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Attualità

Censura per le istanze "vacue"

Pareri n. 53 deliberato il 15 dicembre 2005 e n. 1 deliberato il 25 gennaio 2006

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E' certamente retorico affermare, per chi segue la giurisprudenza del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, che la scissione societaria rappresenta la fattispecie maggiormente ricorrente.
Analizziamo, nel seguito, due interpelli nei quali questa tipologia negoziale, pur attuata in forme diverse, offre l'occasione per chiarire quali sono gli elementi di criticità o di sofferenza espositiva, che spingono l'Organo consultivo a decretare la cassazione della soluzione interpretativa rappresentata dal contribuente.

Si è più volte precisato, infatti, che il Comitato consultivo è, per espressa volontà del legislatore (che ne ha sdoganato, con il decreto ministeriale n. 194 del 13 giugno 1997 in attuazione dell'articolo 21 della legge n. 413 del 30 dicembre 1991, l'attività), un organo super partes a matrice professionale eterogenea posto alle dirette dipendenze del ministro e topograficamente operativo all'interno dell'Agenzia delle entrate attraverso la propria struttura di segreteria tecnica e che, per la peculiarità della propria natura all'interno dell'apparato, non dispone di competenze istruttorie dirette.
Da ciò discende inerzialmente che la pur riconosciuta facoltà di far ricorso a incidenti probatori è realizzabile solo in via mediata avvalendosi della delega a uno dei suoi componenti (che procede con l'assistenza del personale della segreteria) ovvero agli uffici centrali e periferici dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza e unicamente nel caso in cui il riscontrato difetto di specificazione o documentazione non debordi in una carenza tale da non consentire una sufficiente comprensione della situazione giuridico economica oggetto della richiesta di parere, della dinamica circostanziale che ne suggerisce una modifica nonché delle implicazioni fiscali, presenti o prospettiche, che conseguirebbero al mutamento dello status quo, che l'interpellante prospetta come necessario e non elusivo.

Tale linea interpretativa del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive beneficia di un'ulteriore conferma nei due pareri che si riportano, i quali, pur riferendosi a fattispecie diverse, posseggono un dispositivo gemellare, per la riscontrata pregiudizialità assorbente della vacuità dell'istanza rispetto alle considerazioni di merito circa la sussistenza delle valide ragioni economiche.
Il parere n. 53/2005 ("l'istanza di interpello di cui all'articolo 21, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, deve rigorosamente contenere, a pena di inammissibilità, una dettagliata e precisa esposizione del caso prospettato") viene reso in risposta a un interpello avanzato da una Spa che svolge attività di edilizia e, in genere, attività commerciale inerente la destinazione degli immobili costruiti. L'attività edile sarebbe da tempo surclassata dall'attività di locazione dei fabbricati costruiti.
A tal proposito, l'istante precisa che gli immobili sono collocati nell'attivo circolante dello stato patrimoniale in quanto beni merce, per cui, ai fini della redazione del bilancio d'esercizio, costituiscono rimanenze di magazzino.
L'attuale compagine sociale è composta da due gruppi familiari, ciascuno dei quali, a sua volta, è costituito da altri tre nuclei familiari. A causa dell'insorgenza dei forti dissidi tra i due gruppi familiari in merito alla necessità di effettuare delle opere di ristrutturazione sugli immobili costruiti, si intenderebbe procedere a un'operazione di scissione parziale non proporzionale, a valori contabili e nel pieno rispetto della continuità dei valori stessi, al fine di dividere il patrimonio immobiliare tra due società (ciascuna posseduta da un solo gruppo familiare) ovvero fra più società (ciascuna partecipata esclusivamente da un nucleo familiare).
Alle valide ragioni economiche, consistenti nella finalità di consentire il superamento degli attuali dissidi e di permettere a ciascun nucleo familiare di gestire la propria beneficiaria neocostituita secondo le proprie strategie imprenditoriali, si sommerebbe la dichiarata volontà di non utilizzare lo schema riorganizzativo prospettato per finalità elusive.
L'esposizione di fatti, pur rendendo assimilabile la fattispecie ad altre analoghe, delle quali il Comitato consultivo ha decretato la non elusività in considerazione dell'assenza di aggiramenti capziosi delle norme tributarie e di apprezzabili motivazioni economico-gestionali (il riferimento va ai pareri n. 6/2002, n. 14/2002 e n. 22/2004), non beneficia della medesima valutazione, essendo in essa totalmente assente una rappresentazione minima della situazione societaria attuale e "delle prospettive che si verrebbero a determinare in esito all'operazione prospettata".

Analogamente, è la difformità rispetto a quanto prescritto dall'articolo 5 del regolamento adottato con il decreto ministeriale n. 194/97 citato che motiva la declaratoria di inammissibilità recata dal parere n. 1/2006 ("la richiesta di parere rivolta al Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive è inammissibile, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del regolamento adottato con il decreto ministeriale 13 giugno 1997, n. 194, quando la rappresentazione della situazione giuridico-economica in essere, di quella che si intenderebbe realizzare, nonché delle finalità perseguite e dei riflessi di ordine tributario risulta lacunosa o imprecisa o, comunque, inadeguata a consentire al Comitato di effettuare una valutazione obiettiva, attendibile e congruamente argomentabile in merito alla sussistenza o meno dei profili di elusività indicati dall'articolo 37-bis, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973") relativo a una scissione totale non proporzionale, della quale una società, che svolge attività di riparazione e manutenzione di macchine elettroniche d'ufficio, chiede conferma della legittimità fiscale ai sensi dell'articolo 37-bis del Dpr n. 600/73, fornendo la rappresentazione della seguente fattispecie.
L'operazione sarebbe motivata dalla necessità di eliminare il persistente dissidio insorto nel tempo tra i due nuclei familiari costituenti la compagine sociale e avrebbe come finalità la divisione delle attività imprenditoriali tra i due nuclei familiari.
La divisione tra i due nuclei familiari avverrebbe - si è detto - attraverso una scissione totale non proporzionale per mezzo della quale l'istante - una Snc - trasferirebbe l'intero suo patrimonio, distinto in due rami d'azienda, a due società, anch'esse con la forma di società in nome collettivo, di nuova costituzione.
La società precisa che non sono previsti conguagli in denaro tra i soci, data la sostanziale uguaglianza dei due rami aziendali scissi (la dotazione di beni mobili e immobili di due rami d'azienda avrebbe un valore sostanzialmente coincidente), e che il trasferimento delle attività delle società scisse alle beneficiarie sarà effettuato in regime di continuità di valori fiscali e senza sottrazione degli stessi al regime d'impresa, nell'ottica di funzionamento e continuità aziendale e imprenditoriale.
Dal momento che l'intero patrimonio verrebbe trasferito alle due beneficiarie al termine dell'operazione, la scissa si scioglierebbe senza alcuna liquidazione del patrimonio sociale.

Pur rientrando il caso prospettato nella propria competenza cognitiva, il Comitato consultivo ne decreta l'inammissibilità, in linea con il proprio orientamento di recente ribadito nei pareri n. 4/2005 e n. 39/2005, per la vacuità dei dati circostanziali e documentali addotti nell'istanza che rendono la richiesta, per inosservanza delle indicazioni recate dall'articolo 5 del decreto ministeriale 194/97 citato, censurabile.
Alle perifrasi generiche che caratterizzano l'esposizione delle modalità attraverso le quali verrebbe realizzata la scissione, si aggiungono, infatti, talune incognite ineludibili che precludono l'assoluzione del progetto riorganizzativo nei termini auspicati dal contribuente. Nell'istanza non viene, infatti, fornita alcuna indicazione sulla eventuale attività imprenditoriale esercitata in forma individuale dai soci e l'entità del capitale delle beneficiarie - di cui, peraltro, non è comprovata l'asserita equivalenza - non appare corrispondente a quello della scissa. Perplessità che fanno il paio, infine, con la manifesta dissonanza tra le affermazioni contenute nell'istanza e quelle rilevabili nel progetto di scissione relativamente al contenuto delle attività.
Mentre, infatti, nell'istanza si afferma che i due attuali rami d'azienda della società istante verrebbero separatamente attribuiti, per effetto della scissione, alle due società neo-costituende, beneficiarie della scissione medesima, di modo che queste acquisirebbero ciascuna un ramo di azienda distinto dall'altra, dal progetto di scissione (allegato all'istanza medesima) emerge che ciascuna delle beneficiarie della scissione svolgerebbe, in realtà, tutte le attività facenti capo a entrambi i rami d'azienda in questione.

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