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Analisi e commenti

Trattamento di fine mandato: importi accantonabili e deduzione

Diritto per la società erogante condizionato alla sussistenza di un atto con data certa anteriore al rapporto

Nelle società di medie e grandi dimensioni, in aggiunta alla tradizionale forma di retribuzione costituita dal compenso ordinario, è consuetudine accantonare una quota a favore degli amministratori alla fine di ogni esercizio, allo scopo di garantire loro una ulteriore retribuzione da erogarsi alla cessazione del rapporto. Questo compenso, denominato "indennità di fine mandato", è sostanzialmente analogo all'indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti.
Tuttavia, mentre il Tfr è espressamente disciplinato dall'articolo 2120 del c.c., disposizione che limita la quota annuale di accantonamento deducibile all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso diviso per 13,5, per gli amministratori non è prevista un'apposita norma che stabilisce quali debbano essere le modalità istitutive e i criteri di calcolo dell'accantonamento in questione. In assenza del dettato normativo, se ne rimette pertanto la quantificazione alla volontà dei soci, ai sensi dell'articolo. 2389 c.c.

Le disposizioni fiscali in materia sono invece contenute nell'articolo 105 del Tuir che, al primo comma, disciplina gli accantonamenti al fondo Tfr e, al quarto comma, gli accantonamenti al fondo Tfm.
L'articolo 105, al comma 1, statuisce: "gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale dipendente istituiti ai sensi dell'art. 2117 del c.c., se costituiti in conti individuali dei singoli dipendenti, sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi".

Il legislatore fiscale, pertanto, con il richiamo operato alla disciplina civilistica non ha dettato per detti accantonamenti una disciplina derogatoria rispetto a essi, con la conseguenza che anche fiscalmente l'accantonamento deducibile annualmente "non deve essere superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5"( 2120 del c.c.), con l'unica condizione che detti accantonamenti devono risultare in conti individuali dei singoli dipendenti.

Per l'indennità di fine mandato degli amministratori, il comma 4 dell'articolo 105 prevede che "le disposizioni dei commi 1 e 2 valgono anche per gli accantonamenti relativi alle indennità di fine rapporto di cui all'art. 17 comma 1, lett. c, d ed f", fra i quali rientrano gli accantonamenti per il trattamento di fine mandato degli amministratori di società (la lettera c si riferisce, più in generale, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, tra i quali rientrano quelli in esame).
Mentre dal lato dell'amministratore l'indennità è imponibile solo al momento della percezione e, in presenza dei presupposti indicati nell'articolo 17, comma 1, lettera c), del Tuir, può avvenire a tassazione separata, per la società erogante, l'articolo 105, comma 4, del Tuir, con il rinvio operato ai commi 1 e 2 del medesimo articolo, riconosce in favore dell'impresa erogante la deducibilità del compenso differito secondo il principio di competenza (come riconosciuto in via interpretativa dall'agenzia delle Entrate con la risoluzione 211/2008), mentre il compenso ordinario deve essere dedotto, ai sensi dell'articolo 95, comma 5, per "cassa", ossia esclusivamente al momento dell'effettiva erogazione (l'articolo 95, comma 5, del Tuir statuisce testualmente: "I compensi spettanti agli amministratori di società ed enti di cui all'art. 73 comma 1, sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti;…".

Ciò premesso, il richiamo operato dall'articolo 105 ai commi 1 e 2 della medesima disposizione e all'articolo 17, comma 1, lettera c), del Tuir, ha determinato incertezze in merito alla individuazione del corretto regime di deducibilità fiscale dal reddito dell'impresa erogante nonché in ordine alla quantificazione degli importi accantonabili.
Per quanto riguarda il diritto alla deduzione da parte della società erogante, l'Amministrazione finanziaria è dell'avviso che esso sia condizionato alla sussistenza di un atto, che preveda espressamente detta indennità, avente data certa anteriore al rapporto. In mancanza di detto requisito, gli accantonamenti operati in bilancio devono essere portati in aumento nella dichiarazione dei redditi e la deduzione fiscale rinviata al momento della effettiva percezione dell'indennità medesima. Questa interpretazione si fonda sulla circostanza che l'articolo 17, comma 1, lettera c), che prescrive questo requisito quale presupposto per la tassazione separata in capo agli amministratori - collaboratori, risulta richiamato dall'articolo 105, comma 4, disciplinante l'accantonamento in questione.

In dottrina questo orientamento non è condiviso, poiché si ritiene che il requisito per l'applicazione della tassazione separata si pone su un piano ben diverso rispetto ai presupposti di deducibilità fiscale dell'indennità da parte della società erogante. Si afferma, in sostanza, che il requisito dell'atto avente data certa anteriore al rapporto è rivolto alla posizione soggettiva dell'amministratore con lo scopo di evitare che il beneficio della tassazione separata sia concesso per somme pattuite successivamente in relazione a periodi già trascorsi. Esso, pertanto, non potrebbe incidere sulla deducibilità fiscale dell'accantonamento da parte della società erogante che risulterebbe condizionata esclusivamente al rispetto dei requisiti di certezza di cui all'articolo 109 del Tuir.

Dubbi interpretativi sono sorti anche per quanto riguarda la corretta quantificazione degli importi accantonabili, poiché per gli amministratori non è prevista un'apposita disciplina civilistica che stabilisca quali debbano essere i criteri di calcolo dell'accantonamento in questione. Quanto alla disciplina fiscale, l'unica disposizione è contenuta nel citato comma 4 dell'articolo 105.
Parte della dottrina, interpretando letteralmente il rinvio operato ai commi 1 e 2, ritiene che gli accantonamenti di fine mandato, al pari degli accantonamenti al fondo per il Tfr, "sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell'esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi". Ne consegue che, in assenza di disposizioni legislative specifiche, dovrebbe ritenersi che anche da un punto di vista fiscale la quantificazione dell'accantonamento deducibile sia rimessa alla libera volontà delle parti.

Questa conclusione potrebbe, tuttavia, ritenersi confliggente con una interpretazione sistematica della disposizione contenuta nell'articolo 105 del Tuir, e, più in generale, con i principi sottesi alle disposizioni fiscali sugli accantonamenti. Potrebbe infatti ritenersi che il quarto comma dell'articolo 105, che disciplina l'accantonamento al fondo Tfm, rinviando a quanto stabilito dal comma 1 del medesimo articolo, intenda sottoporre l'accantonamento in questione alle medesime limitazioni previste per il lavoro subordinato. In sostanza, il rinvio potrebbe essere inteso come rinvio alle disposizioni legislative previste per il Tfr con la conseguenza che anche l'accantonamento al Tfm operato in misura superiore al compenso annualmente stabilito diviso il coefficiente 13,5, dovrebbe considerarsi fiscalmente indeducibile.

Questa interpretazione sembra in linea con l'articolo 50, comma 1, lettera c-bis, che, assimilando espressamente i compensi degli amministratori ai redditi di lavoro dipendente, legittima l'attrazione alla disciplina fiscale prevista per il lavoro dipendente anche degli accantonamenti per il trattamento di fine mandato. Il combinato disposto degli articoli 105 e 50, comma 1, lettera c-bis, sembrano, infatti, suggerire la conclusione che le intenzioni del legislatore fiscale siano quelle di limitare l'accantonamento dell'indennità di fine mandato a quanto previsto per l'accantonamento al fondo trattamento di fine rapporto di lavoro dipendente.

Tra l'altro, la previsione di accantonamenti, deducibili per competenza, superiori al limite previsto per i lavoratori dipendenti, oltre a estendere oltremodo i risparmi fiscali previsti in una logica di accantonamento proporzionato rispetto alle sue finalità, minerebbe le finalità antielusive della imposizione per cassa, prevista dall'articolo 95 per i compensi ordinari corrisposti agli amministratori, poiché l'articolo 105 del Tuir, con la prevista deducibilità per competenza delle indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, consente un risparmio fiscale immediato a fronte di una diminuzione futura di liquidità.

Infine, si consideri che il legislatore fiscale considera deducibili solo gli accantonamenti espressamente e tassativamente previsti dal Tuir e anche rispetto a essi prevede dettagliate e restrittive modalità di determinazione, evidenziando una voluntas legis tesa a limitare sia il numero degli accantonamenti deducibili sia la relativa quantificazione.
In altre parole, una interpretazione che lasci piena discrezionalità alla società sulla quantificazione dell'accantonamento deducibile contrasterebbe con i limiti e con i principi desumibili dal Tuir.

Non sembra, pertanto, che l'Amministrazione finanziaria debba contestare la congruità dei compensi dei componenti l'organo amministrativo al fine di contestarne la legittimità per difetto del requisito di inerenza, poiché un'interpretazione sistematica delle disposizioni fiscali in materia sembra direttamente imporre all'accantonamento di fine mandato le medesime limitazioni previste per l'accantonamento di fine rapporto di lavoro dipendente.

Tra l'altro, capovolgendo un precedente orientamento, con la sentenza 28585/2008, la Cassazione ha stabilito che l'Amministrazione finanziaria non può sindacare la congruità dei compensi agli amministratori, per cui essi risultano comunque deducibili nel periodo di imposta in cui sono pagati purché la loro determinazione risulti da delibera assembleare (in precedenza, la stessa Corte di cassazione aveva affermato il principio della sindacabilità da parte dell'Amministrazione finanziaria della congruità dei compensi degli amministratori quando risultavano stabiliti in misura eccessiva rispetto alla dimensione e redditività della società erogante - tra le altre, sentenze 12813/2000 e 13478/2001).

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