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Analisi e commenti

Ruling internazionale. I poteri
dell'Amministrazione finanziaria

Definite le disposizioni per consentire l'accesso alla procedura

Poteri nazionali dell'Amministrazione finanziaria
L'accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria, in relazione alle operazioni di cui al comma 1 dell'articolo 8 del decreto legge n. 269/03, disciplinante il ruling internazionale, vincola le parti per un triennio, cioè per il periodo d'imposta nel corso del quale è stipulato il ruling e per i due successivi, limitando i poteri di accertamento alle materie diverse da quelle oggetto di accordo, dal momento che il comma 4 prevede che nel periodo temporale di validità dell'accordo, l'Amministrazione finanziaria potrà esercitare i poteri istruttori di cui agli articoli 32 e seguenti del Dpr n. 600 del 1973 soltanto in relazione a fattispecie diverse da quelle oggetto del ruling.

La validità dell'accordo è, tuttavia, condizionata, così come recita il comma 2, all'assenza di "mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini delle predette metodologie e risultanti dall'accordo sottoscritto dai contribuenti" in grado di rendere non più vincolante l'accordo stesso.
Tipici mutamenti, si badi bene, rilevanti ai fini delle metodologie, nelle circostanze di fatto - che possono essere distinti in interni ed esterni alle controparti coinvolte nell'operazione - potrebbero essere rappresentati da modifiche contrattuali, modifiche del gruppo, modifiche delle attività svolte, variazioni del settore di riferimento, variazioni della transazione di libero mercato (at arm's lenght), eventuali altri eventi economici che possano influenzare sensibilmente il contesto economico (si pensi ai mutamenti intervenuti nel settore del trasporto aereo dopo l'attentato dell'11 settembre). Tra i mutamenti nelle circostanze di diritto rilevanti, sicuramente sono da ricomprendere i cambiamenti normativi.

In ogni caso appare evidente che per arrivare a concludere che ci sia stato un mutamento rilevante nelle condizioni di diritto, ma soprattutto nelle condizioni di fatto, bisogna in qualche modo esercitare un'azione, da parte di entrambi i contraenti, che permetta di monitorare e controllare l'accordo raggiunto.

Il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate del 23 luglio 2004 ha chiarito l'ambito di intervento dell'Amministrazione finanziaria e i poteri esercitabili.
Il documento, infatti, dedicando alcuni paragrafi a tale questione, disciplina i seguenti aspetti dell'accordo:
- verifica
- modifica
- rinnovo.

Lo stesso provvedimento, infatti, afferma che, al fine di verificare il rispetto dei termini dell'accordo sottoscritto e al fine di accertare il sopravvenuto mutamento delle condizioni di fatto o di diritto poste a presupposto delle conclusioni raggiunte in sede di accordo, l'Amministrazione finanziaria può accedere, previo accordo con l'impresa-contribuente, presso la sede di svolgimento delle attività allo scopo di prendere visione di documenti e in generale di apprendere elementi informativi utili.

Sulla base di tali affermazioni, è evidente come non possa ritenersi decaduto l'esercizio della potestà istruttoria in capo all'Amministrazione finanziaria, anche se il tenore del comma 4 dell'articolo 8 potrebbe andare in tale direzione.
Infatti, se è vero che l'Amministrazione finanziaria non può esercitare i poteri di controllo di cui agli articoli 32 e seguenti del Dpr n.600/73 in relazione a questioni ricomprese nell'oggetto dell'accordo, è pur vero che per verificare la veridicità e la corrispondenza dei fatti esposti dal contribuente con quelli reali e il mutamento delle circostanze di diritto, ma soprattutto di fatto, con specifico riferimento ai prezzi effettivamente praticati in attuazione della metodologia concordata, la stessa Amministrazione deve poter esercitare un'azione di monitoraggio e "controllo" in senso lato tale che gli permetta di verificare l'accordo raggiunto precedentemente.

L'emanato provvedimento giunge a un buon compromesso tra la lettera della norma e l'obiettivo pratico e indispensabile della verifica dell'accordo, prevedendo, a carico dell'impresa-contribuente, l'onere di:
- predisporre e mettere a disposizione dei competenti uffici dell'Agenzia delle Entrate la documentazione e gli elementi informativi di supporto all'accordo
- consentire agli stessi uffici di accedere, si badi bene previo accordo, presso la sede del contribuente allo scopo di raggiungere l'obiettivo del controllo dell'accordo stesso.
Ogni altra diversa soluzione avrebbe creato una vera e propria fattispecie di asimmetria informativa nella quale la stessa Amministrazione avrebbe rappresentato la "parte debole" tra i due contraenti.

Poteri internazionali dell'Amministrazione finanziaria
Come descritto in precedenti interventi (vedi le edizioni di FiscoOggi del 24 e 27 maggio e del 14 giugno), il ruling internazionale italiano è da inquadrare tra gli Apa aventi carattere di unilateralità, emergente dal tenore del comma 3 dell'articolo 8 già citato con il quale si prevede che l'Amministrazione finanziaria invia copia dell'accordo concordato all'autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con i quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni.
Si è anche detto che il comma, rinviando alla normativa comunitaria, si riferisce molto probabilmente alla direttiva comunitaria n. 77/799/Cee sulla reciproca assistenza delle Autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e dell'imposta sul valore aggiunto, la quale prevede lo scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali dei Paesi membri atto a permettere una corretta determinazione delle imposte.
Al di fuori dell'ambito comunitario, dovrebbero trovare applicazione l'articolo 25 del modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni relativo alla procedura amichevole e il successivo articolo 26 concernente lo scambio di informazioni.

L'invio della copia del ruling, infatti, presuppone una sorta di invito all'altra autorità fiscale di attivare la procedura di accordo bilaterale, ai sensi dell'articolo 25 sopra richiamato, soprattutto nel momento in cui l'Amministrazione finanziaria dello Stato dell'impresa richiedente il ruling si trovi nella condizione di riconoscere deduzioni fiscali su dividendi, interessi e royalties originatisi negli stati contraenti. Anche il commentario dell'Ocse, al punto 33, evidenzia come il comma 3 dell'articolo 25 del modello Ocse rende possibile la risoluzione di difficoltà inerenti all'applicazione della convenzione.

Lo stesso provvedimento disciplina l'utilizzo dei poteri istruttori in ambito internazionale prevedendo, prima della stipulazione dell'accordo, l'attivazione di strumenti di cooperazione internazionale tra amministrazioni fiscali di diversi paesi, qualora il completamento dell'attività istruttoria lo richieda per addivenire alla stipulazione dell'accordo stesso.
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