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Analisi e commenti

Rivalutazione dei beni d’impresa,
profilo tecnico-contabile delle norme

Nel documento interpretativo dello scorso 31 marzo pubblicato dall’Organismo italiano di contabilità, le regole valide per le società che redigono il bilancio in base al codice civile

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Il decreto “Agosto”, convertito con modificazione dalla legge n. 126/2020, ha introdotto la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni. Lo scorso 31 marzo l’Organismo italiano di contabilità ha pubblicato il documento interpretativo 7: “Legge 13 ottobre 2020, n. 126 - Aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni”, che analizza sotto il profilo tecnico contabile le norme della rivalutazione 2020.
Il documento, in vigore dalla data di pubblicazione, si applica alle società che redigono il bilancio in base alle disposizioni del codice civile.

Oggetto della rivalutazione
La disciplina della rivalutazione è facoltativa e opera in deroga alle disposizioni dell’articolo 2426 codice civile (criteri di valutazione) e di ogni altra disposizione di legge vigente in materia di bilancio. Possono essere oggetto di rivalutazione:

  •  i beni di impresa (immobilizzazioni materiali e immateriali, anche se completamente ammortizzati)
  • le partecipazioni immobilizzate di controllo e collegamento, comprese quelle a controllo congiunto (joint venture).

Il documento specifica che possono essere rivalutati anche i beni immateriali ancora tutelati giuridicamente alla data di chiusura del bilancio in cui è effettuata la rivalutazione, anche se i relativi costi, seppur capitalizzabili nello stato patrimoniale, sono stati imputati interamente a conto economico. L’Oic ha infatti ritenuto che non fosse corretto generare una disparità di trattamento tra chi, ad esempio, ha deciso di iscrivere a conto economico i costi di registrazione di un marchio rispetto a coloro che, a parità di condizioni, hanno invece capitalizzato tali costi tra i beni immateriali.
Sono invece esclusi dalla rivalutazione:

  • gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019;
  • i beni utilizzati sulla base dei contratti di leasing. Questi possono essere rivalutati solo se già riscattati, poiché solo in tal caso sono iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale della società utilizzatrice.

La rivalutazione può essere effettuata distintamente per ciascun bene e nel caso di beni separabili (es. fabbricato e terreno sottostante) occorre individuare valori distinti.

Aspetti contabili
La rivalutazione deve essere eseguita nel primo bilancio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e va annotata nella nota integrativa.
Le imprese che hanno l’esercizio non coincidente con l’anno solare possono eseguire la rivalutazione nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019, se approvato successivamente al 14 ottobre 2020, a condizione che i beni risultino dal bilancio precedente. L’Oic ha precisato che in tal caso la rivalutazione non può essere effettuata nell’esercizio successivo.
Il maggior valore dei beni rivalutati va contabilizzato nell’attivo dello stato patrimoniale a fronte dell’iscrizione, in contropartita, del corrispondente saldo in una voce di patrimonio netto.  Il saldo attivo da rivalutazione deve essere imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva.
Il limite massimo della rivalutazione, dato dai valori effettivamente attribuibili ai beni con riferimento alla consistenza, capacità produttiva, all’effettiva possibilità economica di utilizzazione, nonché ai valori correnti e alle quotazioni nei mercati regolamentati, può essere individuato utilizzando sia il criterio del valore d’uso, sia il criterio del valore di mercato.
Per i beni ammortizzabili la rivalutazione può essere eseguita adottando tre distinte modalità:

  • rivalutazione del costo storico e del relativo fondo ammortamento
  • rivalutazione del solo costo storico
  • riduzione del fondo ammortamento.

Aspetti fiscali
Il maggior valore attribuito ai beni può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap a decorrere dall'esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'Irap e di eventuali addizionali nella misura del 3% per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.
Ai fini fiscali è inoltre possibile affrancare, in tutto o in parte, il saldo attivo della rivalutazione, con l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 10%. Nel caso in cui la riserva non sia affrancata, sarà soggetta a tassazione solo in caso di distribuzione ai soci (riserva in sospensione di imposta).
L’imposta sostitutiva è rateizzabile in tre esercizi ed è portata a riduzione della riserva di rivalutazione.

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