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Analisi e commenti

Rivalutazione beni d'impresa:
il dettaglio per usufruirne - 1

L'attuale versione, come le precedenti, ha carattere temporaneo, in quanto l'iscrizione del maggior valore va effettuata nel bilancio 2016 e deve riguardare quanto già iscritto nel 2015

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La circolare n. 14/E del 26 aprile 2017 ha chiarito le disposizioni introdotte dalla legge n. 232 del 2016 (la legge di bilancio), riguardanti la rivalutazione dei beni e delle partecipazioni per le imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio.
Si tratta di una disciplina più volte introdotta dal legislatore, come misura temporanea a carattere facoltativo e oneroso, e riproposta nella legge di bilancio con una formulazione sostanzialmente analoga a quella recentemente prevista nella legge di stabilità del 2016.
La rivalutazione attuale, così come le precedenti, non modifica in modo permanente la disciplina civilistica ordinaria, ma interviene sulla materia in modo autonomo derogando temporaneamente alle regole del sistema.
Le modalità da utilizzare per ottenere il riconoscimento del maggiore valore fiscale nel 2019 sono quelle tradizionali: occorre iscrivere nel bilancio del 2016 i maggiori valori e versare un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive, pari al 16% per i beni ammortizzabili e al 12% per i beni non ammortizzabili.
Accanto alla rivalutazione vera e propria dei beni, le nuove disposizioni contenute nella legge di bilancio prevedono la possibilità di riallineare, con il versamento di un'imposta sostitutiva, i valori fiscali dei beni d'impresa qualora risultino inferiori a quelli espressi in bilancio.
Si tratta di una disciplina, quella del riallineamento, che può essere utilizzata in modo autonomo rispetto alla rivalutazione ovvero congiuntamente: con il riallineamento, infatti, si ottiene il riconoscimento fiscale del maggior valore del bene risultante dal bilancio, mentre con la rivalutazione si beneficia di un ulteriore incremento nel limite del valore economico del bene.

Ambito di applicazione della rivalutazione
In linea generale, possono beneficiare della rivalutazione le società che esercitano attività d'impresa e che non utilizzano i principi contabili internazionali nella redazione del bilancio d'esercizio.
Rispetto all'ultima legge di rivalutazione, inoltre, non risulta modificata la categoria dei beni rivalutabili: l'iscrizione del maggior valore, infatti, può riguardare sia i beni immobili che gli altri beni d'impresa, oltre alle partecipazioni in società controllate o collegate che costituiscono immobilizzazioni finanziarie. Non possono essere rivalutati, invece, gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa.
La rivalutazione in esame, come le precedenti, ha carattere temporaneo, in quanto l'iscrizione del maggior valore deve essere effettuata nel bilancio del 2016 (per un'impresa con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare si tratta del bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2016) e deve riguardare solo quei beni che risultavano già iscritti nel bilancio dell'esercizio immediatamente precedente, ossia in quello relativo all'esercizio 2015.
Per poter essere rivalutati, quindi, i beni devono risultare iscritti sia nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2015 che nel bilancio dell'esercizio successivo.
La rivalutazione, inoltre, deve riguardare obbligatoriamente tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea, così come previsto dall'articolo 4 del decreto ministeriale 162/2001. Si pensi, ad esempio, alla rivalutazione dei beni materiali ammortizzabili: tale categoria deve essere distinta dai beni immobili e dai mobili iscritti in pubblici registri e deve essere raggruppata in categorie omogenee, per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento.

Il corretto comportamento contabile
La circolare ricorda che occorre iscrivere nel bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2016 i maggiori valori della rivalutazione, nel limite del valore economico del bene. I valori iscritti in bilancio a seguito della rivalutazione, infatti, non devono in alcun caso superare il valore corrente - determinato, ad esempio, sulla base di una perizia di stima o sulle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati - il valore interno del bene, calcolato sulla base della consistenza, della capacità produttiva e dell'effettiva possibilità economica di utilizzazione del bene nell'impresa (cfr articolo 11 della legge 342/2000).

Esempio: il valore rivalutabile
Si ipotizzi un bene immobile strumentale acquisito nel 2013 che abbia un valore contabile al 2016 pari a 1.500 euro e un valore di mercato pari a 3.500 euro.
In tal caso, l'importo massimo rivalutabile non può superare il valore di mercato di 3.500 euro: di conseguenza, potrà essere iscritto in bilancio un maggior valore del bene pari a 2.000 euro, ossia alla differenza tra il valore di mercato (3.500) e il valore contabile del bene al 2016 (1.500).
Contabilmente, la rivalutazione è effettuata iscrivendo nell'attivo di bilancio il maggior valore rivalutato e contabilizzando come contropartita un importo, al netto dell'imposta sostitutiva, denominato saldo attivo di rivalutazione. In particolare, il saldo attivo di rivalutazione deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva, con esclusione di ogni diversa utilizzazione.

La circolare evidenzia, peraltro, che è possibile effettuare la rivalutazione adottando uno dei tre metodi tradizionali indicati dall'articolo 5 del decreto ministeriale 162/2001, vale a dire:

  1. rivalutando il costo storico e il fondo di ammortamento, in modo da mantenere l'originaria durata del processo di ammortamento
  2. rivalutando il solo costo storico, mantenendo inalterato il precedente coefficiente di ammortamento (e, quindi, allungando la durata dell'ammortamento) o la precedente durata del periodo di vita utile del bene (e, quindi, incrementando il coefficiente di ammortamento)
  3. riducendo il fondo di ammortamento, in modo da stanziare ammortamenti su un costo analogo a quello originario.

 1 – continua.

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