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Attualità

Anche la “sfumata” cedolare secca
rivive con la “remissione in bonis”

Basta una spesa minima di 250 euro, da versare mediante modello F24 (senza possibilità di compensazione), e la semplice disattenzione non sortisce fastidiosi effetti indesiderati

fiore tra le pietre
Recuperare l’occasione perduta di fruire di alcuni benefici fiscali o accedere a determinati regimi opzionali, condizionati da preventive comunicazioni (non inviate in tempo) o scelte da dichiarare (non espresse), è ancora possibile, ma nel termine di presentazione della prima dichiarazione utile, cioè entro il prossimo 30 settembre.
La soluzione si chiama “remissione in bonis”, una forma di ravvedimento minore, introdotta dall’articolo 2, comma 1, del Dl 16/2012, che consente di rimediare alle conseguenze di piccole disattenzioni relative ad adempimenti formali non eseguiti alle naturali scadenze; il tutto, versando una sanzione minima di 250 euro.
 
La cura, che ha effetto su una serie di formalità non evase in tempo, come ad esempio la mancata trasmissione dell’“opzione per il regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo di beni immateriali”, entro il 31 dicembre 2015, da parte dei titolari di reddito d’impresa, che intendono optare per il regime fiscale agevolato “patent box” per il 2015, o l’omessa presentazione, nel termine del 16 febbraio 2016, di Iva 26 dedicato agli enti e alle società controllanti che vogliono aderire al regime di liquidazione e versamento dell’Iva di gruppo per l’anno 2016, guarisce, in alcuni casi, anche l’intempestiva presentazione del modello Rli per la scelta della cedolare secca.
 
Siamo nel campo delle locazioni: la cedolare secca è una modalità di tassazione dei canoni d’affitto alternativa a quella ordinaria che si traduce nell’applicazione, al canone annuo di locazione, di un’imposta fissa, in sostituzione dell’Irpef e delle relative addizionali, dell’imposta di registro e di quella di bollo.
L’opzione che, a certe condizioni, può essere esercitata dal locatore, si manifesta attraverso il modello Rli sin dall’inizio del rapporto, oppure in un’annualità successiva, nel termine previsto per il pagamento dell’imposta di registro, cioè entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente. Oltre questo termine, non è possibile accedere al regime per quell’annualità e la scelta fuori tempo produce effetti soltanto in quelle successive.
 
Tanto premesso e come già accennato, la tardiva comunicazione dell’opzione può rientrare, in determinate ipotesi, nel campo di applicazione della “remissione in bonis”. In particolare, quando il ritardo nella trasmissione del modello non sia, in realtà, un semplice ripensamento.
Per esempio, non può essere ammesso a fruire dell’opportunità chi ha effettuato il versamento dell’imposta di registro, anche se in un’unica soluzione, prima di esercitare l’opzione per il regime della cedolare secca. Il pagamento del Registro è, infatti, una precisa manifestazione di volontà.
Analogamente, non può beneficiare dell’istituto della “remissione in bonis”, per l’anno in corso, il contribuente che, pagando annualmente l’imposta di registro, l’abbia già versata regolarmente, senza effettuare la scelta nei termini previsti.
 
In pratica, la remissione funziona esclusivamente nel caso in cui il contribuente attua un comportamento coerente con il regime opzionale e adempie a tutti gli obblighi formali richiesti, omettendo solo la presentazione del modello ad hoc.
Una situazione possibile può essere:
  • contratto di locazione quadriennale efficace dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2018, stipulato il 1° e registrato, nei termini, il 15 gennaio 2015, senza optare per la cedolare secca, con il versamento dell’imposta di registro dovuta per la sola prima annualità
  • un successivo modello Rli presentato il 15 febbraio 2016, per scegliere la cedolare. 
    In questa ipotesi, in cui l’opzione non produrrebbe effetti per il 2016 (anno per il quale doveva essere manifestata entro il 31 gennaio 2016), ma solo per il 2017, è possibile avvalersi della “remissione in bonis” e ottenere la decorrenza dal 2016. Considerando che, nell’esempio, l’imposta di registro annuale non è stata pagata, si evita anche la sanzione per omesso/tardivo versamento del tributo.
Remissione in bonis, a condizione che…
A questo punto è utile ricordare che la regolarizzazione agisce solo quando:
  • la violazione non è già stata constatata o non sono “iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza”. Sull’argomento è intervenuta l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 38/2012, precisando che, in caso di accesso, ispezione, verifica o di altra attività amministrativa di accertamento, riguardante settori impositivi diversi da quello cui si riferisce il beneficio fiscale o il regime opzionale, non preclude l’opportunità di avvalersi della “remissione in bonis”, attraverso la successiva trasmissione della comunicazione o l’assolvimento dell’adempimento fiscale richiesto
  • i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento”, per accedere a regimi agevolati o a benefici fiscali, sono posseduti alla data originaria di scadenza del termine previsto per la trasmissione della comunicazione o per l’effettuazione del relativo adempimento formale
  • la comunicazione è trasmessa o l’adempimento è eseguito “entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”. Con questa espressione, si intende perentoriamente il termine ordinario di presentazione di Unico, senza che abbia alcun valore il “periodo di tolleranza” di 90 giorni previsto dall’articolo 2, comma 7, del Dpr 322/1998
  • la sanzione di 250 euro è versata contestualmente alla presentazione della comunicazione o all’effettuazione dell’adempimento. Per fare ciò servono un modello F24 e il codice tributo 8114. 
Un avviso importante: la sanzione non può entrare, in alcun modo, nel giro delle compensazioni.
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