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Analisi e commenti

La territorialità delle prestazioni pubblicitarie

Significato del concetto di "utilizzazione" della prestazione

Come tutte le prestazioni cosiddette immateriali, quelle pubblicitarie si considerano effettuate nel territorio nazionale, indipendentemente dalla localizzazione del prestatore, quando sono rese a soggetti con domicilio o residenza in Italia, a meno che le stesse non siano utilizzate dal committente fuori dalla Comunità europea. Le stesse, inoltre, si considerano effettuate in Italia anche se rese a soggetti privati con sede in altro Stato membro della Comunità europea (lettere d) ed e), comma 4, articolo 7, Dpr 633/72).

Per le prestazioni di pubblicità, il requisito territoriale viene determinato, dunque, anziché dalla sede del prestatore, dalla sede del committente e, contemporaneamente, dal luogo di utilizzo delle prestazioni stesse.
Il criterio del luogo di utilizzo, però, valido per tutte le prestazioni immateriali, acquista, per le prestazioni pubblicitarie, un'ulteriore valenza, in quanto le stesse, a differenza di altre prestazioni immateriali (ad esempio, di consulenza e assistenza), se rese a soggetti domiciliati o residenti fuori della Comunità economica europea, si considerano effettuate nel territorio dello Stato se sono ivi utilizzate (lettera f), comma 4, articolo 7, Dpr 633/72).

Pertanto, ai fini dell'individuazione del presupposto territoriale, occorre chiarire il significato del termine "luogo di utilizzo" della prestazione pubblicitaria, non essendo del tutto chiaro se il medesimo coincida con il luogo in cui il committente acquisisce il risultato economico della prestazione nella sua sfera giuridico-patrimoniale (impostazione formale) ovvero coincida con il luogo della sua materiale effettuazione (impostazione sostanziale).

L'orientamento manifestato dall'Amministrazione finanziaria in merito al concetto di utilizzazione delle prestazioni in genere, propendeva, fino a qualche tempo fa, per l'impostazione formale (cfr. risoluzione n. 360162 del 1/10/1976 e risoluzione n. 410082 del 22/10/1976); solo successivamente è stato precisato che per le prestazioni pubblicitarie il luogo di utilizzo corrisponde all'ambito territoriale di diffusione della pubblicità, cioè al territorio in cui il messaggio promozionale viene "fisicamente" diffuso (cfr. risoluzione n. 36/E del 28/2/1997).

Chiarito ciò, occorre precisare che non è sempre agevole determinare l'ambito geografico di diffusione del messaggio pubblicitario, specialmente quando quest'ultimo riguardi indistintamente più Paesi; è il caso, ad esempio, della pubblicità, commissionata da un soggetto extracomunitario, che viene resa per l'intera area di trasmissione di una stazione radio e che si rivolge sia a utenti esteri che nazionali: in tal caso, infatti, ricadendo la fattispecie in esame nella previsione di cui alla lettera f) del comma 4 dell'articolo 7 del Dpr 633/72, dovrebbe essere assoggettata a Iva solo la parte di pubblicità utilizzata (ovvero diffusa) in Italia.
Tuttavia, come evidenziato con risoluzione n. 470170 del 15/12/1990, "..poiché nel caso prospettato l'ambito di diffusione della pubblicità, da cui dipende l'utilizzazione del servizio pubblicitario, riguarda sia il territorio nazionale sia quello estero, si ritiene che l'intero corrispettivo debba essere assoggettato al tributo, non essendo possibile estrinsecare dalla complessa prestazione la quota parte utilizzata in Italia".
Pertanto, lì dove non è oggettivamente possibile distinguere dal complesso delle prestazioni realizzate quelle per le quali il requisito territoriale è carente, è opportuno assoggettare a imposta l'intero corrispettivo percepito, come se lo stesso si riferisse a operazioni territorialmente rilevanti in Italia.

Alla stessa conclusione arriva la risoluzione n. 470096 del 30/7/1990 per quanto concerne le prestazioni pubblicitarie rese a soggetti residenti da parte di soggetti non residenti. Tali prestazioni infatti sono da assoggettare a Iva solo per la parte di corrispettivo imputabile alla divulgazione in ambito Ue, mentre ne è esclusa la quota afferente la diffusione in Paesi extra-Ue (così come richiamato nell'ultima parte della lettera d) del comma 4, articolo 7 citato); tuttavia, anche in questo caso, l'Amministrazione finanziaria ribadisce che quando non vi è possibilità di fare una distinzione, ai fini dell'imposta assume rilevanza l'intero corrispettivo.

Infine, relativamente all'individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni pubblicitarie in ambito comunitario, la Corte di giustizia Ue ha recentemente affermato che la tassazione nel Paese del committente prevista dall'articolo 9, paragrafo 2, lettera e), secondo trattino, della sesta direttiva Cee, si applica non solo alle prestazioni pubblicitarie fornite direttamente e fatturate dal prestatore al committente soggetto passivo Iva, ma anche alle prestazioni fornite indirettamente all'utente effettivo (non soggetto Iva) e fatturate a un terzo (committente soggetto Iva) che le fattura a sua volta all'utente stesso. In tal caso, assume rilevanza, ai fini dell'identificazione del luogo di tassazione, esclusivamente la natura sostanziale della prestazione, a nulla rilevando la qualifica soggettiva tanto del prestatore quanto del committente (cfr. sentenza 5/6/2003, causa C-438/01, Flanders Expo).
Tale pronuncia assume una certa rilevanza in considerazione del fatto che, in via generale, la prestazione pubblicitaria resa a utenti comunitari soggetti Iva non si considera effettuata nel territorio dello Stato, mentre la stessa è territorialmente rilevante se resa a un utente comunitario non soggetto Iva (articolo 7, comma 4, lettera e), Dpr 633/72).
Il punto controverso, dunque, è se ai fini della determinazione del luogo di tassazione si debba considerare il destinatario finale o quello intermedio a cui viene fatturata la prestazione pubblicitaria. La sentenza in commento propende per tale ultima soluzione essendo superfluo "verificare se l'utente pubblicitario, che è il destinatario finale delle prestazioni, sia anch'esso un soggetto passivo che faccia entrare il costo delle dette prestazioni nel prezzo di beni ceduti o di servizi da esso forniti".

Siffatta posizione dell'organo comunitario ribadisce un orientamento manifestato in precedenti sentenze, quali quella del 15/3/2001, causa C-108/00, e quella del 17/11/1993, causa C-68/92.
In particolare, quest'ultima sentenza viene richiamata dalla risoluzione n. 323/E del 11/10/2002 per quanto riguarda la definizione di servizio di "prestazione pubblicitaria", nella quale si deve includere "...ogni azione di promozione (quale ad esempio le vendite di merci a prezzo ridotto, la distribuzione ai consumatori di beni mobili venduti al cessionario da un'agenzia di pubblicità, ovvero la prestazione di servizi a prezzi ridotti o a titolo gratuito o all'organizzazione di cocktails, di banchetti) che comporti la trasmissione di un messaggio destinato ad informare il pubblico dell'esistenza e delle qualità del prodotto e del servizio che sono oggetto di questa azione, con lo scopo di aumentarne le vendite (...) Le stesse osservazioni possono essere fatte per ogni altra operazione che faccia parte indissolubilmente di una campagna pubblicitaria e che concorra, per l'effetto, alla trasmissione di un messaggio pubblicitario".
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