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Attualità

Accesso presso Enc. Quando il funzionario si ferma sull'uscio

Le circostanze in cui è necessaria la preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica

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Per accedere ai locali di enti non commerciali è necessario, per i funzionari dell'Amministrazione finanziaria, premunirsi della preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica? Secondo la dottrina prevalente, nei confronti dei soggetti associativi non titolari di redditi di impresa, l'autorizzazione dell'Autorità giudiziaria è presupposto essenziale ai fini della legittimità dell'accesso.
A parere di chi scrive, però, nel caso in cui l'associazione svolga anche attività commerciale (per esempio di ristorazione o somministrazione di bevande), le modalità di controllo attuabili sono invece quelle indicate al comma 1 dell'articolo 52 del Dpr n. 633/72, in base al quale gli uffici dell'Amministrazione finanziaria e la Guardia di Finanza possono disporre l'accesso per procedere a ispezioni documentali, verificazioni, ricerche e ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni.

I funzionari che eseguono l'accesso devono essere comunque muniti di apposita autorizzazione rilasciata dal capo dell'Ufficio da cui dipendono.
Solo per accedere nei locali che siano adibiti ad abitazione è necessaria anche l'autorizzazione del Procuratore della Repubblica.

Il comma 2 dello stesso articolo dispone, invece, un'eccezione a tale regola, disciplinando l'accesso nei locali dove non si svolge alcuna attività commerciale e dove si svolgono, comunque, attività conformi a quelle previste nello statuto dell'ente.

L'accesso nei locali dove non si svolge alcuna attività commerciale (e solo questo tipo di accesso) può essere del resto eseguito solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica e comunque:

 

  • soltanto in caso di gravi indizi di violazione della normativa fiscale
  • allo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove delle stesse violazioni

In sintesi:
La procedura ordinaria (comma 1) riguarda le modalità per accedere nei locali dove si esercitano attività d'impresa, artistiche e professionali (esclusive o promiscue).
La procedura eccezionale (comma 2) disciplina il caso in cui si debba accedere in locali diversi da quelli precedenti, come i locali degli enti non commerciali che non svolgono affatto attività imprenditoriali.

L'accesso presso enti non commerciali
Per quanto riguarda gli enti non profit, vale quindi il principio della tutela del "domicilio istituzionale", intendendosi per tale quello dove si svolge l'ordinaria ed esclusiva attività non commerciale di natura culturale, assistenziale, religiosa eccetera.
Ovviamente tale tutela speciale non opera in presenza di attività commerciali imponibili, nel qual caso la disciplina applicabile sarà assimilabile a quella relativa ai locali adibiti a impresa.

In tali casi, del resto, l'accesso è comunque giustificato dal fine del controllo della (dovuta) contabilità separata delle operazioni commerciali.
Il potere di accesso, del resto, deve necessariamente riguardare ogni tipo di contribuente (potenzialmente) soggetto al pagamento delle imposte, ivi compresi gli evasori totali (come, appunto, i soggetti "mascherati" da enti non commerciali esenti), nei cui confronti sono indispensabili azioni penetranti.

Anche la Consulta, dichiarando l'insufficienza del principio dell'autoproclamazione, ha peraltro precisato che la concessione dei benefici va effettuata "alla stregua della reale natura dell'ente e dell'attività in concreto esercitata, non potendosi ritenere che un'associazione sia arbitra della propria intassabilità" (Così Corte costituzionale, 19 novembre 1992, n. 467). Ed è evidente che solo un accertamento in concreto, cioè presso l'ente, possa dirimere ogni dubbio sulla sussistenza dei presupposti per le agevolazioni fiscali previste dal Dlgs n. 460/1997.

La tutela dell'inviolabilità del domicilio, garantita dalla autorizzazione del Procuratore della Repubblica, è riconosciuta, del resto, solo qualora la destinazione abitativa o associativa dei luoghi a cui si accede sia connotata dai caratteri dell'effettività e dell'attualità, e non invece nei casi in cui sia il frutto di una astratta progettualità o, peggio, di una dolosa qualificazione (vedi anche Cassazione, sentenza n. 4071/85).

Come egregiamente affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 50/1965) in una sentenza che esprime bene i valori che dovrebbero caratterizzare il nostro ordinamento tributario, occorre quindi ribadire che l'interesse fiscale "si configura non come uno degli interessi indistinti che sono affidati alla cura dell'Amministrazione statale, ma come un interesse particolarmente differenziato che, attenendo al regolare funzionamento dei servizi necessari alla vita della comunità, ne condiziona l'esistenza".

La prevalenza della libertà domiciliare (o associativa) sull'interesse fiscale si realizza dunque solo in casi eccezionali, disciplinati da norme di stretta interpretazione, insuscettibili di applicazione analogica.

Utilizzabilità dei documenti acquisiti in sede processuale
Anche nel caso in cui si volesse accettare la tesi della necessità dell'autorizzazione preventiva, la sua mancanza non avrà, comunque, ai fini processuali, conseguenze di rilievo.
Le massime enucleabili dalla giurisprudenza di legittimità evidenziano, in realtà, il principio in base al quale l'Amministrazione può porre a fondamento della propria attività conoscitiva ogni dato comunque in suo possesso.

Ciò che rileva, afferma la Cassazione, è solo l'attendibilità delle fonti di prova acquisite, in quanto "la prova non subisce gli effetti della illegittimità, come conseguenza necessaria della eventuale illiceità dell'acquisizione" (fra le tante, Cassazione, sentenza n. 8344/2001).
In sostanza, comunque sia e in ogni caso, la sola cosa importante è l'attendibilità delle prove, non già il modo in cui sono state acquisite.

Sottesa a questa affermazione, non c'è un approccio "pro Fisco", quanto piuttosto un orientamento "antiformalistico". Come espressamente affermato, non si ritiene giusto che una prova oggettivamente ammissibile, ossia una prova valida e convincente, possa essere posta nel nulla da un vizio di forma nella sua acquisizione. Tanto più, visto che non esiste nel procedimento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite: se la sanzione non c'è, quindi, la sua inosservanza è priva di conseguenze (vedi anche Cassazione n. 7791 dell'8/6/2001).

Ancora la Cassazione (sentenza n. 8273 del 26 maggio 2003) ha, infatti, affermato che "in materia tributaria non vige il principio, presente invece nel codice di procedura penale, secondo cui è inutilizzabile la prova acquisita irritualmente, pertanto gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso salvo la verifica della attendibilità".
In quell'occasione, già la Commissione tributaria regionale aveva disatteso le tesi del ricorrente, in ordine alla violazione dei limiti posti dalla legge all'utilizzo dei dati acquisiti in occasione di accessi domiciliari non preventivamente autorizzati.

Preme anche evidenziare come tali conclusioni siano comunque state confermate anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità: "…la mancanza dell'autorizzazione …non tocca l'efficacia probatoria dei dati trasmessi, né implica l'invalidità dell'atto impositivo adottato sulla scorta degli stessi…in tema di accertamento delle imposte sui redditi…la violazione delle regole dell'accertamento tributario non comporta come conseguenza necessaria l'inutilizzabilità degli elementi acquisiti, in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso (Cass., Sez. V civ., 16 giugno 2006, n. 14058)" (sentenza n. 2658 del 7/2/2007).

Effetti della mancata opposizione all'accesso
Nei casi, infine, di accesso senza opposizione del contribuente, allora non si può che concludere per la sua indubbia legittimità.
La Cassazione, con sentenza 27 luglio 1998, ha, infatti, riconosciuto che l'assenso del contribuente supera ogni questione sulla regolarità dell'atto istruttorio: se "l'accesso si è verificato con il consenso del contribuente, ciò…vale a superare ogni questione sulla legittimità dell'accesso stesso…il rifiuto all'accesso deve essere fatto constatare nel processo verbale di verifica, dandosi atto che l'accesso è stato effettuato nonostante l'opposizione".

Secondo la Corte (vedi sentenza n. 1286 del 26 gennaio 2004), quindi, la partecipazione del contribuente alle operazioni di verifica (o, come nel caso in esame, all'accesso), senza che lo stesso muova alcuna contestazione, equivale, sostanzialmente, ad accettazione delle stesse e dei loro risultati, in quanto, se avesse avuto qualche cosa da contestare sulle operazioni di verifica, il contribuente avrebbe dovuto, e potuto, formulare immediatamente il proprio dissenso e pretendere che le proprie contestazioni fossero riportate sul verbale.

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