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Analisi e commenti

Il ruolo dell’Agenzia delle entrate
nel Quaderno dell’antiriciclaggio

Lo studio ha l’obiettivo di accrescere l’attenzione sul tema, per rafforzare i meccanismi di tutela dell’economia dalle infiltrazioni criminali e migliorare la qualità dell’azione amministrativa

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La Banca d’Italia ha dedicato l’ultimo numero dei Quaderni dell’antiriciclaggio, il n. 19 di settembre 2022, a un approfondimento specifico sul ruolo della pubblica amministrazione nell’azione di contrasto ai fenomeni di riciclaggio. Lo studio ha l’obiettivo di accrescere l’attenzione sul tema, al fine di contribuire a rafforzare i meccanismi di tutela dell’economia dalle infiltrazioni criminali e migliorare la qualità stessa dell’azione amministrativa nel suo complesso.

Sebbene la posizione dell’Agenzia delle entrate non sia un tema oggetto di specifica trattazione, dalle indicazioni contenute nel documento realizzato dall’Uif è possibile trarre importanti indicazioni sul ruolo peculiare dell’Amministrazione finanziaria all’interno del sistema antiriciclaggio.

La nuova nozione di Pa nel sistema antiriciclaggio. Il ruolo dell’Agenzia delle entrate
La collana Analisi e Studi dei Quaderni dell’antiriciclaggio contiene i contributi periodici realizzati dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) su tematiche e metodi in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, anche in collaborazione con settori diversi della Banca d’Italia o con Istituzioni esterne.
Il Quaderno n. 19, pubblicato a settembre 2022 sul sito istituzionale della Uif, si occupa del peculiare ruolo della pubblica amministrazione all’interno del sistema di prevenzione del riciclaggio, attribuito in origine dal Dl n. 143/1991, che aveva previsto specifici obblighi di “collaborazione attiva” a carico degli uffici della Pa, incluse le Agenzie (a cui appartengono l’Agenzia delle entrate e le altre agenzie fiscali).
Il sistema è rimasto pressoché inalterato fino all’emanazione del Dlgs n. 90/2017, di recepimento della Direttiva Ue “Antiriciclaggio” n. 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha modificato profondamente l’assetto dell’allora vigente decreto antiriciclaggio (Dlgs n. 231/2007), sostituendo integralmente l’articolo 10 e ridimensionando di fatto il ruolo delle Pubbliche amministrazioni.
A seguito della riforma, gli uffici pubblici non sono più formalmente inclusi nel novero dei soggetti obbligati alla normativa antiriciclaggio, ma sono comunque chiamati a fornire un contributo attivo al sistema, mediante la “comunicazione” (non più “segnalazione”) alla Uif di “dati e informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale”.

All’interno di questo sistema, l’Agenzia delle entrate, in particolare, riveste un duplice ruolo.
Da un lato, rientra tra le “amministrazioni e organismi interessati” di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a) del decreto antiriciclaggio, in quanto amministrazione titolare di poteri di controllo. Ne deriva che, in ragione del successivo articolo 12, anche l’Agenzia delle entrate è tenuta a informare l’Uif di situazioni, ritenute correlate a fattispecie di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, di cui venga a conoscenza nell’esercizio della propria attività istituzionale.
Dall’altro lato, l’Agenzia delle entrate rileva anche come soggetto tenuto al peculiare dovere di comunicazione di cui all’articolo 10 del decreto Antiriciclaggio, non rivolto a tutte le amministrazioni, rientranti nella generale definizione del decreto antiriciclaggio del 2007, ma solo agli uffici che svolgono la loro attività in peculiari settori o mercati ritenuti particolarmente esposti a rischio di illecito.
L’articolo 10, comma 1 prevede, in particolare, che i doveri di comunicazione antiriciclaggio si applichino solo agli uffici delle pubbliche amministrazioni competenti allo svolgimento di compiti di amministrazione attiva o di controllo, nell’ambito di:

  1. procedimenti finalizzati all’adozione di provvedimenti di autorizzazione o concessione
  2. procedure di scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi secondo le disposizioni di cui al codice dei contratti pubblici
  3. procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzioni di vantaggi economici di qualunque genere a persone fisiche ed enti pubblici e privati.

La precisazione contenuta nel documento di studio è di estremo rilievo, perché definisce in maniera netta i due diversi livelli in cui si sostanzia la collaborazione attiva degli uffici della Pa.
Il primo riguarda la totalità degli uffici pubblici, che hanno doveri generali di presidio antiriciclaggio e a cui la Uif può chiedere informazioni, nell’ambito della propria attività di analisi delle segnalazioni (e delle comunicazioni) di operazioni sospette. Il secondo concerne il novero specifico di uffici rientranti nella previsione del citato articolo 10, che sono a tutti gli effetti equiparati ai “soggetti obbligati” alla normativa antiriciclaggio (al pari, ad esempio, degli intermediari finanziari e professionali) e, quindi, destinatari di tutti gli obblighi previsti dalla normativa, ivi comprese le conseguenze sanzionatorie in caso di violazione.

Le comunicazioni di operazioni sospette alla Uif
Il documento dedica un’analisi approfondita sugli aspetti principali connessi alle comunicazioni di operazioni sospette che le Pubbliche amministrazioni sono tenute a inviare alla Uif.
Dal lato oggettivo, l’obbligo consiste nell’invio di “dati e informazioni concernenti le operazioni sospette di cui vengano a conoscenza nell'esercizio della propria attività istituzionale”, diretto a “consentire lo svolgimento di analisi finanziarie mirate a far emergere fenomeni di riciclaggio” (articolo 10, comma 4, del decreto Antiriciclaggio).
Ciò che si chiede agli uffici pubblici è di saper “leggere” in “modo integrato” e con un “approccio critico” le informazioni di cui già dispongono in ragione dello svolgimento delle proprie ordinarie funzioni istituzionali, focalizzando la propria attenzione sulle eventuali “anomalie” che inducono a considerare una determinata operazione come “sospetta”.
Cosa si intenda, poi, per “operazione sospetta” lo si rinviene nella lettera dell’articolo 35 del decreto Antiriciclaggio, che disciplina l’obbligo di segnalazione previsto per i “soggetti obbligati”. La disposizione prevede che questi ultimi (ivi comprese le Pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 10) inviino, senza ritardo, una segnalazione all’Uif “quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengono da attività criminosa”. Il “sospetto” di riciclaggio viene inteso dal legislatore in senso ampio, sulla base delle caratteristiche, dell'entità, della natura delle operazioni, del loro collegamento o frazionamento o da altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate dall’ufficio pubblico, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui l’operazione è riferita.

La Banca d’Italia precisa, inoltre, che l’invio di una comunicazione sospetta non esonera il pubblico funzionario dall’eventuale obbligo di invio della denuncia di reato all’Autorità giudiziaria, quando ha notizia di un delitto perseguibile d’ufficio, che si fonda sull’individuazione di fatti specifici corrispondenti a una fattispecie penalmente rilevante. In altre parole, l’eventuale invio di una comunicazione alla Uif, in relazione ai medesimi fatti, non esclude l’obbligo di effettuare la denuncia all’Autorità giudiziaria in presenza dei citati presupposti.
Sotto altro aspetto, al fine di agevolare l’individuazione di fattispecie (anche solo) potenzialmente sospette, lo studio di Banca d’Italia rimanda specificamente al provvedimento Uif del 2018, che reca un corposo elenco di indicatori di anomalia volti ad agevolare l’individuazione delle operazioni sospette da parte degli uffici della pubblica amministrazione.
Gli indicatori sono suddivisi in tre macro-categorie:

  1. a carattere soggettivo, connessi con l’identità o il comportamento del soggetto cui è riferita l’operazione
  2. a carattere oggettivo, connessi con le modalità (di richiesta o esecuzione) delle operazioni
  3. specifici per settore di attività (appalti e contratti pubblici, finanziamenti pubblici, immobili e commercio).

In aggiunta, sono a disposizione dei pubblici uffici tutti i modelli e gli schemi rappresentativi di comportamenti anomali elaborati dalla Uif, che esemplificano prassi e comportamenti anomali ricorrenti e diffusi riscontrati dall’Unità, con riguardo a determinati settori di operatività o a specifici fenomeni riferibili a possibili attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

L’importanza di un presidio organizzativo efficiente
Per ottemperare correttamente agli obblighi antiriciclaggio, le Pubbliche amministrazioni devono dotarsi di un apposito presidio, che sia efficiente e proporzionale alla propria struttura organizzativa.
A tal fine, attraverso l’analisi dei propri processi, ogni Pa deve effettuare una preliminare attività di mappatura dei rischi di riciclaggio, per individuare le aree maggiormente esposte. Sulla base degli esiti di tale analisi, gli uffici pubblici sono chiamati ad adottare procedure interne proporzionate alle proprie posizioni organizzative e operative, in modo da consentire ai propri dipendenti di intercettare le fattispecie sospette da comunicare alla Uif.
Sotto il profilo organizzativo, gli addetti degli uffici pubblici, che hanno il contatto diretto con l’esterno, hanno il compito di intercettare anomalie nelle operazioni e nei comportamenti riferibili ai soggetti con i quali si relazionano. Tali anomalie e le informazioni acquisite vanno poi comunicate al “gestore” o a una struttura organizzativa all’interno dell’amministrazione, cui spetta il compito di valutare ed eventualmente trasmettere alla Uif le informazioni ricevute.
Il “gestore” riveste un ruolo chiave nei rapporti tra la singola pubblica amministrazione e la Uif e la sua nomina deve avvenire tramite provvedimento formalizzato.
Il “gestore” non deve solo valutare le proposte di comunicazioni di operazioni sospette provenienti dalla propria struttura, ma è anche l’interlocutore unico nei rapporti con la Uif (a cui dovrà inviare le comunicazioni tramite il canale telematico Infostat-UIF) ed è l’unico referente a cui l’Unità potrà inoltrare specifiche richieste di informazioni, necessarie per l’approfondimento finanziario delle comunicazioni.

Pubbliche amministrazioni e disciplina antiriciclaggio: le questioni ancora aperte
Nel Quaderno antiriciclaggio la Uif individua una serie di dubbi interpretativi, che sono diretta conseguenza di un quadro normativo non del tutto coerente.
La criticità certamente più rilevante riguarda l’esclusione delle pubbliche amministrazioni dal novero dei soggetti obbligati alla segnalazione di operazioni sospette. In effetti, dopo la riforma del 2017, gli uffici pubblici hanno un mero obbligo di “comunicazione” e non di “segnalazione” delle operazioni sospette, come tutti gli altri soggetti obbligati alla disciplina antiriciclaggio. Il rischio che un tale assetto possa lasciare dubbi sulla piena applicabilità, al comparto pubblico, del corpo delle disposizioni previste dal sistema antiriciclaggio è stato superato dalla stessa Uif che, privilegiando un’interpretazione non formalistica delle disposizioni in argomento, conferma esplicitamente l’applicabilità alle comunicazioni delle pubbliche amministrazioni di tutti i presidi previsti per le segnalazioni di operazioni sospette (in materia, ad esempio, di tutela del segnalante e di divieto di divulgazione). 

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