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Analisi e commenti

Stop agli aumenti delle addizionali all'Irpef e alla maggiorazione dell'aliquota Irap

Speciale finanziaria 2003: in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale

Mentre si va compiendo gradatamente il processo di decentramento tributario dal centro alla periferia, la legge n. 289 del 2002 (Finanziaria 2003) sembra contenere una serie di misure interlocutorie in tema di finanza locale, in attesa di un rilancio sulla questione del federalismo fiscale alla luce della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione.

E' un convincimento ampiamente diffuso e radicato presso l'opinione pubblica che il federalismo fiscale rappresenti una prospettiva ineludibile per le sue riconosciute proprietà di trasparenza del momento impositivo, di efficienza della spesa e di equità del prelievo fiscale.
Queste proprietà imprimono ai moderni sistemi tributari un maggior grado di accettazione dell'imposizione fiscale per via del controllo più diretto sul ceto politico di governo, condizionato nelle sue scelte da un esercizio più responsabile dei propri poteri.

In particolare, l'articolo 3 della legge n.289 del 2002, in funzione dell'attuazione del titolo V della parte seconda della Costituzione e in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale, blocca le addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche sia comunali che regionali, nonché sospende la facoltà conferita alle regioni di variare l'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive, prevista dall'articolo 16, comma 3, del Dlgs n. 446 del 1997, istitutivo dell'imposta regionale medesima.

Per quel che concerne la problematica delle addizionali, la legge finanziaria in commento ne blocca l'adeguamento (discorso valevole per quegli enti che avessero già adottato l'addizionale), ma non l'istituzione del tributo (aspetto, quest'ultimo, riferibile a quegli enti che non avessero, in precedenza, fatto ricorso all'istituzione dell'addizionale e che hanno avuto tempo fino al 31 dicembre 2002 per deliberare l'aliquota iniziale).
La norma in esame prosegue, sia pure genericamente, affermando che il lasso di tempo durante il quale vigerà la moratoria sugli aumenti delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche perdurerà fino a quando Stato, regioni ed enti locali non raggiungeranno un'intesa "sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale". Sono legittime tutte le delibere confermative delle aliquote già in vigore nel 2002.

L'interpretazione dell'articolo 3, poiché è rubricato come "Sospensione degli aumenti delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche", dovrebbe essere conforme a quanto appena riportato, considerato che la norma sembra vietare l'aumento ma non l'istituzione ex novo dell'addizionale.
Se l'interpretazione è corretta, molti Comuni vedrebbero realizzata la possibilità di far quadrare i propri bilanci.

La predetta norma, inoltre, istituisce l'Alta commissione di studio, a cui è attribuito il compito di definire i principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, 118 e 119 della Costituzione.
Detta commissione dovrà presentare, sulla questione di cui è stata investita, una relazione entro il 31 marzo 2003, di modo che possano essere poste le premesse per attuare, prevedibilmente a partire dal 2004, un sistema compiuto di federalismo fiscale.
Da quella data dovrebbero cessare definitivamente i trasferimenti erariali che saranno sostituiti con partecipazioni al gettito.
A tal proposito, l'articolo 31, comma 8 della Finanziaria 2003, intitolato "Disposizioni varie per gli enti locali", stabilisce, elevandola dal 4,5 per cento al 6,5 per cento, la misura della compartecipazione Irpef per i Comuni, allargando tale compartecipazione, nella misura dell'1 per cento, anche alle Province.

Il ripetuto articolo 3 appare particolarmente significativo per le sorti del federalismo fiscale prossimo venturo, dal momento che prevede la regionalizzazione dell'Irpeg, l'attribuzione, cioè, dell'introito fiscale da parte dell'ente nella cui giurisdizione si produce il reddito e non a favore di quello in cui si trova la sede legale della società.
Questo articolo, nel far proprio il principio della territorialità dell'imposta sancito dall'articolo 119 della Costituzione, rinvia alla citata commissione per il federalismo la proposta dei criteri e dei parametri da utilizzare per la suddetta regionalizzazione del reddito delle imprese.
A ogni buon conto, dette misure di fiscalità locale vanno inquadrate alla luce di circostanze contingenti, quali quelle rappresentate dal rispetto degli obblighi imposti dall'adesione all'Unione europea (tramite il patto di stabilità interno) e dall'esigenza di ridurre la pressione fiscale complessiva (con la riforma dell'Irpef e la progressiva riduzione dell'Irap).

Le vicende del decentramento fiscale non possono essere interpretate disgiuntamente dagli altri provvedimenti di legge in itinere che, se approvati, potrebbero dare un nuovo volto all'intero settore degli enti locali.
Si allude, in particolare, a due disegni di legge, uno attuativo del titolo V della Costituzione, l'altro sulla devolution.
Il primo individua i vincoli alle potestà legislative statali e regionali derivanti dal nuovo articolo 117 della Costituzione, per evitare aree di interferenza fra le stesse e, quindi, eventuali contenziosi avanti alla Corte costituzionale.
Il secondo estremizza il processo di decentramento, inserendo nel vigente articolo 117 della Costituzione la competenza esclusiva delle regioni in materia di sanità, istruzione e polizia locale.

La devolution, costituendo una riforma ancor più radicale dell'attuale assetto dei poteri ripartiti fra i diversi livelli di governo, andrà valutata alla luce della tutela e salvaguardia dei diritti sociali e civili sanciti dalla Costituzione, i cui livelli o standard devono essere uniformemente garantiti sull'intero territorio nazionale.
Un ulteriore problema, di non secondaria importanza, posto dalla devolution, consiste nella quantificazione e nelle conseguenziali modalità di reperimento delle risorse necessarie a finanziare tali nuove competenze.

In conclusione, pertanto, è auspicabile che il legislatore possa concretamente attuare il mix di strumenti di reperimento delle risorse (imposte proprie, sistema di compartecipazione, fondi perequativi e fondi speciali) costituzionalmente previsti, atteso che la sola compartecipazione ai tributi erariali e l'autonomia impositiva attraverso la tassazione locale non è in grado di garantire la spesa destinata ai servizi e la tutela dei livelli essenziali dei cosiddetti diritti sociali e di cittadinanza.
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