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Attualità

Gli abusi di esenzione Iva nelle transazioni intracomunitarie (2)

Si tratta di tipologie di frode strutturate in modo complesso che coinvolgono diversi Stati membri dell’Unione e società operanti a vari livelli

Il preoccupante dilagare del fenomeno ha indotto gli organismi comunitari e le Amministrazioni fiscali degli Stati della comunità europea ad adottare misure di contrasto all’evasione. In questa seconda puntata l’attenzione si focalizza sulla posizione assunta in materia dalla Commissione e dal Consiglio dell’Unione che, sin dal 2000, hanno auspicato un intervento urgente per delimitare i danni derivanti dalle frodi Iva in ambito Ue e sulle risposte fornite in sede nazionale con l’approvazione di provvedimenti ad hoc.
Il fenomeno delle frodi all’Iva intracomunitaria è stato indicato come particolarmente preoccupante dalla Commissione europea e dal Consiglio dell’Unione già dal giugno 2000. La necessità di operare alcuni interventi urgenti a livello comunitario per affrontare questa situazione viene sottolineata sia nella relazione della Commissione che nelle raccomandazioni del Consiglio di quell’anno. La maggior parte di tali raccomandazioni è poi sfociata in una serie di azioni concrete.
I precedenti in materia
Nel giugno 2001 la Commissione ha presentato una proposta per un nuovo regolamento volto a rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri per combattere le frodi Iva. Il Consiglio ha adottato la proposta l’8 ottobre 2003 mentre il 1° gennaio 2004 è entrato in vigore il nuovo regolamento (1798/2003) sulla cooperazione amministrativa in materia di Iva. Questo regolamento istituisce un quadro giuridico unico che fonde insieme il dispositivo giuridico del regolamento (CEE) n. 218/92 e le disposizioni della direttiva 77/799/CEE in materia di Iva. Il nuovo regolamento ha migliorato notevolmente il quadro giuridico in cui si muove la cooperazione amministrativa ed è così divenuto uno strumento fondamentale nella lotta contro le frodi Iva.
Le caratteristiche del nuovo regolamento
In particolare il nuovo regolamento fissa regole chiare e vincolanti finalizzate ad agevolare lo scambio di informazioni. Ad esempio esistono ora regole precise sulle modalità di formulazione delle richieste di informazioni, dei tempi di fornitura della risposta oltre che di gestione degli scambi di informazioni con i Paesi terzi. Inoltre il citato regolamento stabilisce nuove regole che consentono agli Stati membri di andare oltre il mero scambio di informazioni. Ad esempio un’Amministrazione fiscale di uno Stato membro può ora chiedere alla sua omologa di un altro Stato membro di notificare, a suo nome, una decisione a un proprio soggetto d’imposta che risiede nel territorio di tale altro Stato membro. Cosi come è possibile richiedere espressamente un accertamento o perfino chiedere se è possibile inviare un proprio controllore fiscale nell’altro Stato membro perché partecipi all’accertamento.
L’utilità degli strumenti normativi
Questi nuovi strumenti si sono rivelati molto utili nei casi in cui un soggetto d’imposta non risiede nel territorio dello Stato e non ha alcun rappresentante fiscale in tale Stato o nei casi in cui una società conserva tutti i propri documenti contabili in un altro Stato. La possibilità di richiedere una specifica indagine amministrativa è uno strumento molto utile anche per far fronte al "carosello fiscale", poiché consente agli Stati membri di chiedere ad altri Stati membri di verificare l’autenticità del soggetto d’imposta (indirizzo, attività, beni patrimoniali, identità dei direttori, ecc.) o di raccogliere maggiori prove su presunte transazioni irregolari.
Il ruolo della cooperazione diretta tra Amministrazioni
Il regolamento prevede inoltre contatti diretti tra i funzionari delle imposte di diversi Stati membri, che evitano così di dover passare sempre attraverso gli uffici centrali di collegamento (CLO). In tal modo è possibile cooperare in modo più veloce ed efficace. La Commissione ritiene, infatti, che la comunicazione diretta tra gli uffici preposti agli accertamenti o tra le unità antifrode rappresenti il metodo più efficace per accelerare lo scambio di informazioni. I CLO continueranno ad avere la responsabilità della gestione della cooperazione amministrativa. Tuttavia tutte le Amministrazioni fiscali hanno ora la facoltà di nominare anche altri dipartimenti di collegamento o dei funzionari competenti che possono scambiarsi direttamente le informazioni. Può trattarsi di servizi regionali (come le unità antifrode) oppure singoli funzionari delle imposte che partecipano a controlli multilaterali. Tutti gli Stati membri possono dunque sfruttare pienamente le possibilità offerte dal nuovo regolamento in questo campo per facilitare gli scambi diretti di informazioni sia tra uffici locali che tra uffici nazionali antifrode per i quali il rapido accesso alle informazioni provenienti da altri Stati membri costituisce una condizione essenziale per poter combattere efficacemente la frode intracomunitaria.
Le risposte nazionali alle raccomandazioni comunitarie
Al fine di limitare i danni derivanti dalle frodi Iva in ambito comunitario, il comma 386 dell’unico articolo della Finanziaria 2005 ha introdotto nel Dpr 633/72 il nuovo articolo 60 bis. Con un apposito decreto ministeriale saranno individuati alcuni beni per cui, in caso di mancato pagamento dell’Iva da parte del cedente, diviene obbligato solidale al pagamento l’acquirente quando i beni sono stati ceduti a un prezzo inferiore al valore normale.
Il riferimento alla sesta direttiva Ue
La legittimità di questa norma si fonda sull’articolo 21, paragrafo 3, della sesta direttiva (77/388/Cee), secondo cui gli Stati possono prevedere che un soggetto diverso dal debitore dell’imposta sia responsabile in solido per il versamento dell’Iva. In ogni caso, questo principio, contenuto in apposite raccomandazioni della Commissione Ue, non si applica alle prestazioni di servizi. Viene pertanto presunta la "malafede" del cessionario, chiamato a rispondere in solido per il pagamento in caso di mancato versamento dell’Iva da parte del cedente, qualora la vendita avvenga a un prezzo inferiore al valore normale. Al cessionario non rimane, dunque, che dimostrare "documentalmente" che il prezzo inferiore al valore normale è stato determinato per eventi e situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di disposizioni di legge e che, comunque, non sia collegato al mancato versamento dell’Iva.
La responsabilità del cessionario
Questo principio è comunque già in vigore in altri Paesi Ue per il commercio di cellulari e personal computer, nei casi in cui il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere dell’attività fraudolenta del cedente (Comunicazione 2004/260/Ce del 16 aprile 2004). In ogni caso la responsabilità solidale del cessionario presuppone che questi sia un soggetto passivo Iva. Sono pertanto esclusi i soggetti non titolari di partita Iva. Inoltre il vincolo di solidarietà passiva a carico del cessionario per l’Iva non versata dal cedente è limitata al pagamento dell’imposta. Pertanto dell’omesso versamento della maggiore imposta risponde esclusivamente il cedente, fatta salva l’ipotesi del concorso nell’illecito del cessionario.
La trasmissione per via telematica
Per contrastare poi più efficacemente i fenomeni di frode intracomunitaria sulle cessioni di autoveicoli, il comma 378 dell'articolo unico della legge n. 311/2004 ha introdotto un obbligo generalizzato a carico di tutti i soggetti d'imposta di trasmettere per via telematica al Dipartimento dei Trasporti terrestri (ex Motorizzazione civile) entro 15 giorni dall'acquisto, e comunque prima dell'immatricolazione del veicolo, una serie di dati e notizie, tra cui:
- il numero di identificazione intracomunitario del fornitore (o il codice fiscale nel caso di passaggio interno)
- il numero di telaio del veicolo. Inoltre è stato previsto che, per i successivi passaggi interni precedenti l’immatricolazione del veicolo, il numero identificativo intracomunitario venga sostituito dall’indicazione del codice fiscale del fornitore.
I termini della comunicazione
La comunicazione deve essere effettuata entro il termine di 15 giorni dalla vendita, anche in caso di cessioni intracomunitarie o di esportazioni dei medesimi veicoli. Nel caso in cui le suddette informazioni non vengano fornite da parte dei soggetti passivi di imposta, i competenti Uffici non potranno procedere all’immatricolazione dei veicoli che provengono da altro Paese Ue. L’articolo 53, comma 3, del decreto legge 331/1993, dispone, infatti, che «i pubblici uffici non possono procedere all’immatricolazione, all’iscrizione in pubblici registri o all’emanazione di provvedimenti equipollenti relativi a mezzi di trasporto nuovi, di cui all’art. 38, comma 4, oggetto di acquisto intracomunitario, se gli obblighi relativi all’applicazione dell’imposta non risultano adempiuti». In base all’articolo 38, comma 3 e 4, del decreto legge n. 331/1993, costituiscono, tra l’altro, «acquisti intracomunitari», gli acquisti a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi trasportati o spediti da altro Stato membro, intendendo, come tali «i veicoli con motore di cilindrata superiore a 48 cc. o potenza superiore a 7,2 Kw, destinati al trasporto di persone o cose che non abbiano percorso più di 6.000 chilometri e la cui cessione sia effettuata non oltre il termine di sei mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti».
La cessione intracomunitaria e l’esportazione
La comunicazione deve essere effettuata anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione dei medesimi veicoli, consentendo la completa tracciabilità lungo ogni passaggio della filiera commerciale. Pertanto, a seguito dell’acquisto di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi provenienti da un Paese membro ovvero da uno Stato aderente allo Spazio economico europeo attraverso canali di importazione non ufficiali, i contribuenti Iva, dal 1° settembre 2005, dovranno predisporre un’apposita comunicazione.
Le formalità a carico dei soggetti d'imposta
In particolare i soggetti d'imposta dovranno trasmettere al dipartimento dei Trasporti terrestri, entro quindici giorni dall'acquisto e, in ogni caso, prima dell'immatricolazione:
-  il codice fiscale e la denominazione del cessionario residente tenuto alla comunicazione;
-   il numero identificativo intracomunitario e la denominazione del fornitore, ovvero i dati anagrafici del fornitore qualora quest'ultimo non sia in possesso di numero identificativo intracomunitario;
-  il numero di telaio dell'autoveicolo, motoveicolo e rimorchio nuovo oggetto dell'acquisto;
-   la data dell'acquisto.
Per i successivi passaggi interni precedenti l'immatricolazione, il numero identificativo intracomunitario dovrà essere sostituito dal codice fiscale del fornitore nazionale. La predetta comunicazione dovrà essere effettuata anche in caso di cessione intracomunitaria o di esportazione di veicoli già oggetto di acquisto intracomunitario non immatricolati. In mancanza delle informazioni, gli Uffici della Motorizzazione non procederanno all'immatricolazione del veicoli.
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