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Attualità

Azionariato diffuso. Non c’è bonus senza controllo

Limitate le possibilità di far rientrare quello congiunto nell’ambito applicativo dell’articolo 2359 del Codice civile

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Nessun trattamento fiscale di favore per le azioni offerte alla generalità dei dipendenti, nell’ipotesi in cui i titoli siano emessi da società che controllano congiuntamente quella presso cui i lavoratori subordinati operano.
Con la risoluzione n. 376/E del 17 dicembre, l’agenzia delle Entrate ha, quindi, affrontato la questione interpretativa riguardante la possibilità di includere nell’ambito applicativo dell’articolo 51, comma 2-bis, del Tuir (in tema di piani di azionariato diffuso), ipotesi di controllo congiunto. L’Amministrazione, dopo aver ribadito che la nozione di controllo a cui fa riferimento il comma 2-bis va necessariamente ricondotta all’interno dell’articolo 2359 del Codice civile, ha, cioè, negato la possibilità di ricomprendere nello stesso ipotesi di joint venture.

Ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera g), del Tuir, non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 2.065,83 euro, a condizione che i titoli non siano riacquistati dalla società emittente o dal datore di lavoro o, comunque, ceduti prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione. Nel caso, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.

La normativa si applica a quelli che normalmente vengono definiti piani di azionariato “diffuso” o “popolare”, che si differenziano dai piani di stock optino che trovano la loro regolamentazione fiscale nella successiva lettera g-bis).
Il regime di non concorrenza al reddito di lavoro dipendente previsto per i piani di azionariato diffuso (ma anche per i piani di stock optino) si applica esclusivamente alle azioni emesse dall’impresa presso cui il dipendente lavora, o quelle emesse da società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa (“società madri”), ne sono controllate (“società figlie”) o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa (“società sorelle”).

Il caso che ha trovato una soluzione nella risposta all’istanza di interpello, riguardava la possibilità di applicare il descritto regime di favore ai casi in cui siano offerte ai dipendenti azioni delle società che controllano congiuntamente, ognuna al 50%, l’impresa presso cui il dipendente presta la propria attività lavorativa.

La partecipazione paritetica e integrale di due soggetti al capitale di un’impresa non consente di ravvisare in nessuno dei due soci una situazione di controllo. Del resto, la struttura societaria caratterizzata da un eguale peso attribuito ai partecipanti (si tratta spesso di joint venture) è diretta proprio a evitare che uno dei due soggetti possa condizionare autonomamente le scelte della società partecipata.

L’agenzia delle Entrate ha ribadito (cfr circolare 326/1997) che, per definire il requisito del controllo, in mancanza di una espressa indicazione in senso difforme presente nel comma 2-bis), è necessario fare riferimento all’articolo 2359 del Codice civile.
La norma individua due tipi di controllo: di diritto e di fatto.
Il controllo di diritto si configura quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società. Quello di fatto, invece, è ravvisabile ogni qualvolta una società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società, oppure quando è in grado di esercitare un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali.

Tale nozione di controllo, è stato specificato, presuppone necessariamente l’esistenza di una situazione in cui un unico soggetto ha la capacità di influire in modo determinante sulle scelte operate da un altro soggetto.
Ciò esclude la possibilità di ricomprendere nell’ambito di applicazione dell’articolo 2359 Cc situazioni di controllo congiunto.

A parere dell’Agenzia, comunque, il riferimento “civilistico” non esclude in termini assoluti la possibilità che anche in presenza di una partecipazione paritetica alla società (50% ciascuno) sia individuabile una situazione di controllo da parte di uno dei due soci. Infatti, l’ampiezza del concetto di controllo prevista dall’articolo 2359 Cc richiede necessariamente un’analisi approfondita del complesso dei rapporti intercorrenti tra i soggetti coinvolti, al fine di verificare se uno di essi eserciti sull’altro un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali. Se ciò dovesse verificarsi, sarà possibile usufruire dell’agevolazione fiscale prevista per i piani di azionariato diffuso.

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