da tali previsioni, apparentemente lineari, è originato un contrasto, ricco di esiti giurisprudenziali, tra amministrazione e contribuenti.
In particolare, l'inciso "in ogni caso" è stato ritenuto assorbente rispetto a ogni possibilità di diverso trattamento dei redditi rivenienti dagli immobili di interesse storico-artistico, sicché, anche per i Giudici di legittimità, l'aver concesso in locazione tali immobili non è stata ritenuta condizione sufficiente per l'applicazione del differente criterio del valore del canone locativo.
La legge sulle locazioni abitative (cenni)
Per quanto concerne i vincoli imposti in via legislativa ai contratti di locazione stipulati per immobili abitativi, va fatto riferimento, allo stato, alla legge 9.12.1998, n. 431.
Per quanto disposto dal primo comma dell'articolo 1 della legge, i contratti di locazione di immobili a uso abitativo devono essere stipulati o rinnovati, successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa, ai sensi dei commi 1 e 3 dell'articolo 2.
Il secondo comma stabilisce che le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 7, 8 e 13 della legge non sono applicabili:
- ai contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o inclusi nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, che sono sottoposti esclusivamente alla disciplina di cui agli articoli 1571 e seguenti del codice civile, se non sono stipulati secondo le modalità di cui al all'articolo 2, comma 3
- agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai quali si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale
- agli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.
A decorrere dall'entrata in vigore della legge, la stipula di validi contratti di locazione è subordinata alla forma scritta.
L'articolo 2, comma 1, prevede tra l'altro che le parti possano stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per altri quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3 (ristrutturazioni, radicali trasformazioni, eccetera), o vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui allo stesso articolo 3.
I contrasti sui redditi degli immobili di pregio storico-artistico
I maggiori problemi interpretativi sono sorti a causa dello scarso coordinamento tra le disposizioni potenzialmente applicabili alla fattispecie della locazione di immobili di interesse storico-artistico.
I commi 1 e 4-bis dell'articolo 34 del Tuir (articolo 37 nel nuovo Testo unico) contengono previsioni potenzialmente applicabili nelle ipotesi considerate: "il reddito medio ordinario delle unità immobiliari - recita il menzionato comma 1 - è determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe".
Inoltre, "qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 15 per cento (25 per cento per Venezia, Giudecca, Murano e Burano), sia superiore al reddito medio ordinario di cui al comma 1, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione ".
In generale, dunque, chi concede immobili in locazione è tenuto a determinare il reddito imponibile confrontando il valore catastale dell'immobile locato con il canone ricavato, ridotto del 15 per cento.
Tale statuizione si sovrappone però a quella, specificamente dettata per gli immobili di interesse storico-artistico, dell'articolo 11 della legge n. 413 del 1991.
Tale ultima disposizione non precisa se debba trattarsi di immobili necessariamente non locati, oppure possano includersi nell'agevolazione anche gli immobili locati.
Un ulteriore elemento che concorre a un'interpretazione non univoca della disciplina concretamente applicabile, si rinviene in alcune disposizioni della succitata legge n. 431/1998, con la quale è stata dettata la nuova disciplina generale per le locazioni basata sulla conclusione di un contratto-tipo che proponga quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori (articolo 2, comma 3, della legge n. 431/1998).
L'articolo 8, comma 1, della predetta legge prevede che, il reddito imponibile derivante da tali contratti, determinato ai sensi dell'articolo 34 del Tuir, è ulteriormente ridotto del 30 per cento.
Tale disposizione è applicata anche alle locazioni di immobili storici e artistici, come si ricava dall'articolo 1, comma 2, lettera a), della legge, il quale espressamente esclude l'applicazione degli articoli 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 per i "...contratti di locazione relativi agli immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 ... qualora non siano stipulati secondo le modalità di cui al comma 3 dell'articolo 2 della presente legge".
La giurisprudenza e le ragioni del contrasto
L'amministrazione ha sposato da subito la tesi in base alla quale, anche per gli immobili vincolati, il reddito da dichiarare era quello corrispondente ai canoni di locazione, con l'abbattimento forfetario sopra indicato.
Oltre che nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione, detto orientamento è ribadito, tra le altre pronunce di prassi, nelle circolari 10.6.1993, n. 7, e 30.5.1995, n. 154/E.
Secondo l'ultima delle due circolari, quando l'articolo 11, comma 2, afferma che "In ogni caso, il reddito degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico (...), è determinato mediante l'applicazione della minore tra le tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato", il legislatore ha voluto semplicemente prevedere un particolare regime che, a prescindere dalla categoria catastale, risulterebbe applicabile nel solo caso di immobili di pregio che non siano produttivi di redditi di locazione.
A tale riguardo, dopo una serie di pronunce dei Giudici di merito, è intervenuta la sentenza della Corte di cassazione, sezione prima, 18.3.1999, n. 2442, sulle deduzioni della quale si sono basate le successive sentenze emesse in sede di legittimità. Secondo la Cassazione, l'utilizzo della locuzione "in ogni caso" ha voluto significare l'assoggettamento dei redditi dei fabbricati in parola all'unico criterio della rendita catastale, con l'ulteriore beneficio dell'applicazione della tariffa inferiore nella zona, senza che rilevi l'ammontare dell'eventuale reddito di locazione.
Si è insomma registrata un'impasse logico-semantica, per effetto della quale l'inciso "in ogni caso" poteva significare, alternativamente: per ogni categoria catastale (tesi erariale), per ogni ipotesi di utilizzazione, anche attraverso la locazione (tesi della Cassazione). Sulla stessa linea si segnalano le sentenze della sezione tributaria della Corte di cassazione (28.7.2000, n. 9945; 28.7.2000, n. 9939; 1.8.2000, n. 10058; 2.8.2000, n. 10135; 4.8.2000, n. 10276). Anche di recente, i Giudici di legittimità sono intervenuti sull'argomento, con le sentenze rammentate di seguito.
Nella sentenza della Sezione Tributaria 20.2.2003, n. 2532, si è affermato che "il testo, per la verità, appare sufficientemente chiaro per non consentire equivoci; in particolare la locuzione 'in ogni caso' non consente di distinguere tra caso e caso, tra immobile locato ed immobile non affittato. Proprio per il suo carattere di norma eccezionale l'art. 11 prevale sulle disposizioni ordinarie in materia di tassazione dei redditi dei fabbricati".
Secondo la successiva sentenza 11.3.2003, n. 3586, "...l'art. 11 co. 2° L. n. 413/91 deve essere inteso come norma contenente l'esclusiva ed esaustiva disciplina per la fissazione dell'imponibile rispetto agli edifici di interesse storico od artistico, da effettuarsi sempre con riferimento alla più bassa delle tariffe di estimo della zona, a prescindere dalla locazione a canone superiore ( Cass. Civ. Sez. I, n. 5740/1999 )".
Tra le giurisdizioni di merito che invece hanno condiviso l'orientamento dell'amministrazione, si segnalano:
- la sentenza della commissione tributaria di primo grado di Firenze, sezione 8, n. 418 del 16.11.1995, secondo la quale il comma 2 dell'articolo 11 andava correttamente interpretato solo in funzione antielusiva, senza pretesa di esaustività ed esclusività, sicché il criterio catastale poteva essere seguito solo per gli immobili di pregio non locati
- la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana, sezione 31, n. 6 del 4.2.1997, nella quale era riaffermata l'estraneità dell'articolo 11, comma 2, rispetto alle ordinarie previsioni dell'articolo 34 del Testo unico.
L'entrata in vigore della nuova disciplina delle locazioni ha consentito all'amministrazione di trovare un valido riscontro alla propria posizione nell'articolo 8 della predetta legge di riforma n. 431/1998, il cui comma 1 dispone che, nei comuni "ad alta tensione abitativa", individuati con distinti atti normativi e recentemente oggetto di aggiornamento con deliberazione del Cipe del 14.2.2002, n. 4, il reddito imponibile derivante al proprietario dai contratti stipulati o rinnovati ai sensi dell'articolo 2, comma 3, a seguito di accordo definito in sede locale e nel rispetto dei criteri indicati dal decreto di cui all'articolo 4, comma 2, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al comma 3 dello stesso articolo 4, determinato ai sensi dell'articolo 34 del Tuir, è ulteriormente ridotto del 30 per cento.
Il citato articolo 8, comma 1, si ricollega direttamente all'articolo 34 del Testo unico e racchiude una previsione generale per gli immobili locati secondo una determinata tipologia contrattuale (applicabile, dunque, anche agli immobili di pregio se concessi in locazione a quelle condizioni); da ciò risulta in definitiva riaffermato il principio della valenza del canone locativo ai fini del concorso al reddito, se comunque - anche dopo l'abbattimento forfetario - esso risulta superiore alla rendita catastale.
In un comunicato ufficiale del 20.4.2000, seguito alla nota n. 42935 del 25.2.2000, il ministero delle Finanze premetteva che, con ordinanza del 15 marzo 2000, il Tar del Lazio aveva sospeso il decreto dirigenziale 17.1.2000, relativo all'approvazione del modello 730/2000 - redditi 1999 - nella parte recante istruzioni sulla tassazione dei redditi degli immobili soggetti a vincolo storico-artistico ai sensi dell'articolo 3 della legge 10 giugno 1939, n. 1089.
Atteso che la pronuncia del Giudice amministrativo (come affermato dal Consiglio di Stato, che ha confermato la legittimità del provvedimento cautelare) lasciava "impregiudicata la questione concernente i criteri dell'imposizione tributaria de qua, che esula dall'ambito di questa giurisdizione", l'amministrazione ha ricostruito le vicende giurisprudenziali trascorse e nuovamente sostenuto la propria posizione, affermando i principi da essa ravvisati nell'articolo 8, comma 1, della legge di riforma delle locazioni.
La Corte di cassazione ha in seguito respinto le nuove argomentazioni, fondate sulla legge di riforma delle locazioni, con la sentenza 19.10.2001, n. 12790.
La circolare n. 22/E del 2001
Nella circolare dell'Agenzia delle Entrate del 6.3.2001, n. 22/E, era successivamente precisato che:
- sull'interpretazione della norma agevolativa dell'articolo 11, comma 2, della legge n. 413/1991 si era instaurato un ampio contenzioso incentrato sul significato da attribuire alla locuzione "in ogni caso" utilizzata dal legislatore
- l'amministrazione ha sempre sostenuto che, se gli immobili in questione sono concessi in locazione, il reddito da dichiarare scaturisce dal confronto tra il reddito effettivo, diminuito della percentuale deducibile, e la rendita catastale
- per gli immobili non locati, indipendentemente dalla categoria loro attribuita o attribuibile, in ogni caso si farà riferimento alla minore delle tariffe d'estimo della zona censuaria in cui sono collocati
- tale orientamento non è stato condiviso dalla Corte di cassazione, la quale ha riconosciuto l'agevolazione in entrambe le situazioni sopra evidenziate
- alle statuizioni dei Supremi giudici si è riferito anche il Consiglio di Stato, il quale, chiamato a giudicare sulla revoca dell'ordinanza di sospensione delle istruzioni alle dichiarazioni dei redditi in merito al punto controverso, si è espresso circa il danno recato ai contribuenti, in termini di sanzioni per mancato rispetto di dette istruzioni, confermando la sospensione decisa dal Tar del Lazio
- con la nota e il comunicato stampa del 2000, l'amministrazione ha ritenuto superata la questione interpretativa in forza della sopravvenuta disciplina delle locazioni
- tuttavia, preso atto dell'orientamento della Corte di cassazione e dei provvedimenti cautelari adottati dai Giudici amministrativi, si è ritenuto di disapplicare, nel caso di specie, le sanzioni previste per l'infedele dichiarazione del reddito di fabbricati, limitatamente alle dichiarazioni presentate prima dell'entrata in vigore della legge n. 431/1998.
In considerazione di tale circostanza, è stato richiesto agli uffici di procedere al controllo delle posizioni interessate nell'ambito della ordinaria programmazione dell'attività, esclusivamente attraverso l'attività di accertamento, con esclusione di qualsiasi recupero a seguito di controllo formale e liquidazione automatica della relativa dichiarazione dei redditi (articoli 36-bis e 36-ter del Dpr n. 600 del 1973).
In tal modo, la riscossione delle sanzioni e della totalità dei tributi derivanti è differita rispetto alla notifica dell'atto impositivo (in particolare, se vi è impugnazione dell'atto di accertamento, le sanzioni potranno essere riscosse solamente dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale).
Infine, l'Agenzia delle Entrate ha riaffermato la propria linea di difesa, condivisa dall'Avvocatura generale dello Stato, raccomandando di porre la massima attenzione nello svolgimento degli atti difensivi.
Conclusioni
Anche se il nuovo Testo unico non reca innovazioni rispetto alla normativa vigente in tema di immobili sottoposti a regimi vincolistici (ovvero al regime di determinazione legale del canone), le disposizioni sopra richiamate devono leggersi in "combinato disposto", con un'attenzione particolare alla tenuta del sistema.
L'evidenziato problema del reddito degli immobili di pregio storico-artistico concessi in locazione rappresenta una impasse di difficile risoluzione, in corrispondenza dello "spartiacque" tra coloro che considerano in assoluto da agevolare, poiché particolarmente "meritevole", la situazione dei proprietari di fabbricati storici (che sostengono i relativi costi di manutenzione), e coloro che invece - come l'autorità fiscale - ravvisano l'ingiustificato vantaggio (di dubbia compatibilità con i principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza) dei "rentiers" i quali, locando palazzi e castelli, possono realizzare notevoli profitti sostanzialmente detassati.