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Analisi e commenti

Il verbale di constatazione
nelle verifiche fiscali – 3

Nel giudizio penale per evasione fiscale, il pvc diventa “prova schiacciante” e, in tal caso, la soglia di punibilità può essere desunta dai soli dati in esso contenuti

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Tutti gli atti di cui precede (vedi seconda puntata) dovranno costituire allegati al processo verbale di constatazione redatto a chiusura delle operazioni, copia del quale va consegnata al contribuente o a chi lo rappresenta. Ciò vale, non solo a dimostrazione della presunzione di conoscenza degli atti in questione, stante la recettizietà degli stessi, ma principalmente per ricondurre a tale presunzione anche eventuali dichiarazioni rese da terzi e acquisite alla verifica attraverso le modalità dettate dagli articoli 51 del Dpr n. 633/1972 e 32 del Dpr n. 600/1973, cioè tramite richiesta di chiarimenti e informazioni in ordine alle operazioni poste in essere con il contribuente verificato, poi “richiamate” ma non ricomprese nel “processo verbale di constatazione“ redatto a conclusione delle operazioni di verifica, e però di particolare rilevanza, come meglio si dirà appresso, nel caso d’indeducibilità dei costi da reato, per come riformulata nell’articolo 14, comma 4-bis, della legge n. 537/1993 dal Dl n. 16/2012.
 
A esplicitare la rilevanza e, a un tempo, i limiti della formalizzazione dell’attività di controllo tramite verifica fiscale apprestata nel “processo verbale di constatazione”, pare utile la considerazione di Francesco Petrillo (“Interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica”) sul rapporto fra l’atto conclusivo delle operazioni di verifica e l’attività di accertamento. L’autore sottolinea “(…) quanto l’avviso di accertamento tributario, dal punto di vista strutturale, debba essere considerato per un verso un provvedimento amministrativo, per un altro un atto bilaterale inter vivos, in quanto dichiarazione bilaterale di attività, contenuta nel processo verbale di constatazione. Sempre più, in effetti, la Corte Suprema di cassazione (…) manifesta insofferenza verso un’interpretazione dell’attività degli uffici di accertamento tributario territoriale che si limiti soltanto a verificare le formalità provvedimentali dell’atto di accertamento, senza procedere, invece, a ri-verificare tutta l’attività ispettiva risultante dall’atto considerato parte propedeutica ed integrante dello stesso avviso, ovvero il processo verbale di constatazione“.
 
Ora, pur chiamandosi fuori dallo “storico” confronto fra “dichiarativisti” e “costitutivisti” sulla “fonte genetica” dell’obbligazione d’imposta, dibattito oggi molto meno “fascinoso” che in passato in un contesto sia giurisprudenziale che dottrinale propenso a soluzioni “pragmatiche” e, però, restando attenti agli approcci, altresì contrapposti, che s’intravedono in tale confronto, tra i fautori di una visione pubblicistica e tendenzialmente “autoritaria” della stessa ragione impositiva e un’altra attenta a cogliere gli aspetti “contrattualistici” del sorgere dell’obbligazione d’imposta, si rafforza il convincimento di maggior aderenza di quest’ultima impostazione agli orientamenti man mano accolti dal legislatore nell’apprestare una regolamentazione quanto più possibile “elastica” (seppur ancora problematica), degli istituti deflattivi del contenzioso tributario, abbandonando, altresì, l’iniziale inopportuna lettura in chiave di automatismo degli accertamenti su base presuntiva ed estimativa da tempo introdotti nell’ordinamento.
 
È precisamente sotto tale aspetto che la natura del “processo verbale di constatazione” redatto a fini fiscali ha subito un mutamento sostanziale, perdendo in parte la sua caratteristica di atto a rilevanza meramente interna al procedimento di accertamento, per assurgere ad atto avente efficacia esterna, visto che il contribuente può aderire ai rilievi in esso contenuti (vedi Tab. 1).
Del resto, tutto ciò collima con l’altro motivo di “enfatizzazione” del processo verbale di constatazione emerso sempre più nettamente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui tale atto nel giudizio penale per evasione fiscale diventa “prova schiacciante” e, in tal caso, la soglia di punibilità può essere desunta dai soli dati in esso contenuti e l’utilizzo è valido anche quando la Guardia di finanza lo ha redatto dopo l’iscrizione del contribuente nel registro degli indagati.

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Il rapporto tra processo penale e processo tributario e i riflessi di diritto processuale penale rispetto all’efficacia probatoria delle acquisizioni della verifica fiscale assumono, tuttavia, un rilievo tutto particolare là dove l’ispezione tributaria si traduce in “attività di indagine diretta ad acquisire la conoscenza di un possibile reato, con conseguente identificazione dell’autore e acquisizione delle relative fonti di prova” (Massimiliano Augugliaro, “La formazione della prova durante la fase istruttoria dell’accertamento tributario nell’ambito dei rapporti tra il diritto processuale penale e il procedimento tributario”, in Rivista online Ssef, anno 2005).
 
Secondo una risalente consolidata giurisprudenza della Cassazione, il processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di finanza o dai funzioni degli uffici finanziari, rientra nella categoria dei documenti extraprocessuali ricognitivi di natura amministrativa (articolo 234 cpp). Non è, dunque, da considerare un “atto processuale”, poiché non previsto dal codice di rito o dalle nome di attuazione (articolo 207) né può essere qualificato quale “particolare modalità di inoltro” della notizia di reato (articolo 221 disp. att.), in quanto i connotati di quest’ultima sono diversi.
Nel momento in cui emergono indizi di reato (e non meri sospetti) occorre, infatti, procedere secondo le modalità prescritte dall’articolo 220 disp. att. cpp La principale conseguenza di tale inquadramento era che la parte del documento compilata prima dell’insorgenza degli indizi ha sempre efficacia probatorie ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di rito (Cassazione, sentenza n. 4432/1997).
 
D’altra parte, è sotto l’aspetto soggettivo – in specie, la possibilità di rintracciare la qualifica di “polizia giudiziaria” nei pubblici ufficiali che redigono il processo verbale di constatazione a fine verifica – che il rapporto fra quanto in esso accertato e la sua rilevanza in sede processuale penale trova una specifica criticità, attesa, da un lato, l’impossibilità, a mente delle norme che regolano i poteri di accertamento, di attribuire ai funzionari dell’amministrazione civile (rectius dell’Agenzia delle Entrate) lo status di appartenenti alla “polizia giudiziaria”, dall’altro, il fatto che gli appartenenti alla Guardia di finanza hanno comunque, anche quando agiscono nell’ambito di una verifica a fini fiscali, la duplice veste di organi di controllo amministrativo e di organi di polizia giudiziaria, deputati ad assicurare fonti di prova da tradurre poi in prova in sede dibattimentale attraverso la mediazione del Pm o del Gip (in tale senso Franco Gallo, “L’accertamento dei reati tributari (verifiche e segnalazioni degli uffici tributari e della Guardia di finanza”).
 
Va evidenziato che l’intera problematica, qui appena accennata e fuori dalla presente trattazione, attiene non tanto al limite alla prova nel processo penale quanto alla sua formazione e acquisizione in sede d’indagine ispettiva. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (oltre che dottrinale), la formalizzazione di quest’ultima nel verbale di constatazione può trovare ingresso nel processo penale non a titolo originario, ovvero quale atto non ripetibile compiuto dalla polizia giudiziaria e inserito nel fascicolo del dibattimento ex articolo 431, comma 1, lettera b), cpp, quanto, piuttosto, a titolo di produzione documentale, da formulare in sede di richiesta di prova dopo l’apertura del dibattimento, ai sensi degli articoli 234 e 493 del cpp.
 
Qui si può tuttavia sottolineare che sia la “normativa regolamentare” (circolari, documenti di prassi, pronunciamenti amministrativi eccetera) sia la giurisprudenza (della Cassazione non meno che dei giudici di merito) hanno giocato un ruolo fondamentale nel definire e/o “completare” la regolamentazione normativa dell’intera materia. A motivo di ciò, pare opportuno integrare la trattazione, nei successivi interventi, con richiami a quei “pronunciamenti” che possono ritenersi essenziali sotto tale aspetto.
 
 
3 – continua. La prima puntata è stata pubblicata venerdì 9, la seconda puntata martedì 13
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