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Attualità

La caparra confirmatoria

L'orientamento dell'Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza tributaria

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Con decisione del 18 maggio 2005, il Conseil d'Etat francese ha richiesto alla Corte di giustizia delle Comunità europee di pronunciarsi in merito a un contenzioso vertente sull'annoso problema relativo al corretto trattamento fiscale ai fini Iva da riservare alle somme versate a titolo di caparra confirmatoria.

Il giudizio in parola ha come parte ricorrente una società che, nell'ambito della gestione di stabilimenti termali, svolge attività alberghiere e di ristorazione e che è stata oggetto di un accertamento contabile in seguito al quale l'amministrazione tributaria ha assoggettato a Iva la caparra che i clienti le avevano versato al momento della prenotazione delle camere e che essa aveva trattenuto dopo l'annullamento della prenotazione.

Con il ricorso, la società mira all'annullamento della sentenza con la quale la Cour administrative d'appel de Bordeaux ha confermato la fondatezza di tale assoggettamento, adducendo come motivazione che la caparra doveva essere considerata il corrispettivo diretto di una prestazione di servizi che consisteva nell'avviare la pratica del cliente e nel prenotare il suo soggiorno. La società fonda invece il proprio ricorso sul convincimento che la caparra deve essere considerata un'indennità versata a titolo di risarcimento del danno da essa subito per il fatto dell'inadempimento dei suoi clienti e, come tale, non assoggettata all'Iva.

In attesa che la Corte di giustizia si pronunci in relazione alla descritta fattispecie, con il presente articolo si intende richiamare l'attenzione sull'indirizzo espresso dall'Amministrazione finanziaria italiana e dalla giurisprudenza tributaria sull'argomento, non prima di aver delineato gli aspetti civilistici dai quali, si ritiene, non si debba prescindere al fine di una maggiore comprensione degli aspetti impositivi.

La caparra confirmatoria viene disciplinata all'articolo 1385 del codice civile.
Essa costituisce una somma di denaro (o più raramente una quantità di cose fungibili) che viene versata al momento della conclusione del contratto e che, in caso di adempimento, viene restituita o imputata alla prestazione dovuta.
In caso di inadempimento, invece, se inadempiente è la parte che ha dato la caparra (tradens), l'altra parte può recedere dal contratto, trattenendo la somma ricevuta; al contrario, se inadempiente è la parte che l'ha ricevuta (accipiens), l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. E' fatta salva la possibilità di richiedere l'adempimento o la risoluzione, nonché il risarcimento secondo le comuni regole, cioè dimostrando l'ammontare del danno pattuito.

Parte della dottrina attribuisce alla caparra funzione risarcitoria, ossia di liquidazione preventiva del danno da inadempimento; altra parte le conferisce una funzione sanzionatoria, in quanto permette all'accipiens di appropriarsi definitivamente della somma e delle cose consegnate, in conto di sanzione per l'inadempimento del tradens.
Resta il fatto che non costituisce il corrispettivo di alcuna cessione di beni o prestazione di servizi. Occorre sottolineare che, solo in caso di adempimento del tradens, la caparra, essendo imputata alla prestazione dovuta, diviene parte del corrispettivo pattuito.
Fino a quel momento non si può parlare di acconti. Occorre, infatti, distinguere la caparra dagli acconti, i quali (in quanto anticipazioni sul prezzo) devono essere fatturati con applicazione dell'Iva sin dal momento del loro ricevimento, dovendosi considerare realizzato il momento impositivo all'atto del pagamento, in deroga ai principi di carattere generale (articolo 6, comma 4, del Dpr 633/72).

Tanto premesso, risulta comprensibile la posizione presa dall'Amministrazione finanziaria italiana ed espressa nella risoluzione n. 501824 dell'1/6/1974, in cui ha sostenuto che la caparra confirmatoria non va di per se stessa assoggettata a Iva, in quanto ha la funzione di risarcire l'eventuale danno che la parte non inadempiente potrebbe subire dall'inadempimento dell'altra. Nella medesima risoluzione, è stato inoltre precisato che, in caso di regolare adempimento, la caparra, essendo imputata al corrispettivo pattuito, concorrerà alla formazione della base imponibile.

Tale posizione è stata ribadita anche con la risoluzione n. 411673 del 19/5/1977, in cui viene specificato che la caparra confirmatoria è versata non a titolo di parziale pagamento del prezzo, ma in funzione dell'eventuale risarcimento del danno; analogo orientamento è, ancora, leggibile nella risoluzione n. 251127 del 3/1/1985.

La linea interpretativa espressa dall'Amministrazione finanziaria trova conferma anche in campo giurisprudenziale, laddove, in più occasioni, si è avuto modo di precisare come le somme versate a titolo di caparra confirmatoria e non considerate dalle parti anticipazioni del prezzo, bensì garanzia dell'esatto adempimento, non possono formare oggetto di fatturazione, in quanto non rientranti nella previsione dell'articolo 6 del Dpr 633/72 (decisione numero 6430 del 14/12/1998 della Commissione tributaria centrale).
L'orientamento dell'Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza tributaria è quello, quindi, di non assoggettare a Iva la caparra. Solo nel momento in cui si verifica l'adempimento e viene meno l'eventualità del danno da inadempimento, la caparra perde la sua funzione originaria divenendo parte del corrispettivo, sul quale viene applicata l'imposta.
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