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Analisi e commenti

Il verbale di constatazione
nelle verifiche fiscali – 1

Il pvc redatto in sede di controllo fiscale non è un atto autonomamente impugnabile, non rientrando tra quelli espressamente previsti dall'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992

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Per effetto del rinvio all’articolo 52 del Dpr n. 633/1972, contenuto nel comma 1 dell’articolo 33 del Dpr n. 600/1973, l’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli uffici finanziari e dalla Guardia di finanza nel caso di assimilazione dell’attività del Corpo alla specifica finalità di controllo fiscale mediante “indagini di polizia amministrativa”, si deve concludere con la redazione di un “processo verbale” da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia.
 
Comunemente inteso come ”processo verbale di constatazione” (pvc), il documento in questione potrebbe essere semplicemente ricondotto all’atto pubblico regolato dal cpp – in genere redatto da chi riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio – mediante il quale si attesta o si descrive un determinato comportamento o una determinata situazione al fine di rendere possibile l’utilizzazione dell’atto medesimo come mezzo di prova. Si tratta di atto pubblico ex articolo 2699 e seguenti cc e atto recettizio (che acquista cioè validità ed efficacia allorquando venga portato a conoscenza dei destinatari), e a esso deve riconoscersi l’efficacia di piena prova, seppur con limiti ben precisi, fino a querela di falso.
 
In realtà, la redazione a fini fiscali di tale atto costituisce, oggi, input per una serie di effetti o conseguenze che vanno ben oltre l’aspetto probatorio strictu sensu delle violazioni rilevate in sede di verifica e dei relativi addebiti. In ambito tributario, il ”processo verbale di constatazione” è stato, infatti, man mano configurato dal legislatore come mezzo necessario ad attuare uno degli istituti deflattivi del contenzioso tributario previsto nella forma di “adesione ai verbali di constatazione” in materia di imposte dirette e di imposta sul valore aggiunto (articolo 5-bis del Dlgs n. 218/1997) o, ancora, per segnalare agli uffici accertatori l’opportunità di procedere all’applicazione delle misure cautelari previste dai commi da 1 a 6 dell’articolo 22 del Dlgs n. 472/1997, sulla base degli importi contenuti nei rilievi del processo verbale di constatazione.
 
Si può, pertanto, affermare che i funzionari dell’Agenzia delle Entrate e i militari della Guardia di finanza incaricati di eseguire controlli fiscali nella forma di accessi, ispezioni e verifiche, non concludono l’intervento ispettivo con l’atto tipico di un comune “agente accertatore” (di massima, organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro), piuttosto predispongono un atto conclusivo dell’attività ispettiva fiscale che, per la specialità della materia, “(…) non si può, invero, identificare, completamente in quello regolato dagli artt. 134 e seguenti del c.p.p.”.
 
Si propone, di seguito, un inquadramento sistematico delle fattispecie evidenziate, sia sotto il profilo della natura e funzione del “processo verbale di constatazione” in generale sia riguardo alla natura e funzione che esso assume in materia fiscale, in particolare alla luce della volontà del legislatore di consentire al contribuente di definire il proprio rapporto tributario sulla base dei rilievi e dei contenuti dell’atto ricevuto.
 
Natura e funzione del processo verbale (in generale)
Secondo l’orientamento della Cassazione, che può ritenersi compiutamente fissato in una fondamentale sentenza delle Sezioni unite, la n. 215/1999, occorre distinguere gli atti formati dai pubblici ufficiali sotto il profilo dell’attribuzione a essi della fede privilegiata. Ciò nella considerazione che non tutti gli atti della specie sono atti di fede privilegiata ai sensi dell’articolo 2699 cc, in quanto “(…) rientrano nella previsione della norma (…) soltanto gli atti che i pubblici ufficiali formano nell’esercizio di pubbliche funzioni certificative delle quali siano investiti dalla legge; esulano, viceversa, da tale previsione tutti gli atti dei pubblici ufficiali che non siano espressione di dette funzioni certificative“.
 
Questo comporta, innanzitutto, che il riferimento alla particolare “valenza probatoria” del verbale ex articolo 2699 cc va inteso in senso strettamente processuale, e cioè quale attestazione della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (ex articoli 221 e seguenti cpc e 476 cp). Altri fatti indicati sul verbale hanno, invece, “valenza relativa” come, ad esempio, quelli che il pubblico ufficiale attesta di avere accertato ma per averli appresi da terzi oppure a seguito delle risultanze di altre sue indagini (richiami a verbali di acquisizione di dati e notizie presso pubbliche amministrazioni ed enti pubblici non economici ex comma 12 dell’articolo 52 del Dpr 633/1972, verbali di acquisizione di dati e notizie o di chiusura di altre attività ispettive, intesi quali fonti di riscontri incrociati eseguiti presso altri contribuenti, ecc.), da considerare tutte fonti pur sempre attendibili ma fino a specifica prova contraria.
 
Eventuali interpretazioni normative, ricostruzioni ed elaborazioni, considerazioni e opinioni contenuti nel pvc non rappresentano, poi, elementi oggettivi e immutabili, rimanendo solamente espressione dei funzionari o militari che lo hanno redatto, al più utili a fornire gli uffici accertatori un inquadramento del contesto economico sotto esame, al che possano disattendere o valutare criticamente le relative osservazioni.
Qualora il pubblico ufficiale esprima un proprio convincimento logico–deduttivo, tali affermazioni non sono coperte da fede privilegiata (da tempo, del resto, sia l’Amministrazione civile sia la Guardia di finanza, nelle istruzioni sull’attività di verifica hanno riservato ad apposite relazioni a uso interno, da non notificare al contribuente, l’accoglimento di tutti gli aspetti valutativi che i verificatori possono annotare sottoponendoli alla valutazione critica degli uffici accertatori).
 
Altra questione di rilievo, ancora sotto l’aspetto generale dell’accertamento delle violazioni amministrative e che, per i riflessi sostanziali, si ricollega alla precedente, è la questione dell’efficacia probatoria dei fatti attestati nel processo verbale. Sempre secondo le Sezioni unite della Cassazione (sentenza n. 17355/2009), “(…) la correlazione tra il dovere di menzionare nel verbale in modo preciso e dettagliato, anche se sommario, l’elemento fattuale della violazione e l’efficacia che l’art. 2700 c.c. attribuisce ai fatti che il pubblico ufficiale attesta nell’atto pubblico essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, comportano infatti che tale efficacia concerne inevitabilmente tutti gli accadimenti e le circostanze pertinenti alla violazione menzionati nell’atto indipendentemente dalle modalità statica o dinamica della loro percezione, fermo l’obbligo del pubblico ufficiale di descrivere le particolari condizioni soggettive ed oggettive dell’accertamento, giacché egli deve dare conto nell’atto pubblico non soltanto della sua presenza ai fatti attestati, ma anche delle regioni per le quale detta presenza ne ha consentito l’attestazione”.
Insomma, l’eventuale “contestazione” delle circostanze di fatto della violazione, attestate nel verbale come percepite direttamente e immediatamente dal pubblico ufficiale, non va condotta con riferimento alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione, ma esclusivamente in relazione a circostanze che esulano dall’accertamento, quali l’identificazione dell’attore della violazione e la sua capacità o la sussistenza dell’elemento soggettivo o di cause di esclusione della responsabilità, ovvero rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile oggettiva contraddittorietà.
 
Altra regola generale è quella per cui in un processo verbale devono ricorrere requisiti, sia di forma che sostanziali, in assenza dei quali l’atto in questione è illegittimo e può essere annullato. Il suo annullamento ha efficacia retroattiva nel senso che, in tale ipotesi, il verbale viene ritenuto come mai emanato.
Trattandosi di atto pubblico, un primo riferimento va fatto al codice di procedura civile. L’articolo 126 cpc dispone che il processo verbale deve contenere l’indicazione: a) delle persone intervenute; b) delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; c) la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte; le dichiarazioni ricevute. Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione.
 
Nel caso di verbali di contestazione immediata, di norma è la stessa legge che regola l’accertamento della violazione a disporre gli ulteriori requisiti essenziali in mancanza dei quali si ha l’inefficacia dell’atto. È sempre la stessa legge che prevede la legittimazione del trasgressore a esercitare il diritto di difesa attraverso il ricorso giurisdizionale avverso la contestazione della violazione.
Diversa, come meglio si dirà appresso, è la situazione riguardo al processo verbale di constatazione redatto in sede di controllo fiscale. Questo non è un atto autonomamente impugnabile perché non rientra tra quelli previsti dall'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992. Per stabilire quali atti siano impugnabili in via differita, e quali invece non siano impugnabili in assoluto, il criterio da seguire è, infatti, quello tracciato per il processo amministrativo. Gli atti non nominati, se sono atti lesivi, non sono da impugnare immediatamente, ma con ricorso contro gli atti successivi, rispetto ai quali l’atto non impugnabile ha valore di atto presupposto o pregiudiziale. Ciò significa, in pratica, che il contribuente, ricevuto un atto non compreso tra quelli espressamente indicati come impugnabili autonomamente, deve attendere che gli venga notificato un atto autonomamente impugnabile, e proporre ricorso contro entrambi.
 
Con la redazione del processo verbale di constatazione si riassumono soltanto le risultanze dell’attività di verifica. È, però, di tutta evidenza quanto sia rilevante, oggi, per l’Agenzia fiscale e per la Guardia di finanza ricorrere all’acquisizione e alla comunicazione agli uffici accertatori di dati, elementi e notizie per la determinazione delle basi imponibili nel pieno rispetto dei diritti e delle garanzie concesse al contribuente sottoposto a controllo, affinché tali riferimenti siano supportati da gravità, precisione e concordanza sufficiente a far valere la pretesa, oltre che a garantire al contribuente sottoposto a verifiche fiscali il diritto di difesa espressamente previsto dall’articolo 12, commi da 2 a 4, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). Esaminiamo, dunque, più d’appreso, le questioni inerenti tali aspetti.
 
1 - continua
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