
L’insorgenza dell’obbligo nella normativa interna
La norma in esame impone l’effettuazione della ritenuta del trenta per cento a titolo d’imposta nei confronti dei non residenti che effettuano prestazioni di lavoro autonomo, o prestazioni di servizi nell’esercizio di imprese, verso sostituti d’imposta residenti. Si intende che per il concetto di "soggetto non residente" il riferimento è dato dall’articolo 2 comma 2 del Tuir per le persone fisiche, e dall’articolo 73 comma 3 del Tuir per le persone giuridiche, oltre a essere stato definito e ampliato dalla giurisprudenza e della prassi in presenza di determinate condizioni di fatto (cfr. ad esempio circolare ministeriale n. 201 del 17 agosto 1996). Si evidenzia che nell’ambito del lavoro autonomo saranno sottoposti alla ritenuta, come precisato dalla Risoluzione n. 69 dell’Agenzia delle Entrate del 21 marzo 2003, anche i rimborsi spese, in quanto rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 53 del Tuir. Se la prestazione di lavoro autonomo è effettuata fuori dal territorio nazionale, il compenso non è assoggettato a ritenuta, indipendentemente dalla circostanza che i servizi resi siano utilizzati in Italia.
I redditi prodotti da stabili organizzazioni
Se il compenso viene corrisposto a una stabile organizzazione italiana (riconducibile, per sua natura, a un soggetto non residente) non sarà assoggettato a ritenuta, poiché la stabile organizzazione sconta l’imposizione nel territorio nazionale. Con riferimento a quest’ultima eccezione si osserva che essa dovrà essere interpretata letteralmente come riferita alle sole prestazioni imprenditoriali. Ciò sia perché l’espressione "stabile organizzazione", ormai tipizzata nel nostro ordinamento dall’articolo 162 del Tuir, si riferisce esclusivamente ad attività di natura imprenditoriale, sia perché nel caso di "base fissa" (con cui si indica l’autonomo centro di imputazione di interessi giuridico-tributari sito nel territorio nazionale e svolgente attività di lavoro autonomo) scatterebbe l’ordinario obbligo di ritenuta previsto nei confronti dei "soggetti" esercenti attività di lavoro autonomo nel territorio dello Stato. Questo perché la norma di cui all’articolo 25 comma 2 citato ricalca il disposto dell’articolo 23 del Tuir comma 1 lett. d) ed e), che assoggetta a imposizione, specularmente, i redditi derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato, e in particolare, con riferimento al reddito d’impresa, soltanto quelli prodotti mediante stabili organizzazioni.
Le Convenzioni internazionali
La normativa interna è destinata a non essere applicata in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni vigente fra l’Italia e lo Stato estero di residenza del prestatore. L’articolo 75 del Dpr n. 600 del 1973 dispone infatti: "Accordi internazionali – Nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia". Il Modello Ocse, cui usualmente tali Convenzioni fanno riferimento, determina la tassazione dei redditi di impresa nello Stato dove l’impresa ha sede, a meno che non vi sia la presenza, in altro Stato, di una sua stabile organizzazione (articolo 7); il reddito derivante dalle "professioni indipendenti" (ovvero dall’esercizio di lavoro autonomo, secondo i canoni della legislazione italiana), autonomamente regolato dall’articolo 14 del Modello Ocse fino al 29 aprile 2000, è oggi considerato assoggettato alle previsioni dell’articolo 7. L’applicazione ai redditi di lavoro autonomo delle medesime regole dei redditi d’impresa è avvenuta a seguito del Rapporto "Issues related to Article 14 of the OECD Model Tax Convention", adottato dal Comitato Affari Fiscali dell’Ocse il 27 gennaio 2000. Tale Rapporto suggeriva l’eliminazione dal Modello dell’articolo 14 (professioni indipendenti), alla luce della sostanziale equivalenza del concetto di stabile organizzazione (di cui all’articolo 7) con quello di base fissa (di cui all’articolo 14) e considerando inoltre l’omogeneità della tassazione degli utili d’impresa rispetto ai compensi derivanti dalla libera professione ("…there is no practical difference between the two Articles or if any differences did in fact exist, there is no valid policy justification for them...").
La posizione di Italia e Portogallo
L’Italia si è riservata, insieme al Portogallo, di mantenere la previsione specifica dell’articolo 14 nelle Convenzioni future, nonostante la sua cancellazione dal Modello Ocse. Ciò è avvenuto, ad esempio, nella Convenzione Italia-Ghana sottoscritta il 19 febbraio 2004. In ogni caso lo specifico articolo dedicato ai redditi conseguiti nell’esercizio di una professione indipendente vede, similmente all’articolo 7, sorgere l’imposizione soltanto nel medesimo Stato di residenza del prestatore di servizi, a meno che l’attività sia esercitata in altro Stato tramite base fissa. In quest’ultima fattispecie l’imposizione in tale Stato riguarderà i redditi "unicamente … imputabili a detta base fissa".
Il ruolo delle Convenzioni
Laddove vi sia una Convenzione internazionale tra l’Italia e lo Stato estero di residenza del prestatore, si evidenzia che dovrà essere controllato il concetto di residenza considerato dall’accordo internazionale, concetto che può differire o essere maggiormente esteso rispetto alla normativa interna. L’articolo 4 Ocse ricomprende espressamente in tale definizione anche situazioni di fatto quali il c.d. "centro di interessi vitali"; con riferimento ai redditi di lavoro autonomo (definiti dal Modello Ocse come "professioni indipendenti") le Convenzioni stipulate dall’Italia prevedono una elencazione delle fattispecie, anche se non esaustiva, in ossequio al Modello Ocse vigente fino al 29 aprile 2000. Ad esempio la Convenzione Italia-Georgia, sottoscritta a Roma in data 31 ottobre 2000, precisa all’articolo 14 che "l'espressione «libera professione» comprende in particolare le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo o pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili". Sempre con riferimento ai redditi di lavoro autonomo, talune Convenzioni stipulate dall’Italia stabiliscono un criterio suppletivo per la tassazione nel paese estero; ad esempio la recente Convenzione Italia-Ghana sottoscritta in data 19 febbraio 2004 ed in vigore dal 5 luglio 2006 stabilisce al suo articolo 14 che il contribuente residente è tassato anche nell’altro Stato contraente ove vi dimori "per un periodo o periodi pari o superiori a 183 giorni complessivi nell'arco di un periodo di dodici mesi che inizi o termini nel corso dell'anno fiscale considerato; in tal caso i redditi sono imponibili nell'altro Stato ma unicamente nella misura in cui sono percepiti in corrispettivo di attività esercitate in detto altro Stato". Particolarmente per il caso delle c.d. "professioni indipendenti", appare quindi opportuno, dopo l’esame della normativa nazionale, il controllo sulla eventuale sussistenza di Convenzioni internazionali tra l’Italia e lo Stato di interesse, per verificare i requisiti elencati.