
Gli accordi con la Francia
Il Trattato stipulato nel 1963 era finalizzato ad evitare che i cittadini francesi potessero sottrarsi al pagamento delle imposte trasferendosi a Monaco. In ogni caso i cittadini francesi che si trasferiscono a Monaco non pagano i contributi previdenziali, comportamento peraltro confermato anche nel 2004 dalla Suprema Corte amministrativa. Nel corso degli anni le differenze tra i regimi fiscali di Francia e Monaco si sono acuite. Nel 1989, ad esempio, la Francia ha reintrodotto un’imposta sulla ricchezza delle persone fisiche, tributo ovviamente assente a Monaco. Il 26 maggio 2003 è stato quindi firmato un protocollo aggiuntivo che è entrato in vigore il 1° agosto 2005. In sostanza, l’imposta patrimoniale è stata ricondotta nell’alveo del trattato del 1963, per evitare distorsioni impositive a favore dei cittadini francesi residenti a Monaco. Con effetto retroattivo dal 2002 è prevista poi l’applicazione della patrimoniale anche ai francesi che si sono trasferiti a Monaco dal 1989. L’estensione al nuovo tributo è stata altresì prevista in relazione alle norme della Convenzione che prevedono lo scambio di informazioni tra gli Stati. Il protocollo del 2003, inoltre, contiene anche disposizioni in materia di transfer price. In particolare, la deduzione di royalty è ammessa a condizione che il pagamento sia per così dire "genuino", ossia se risponde al prezzo di libero mercato e se la prestazione è effettivamente resa.
Gli accordi con l’Unione europea
Pur non appartenendo all’Unione europea, Monaco fa parte del territorio doganale comunitario ed è stato coinvolto in relazione alla direttiva sul risparmio 2003/48/Ce. Il 7 dicembre 2004, infatti, è stato stipulato un accordo con l’Unione europea che prevede l’applicazione dell’euroritenuta sugli interessi percepiti da residenti europei. La ritenuta non verrà operata se l’investitore rinuncia al segreto bancario.
Gli accordi con l’Ocse
Al momento il rapporto meno collaborativo è proprio con l’Ocse. Il 18 aprile 2002 l’Ocse ha diramato una lista di paradisi fiscali considerati non cooperativi, in cui ha incluso anche Monaco. Lo scopo dell’Ocse è ovviamente identificare, in maniera obiettiva, i paradisi fiscali, per indurli a modificare la propria normativa e a sviluppare una cooperazione con i Paesi a fiscalità ordinaria. Nonostante questo contesto, Monaco non si è ancora impegnato a modificare la propria disciplina fiscale.