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Attualità

Adriano, il monarca filosofo che amava i condoni

Celebrato nelle memorie contemporanee come l'imperatore delle arti, è stato anche il campione della contabilità romana

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Publio Elio Adriano nacque nel 76 d. C. in una cittadina della Baetica nel sud della Spagna. Un imperatore che amava la poesia, la filosofia e le arti con tale ardore che i contemporanei gli ritagliarono sulle spalle il nomignolo di "graeculus". E questo per sottolineare alla maniera scanzonata delle plebi romane il suo attaccamento per tutto ciò che aveva origine nel perimetro della cultura ellenica, si trattasse di opere scultoree, di lezioni retoriche oppure di letteratura pura. Adriano però, celebrato nelle memorie contemporanee come l'imperatore delle arti, è stato anche il campione della contabilità romana, anzi, il monarca assoluto dei condoni fiscali di cui mantiene ancora il primato.

Le ragioni politico-sociali del perdono fiscale
Nel 118 d.C., infatti, nei mesi immediatamente successivi alla sua incoronazione e dopo aver incassato il placet del Senato, una delle principali e più ardimentose sfide con le quali il novello cesare decise di mettersi alla prova fu quella di guadagnare il consenso dei cittadini dell'Impero e dei cittadini che risiedevano nelle Province nel più breve tempo possibile. In tal modo fu accelerato il processo di rafforzamento della sua autorità imperiale che già aveva ricevuto l'assenso esplicito dei senatori e degli uomini più influenti dell'Impero. Per raggiungere quest'obiettivo, Adriano scelse di percorrere la via del condono fiscale. In pratica, con un solo ma irresistibile atto di generosa contabilità, l'imperatore delle lettere cancellò tutti i debiti fiscali dei contribuenti romani registrati all'interno di un confine temporale di ben sedici anni.

Un condono da primato, ovvero, imperiale
Decine di migliaia di sudditi festeggiarono la luminosa e inattesa liberalitas dell'imperatore al quale, peraltro prassi già consolidata con Caligola, Nerone, Nerva e Traiano, furono erette statue e dedicati monumenti anche nelle più lontane contrade dell'Impero.
Fu, almeno nella storia del Vecchio Continente, il perdono fiscale con il più alto costo per le casse dell'erario. In una sola notte, infatti, furono pubblicamente distrutti e bruciati i documenti contabili che comprovavano la totalità degli arretrati fiscali e dei debiti tributari di migliaia di contribuenti morosi. Naturalmente, fu una notte di follia e d'incontenibile gioia per i cittadini dell'Impero, per l'erario, invece fu una sorta di caporetto finanziaria che rischiò di segnare per anni l'equilibrio già precario tra entrate e uscite all'interno del bilancio pubblico.

Con un semplice atto, l'imperatore aveva, infatti, siglato un perdono fiscale che ammontava ad oltre 900 milioni di sesterzi. Si trattava di una cifra immensa, che quasi carezzava l'entità delle entrate fiscali complessive raccolte annualmente dall'Impero. Da quella notte, però, ormai da secoli e ancor oggi, quel condono fiscale occupa nella storia della contabilità europea il gradino più alto nella classifica degli atti perdonali realizzati sul terreno tributario, tanto per l'estensione, nessuno ne fu escluso, quanto per l'ammontare del beneficio finanziario che produsse nei riguardi dei cittadini.

Le riforme dopo il condono
Si deve riconoscere che Adriano, non fu soltanto l'imperatore delle arti, ma anche un gran riformatore, soprattutto in materia fiscale. Dopo aver riorganizzato la burocrazia, centralizzandola e rendendola più efficiente in termini di conoscenze e di competenze, introdusse un importante ufficio di contabilità (a rationibus) per monitorare con metodi razionali lo stato del bilancio e delle finanze dell'Impero. Nel contempo, sponsorizzò la costituzione di un ufficio quasi rivoluzionario per l'epoca, ovvero, l'avvocatura del fisco, con il compito istituzionale di tutelare gli interessi dell'erario imperiale e decidere nelle controversie che contrapponevano i contribuenti all'Amministrazione tributaria.

Insomma una sorta di miscela tra la moderna Avvocatura dello Stato e il contenzioso. Ancor più indicativa fu la trasformazione che determinò la riforma della riscossione, transitando dal tradizionale metodo dell'appalto a quello dell'esazione diretta delle imposte da parte di un'Amministrazione centrale che finalmente iniziò a costituire un corpo solido e omogeneo.

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