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Attualità

La cessione di brevetto non è questione da Comitato

E’ inammissibile la richiesta di interpretazione di norme fiscali totalmente estranee all’ambito dell’interpello di cui all’articolo 21, legge 413/91

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Coerente con l’indirizzo esegetico consolidato nella propria giurisprudenza, il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, adito a seguito dell’attivazione della procedura di interpello di cui all’articolo 21 della legge n. 413 del 30 dicembre 1990 in merito alla corretta interpretazione dell’articolo 53, comma 2, lettera b, del Tuir, rende un parere di inammissibilità dell’istanza, non mancando di rendere un’esposizione delle motivazioni in diritto sulle quali si fonda il provvedimento.

La norma invocata dall’interpellante prevede che sono assimilati ai redditi di lavoro autonomo i redditi derivanti dall’utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi a esperienze acquisite il campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali.

Già in altre occasioni, il Consesso non si è limitato a censurare come inammissibili le richieste concernenti l’interpretazione di norme fiscali non appartenenti all’ambito applicativo dell’interpello antielusivo di cui al citato articolo 21 della legge n. 413/91 ovvero che non fossero suffragate dagli elementi espressamente indicati dal legislatore del regolamento adottato con il decreto ministeriale n. 194 del 13 giugno 1997 come necessari ma, seppure nel rispetto dei vincoli di legittimazione cognitiva tassativamente imposti dall’articolo 21 citato, ha forzato le barriere dell’ottuso formalismo per affermare la ragionevole priorità - implicita nella portata “didattica” riconosciuta alle delibere con l’emanazione del decreto di pubblicità delle stesse - della sostanza ove si ravvisi, nel caso prospettato, una sia pur minima possibilità di interloquire sui contenuti elusivi, presenti o prospettici, dell’interpello.

La fattispecie oggetto dell’interpello in rassegna (parere n. 32 deliberato il 4 ottobre 2006) non consente al Comitato tale possibilità per la totale estraneità dell’argomento rispetto a quelli tassativamente previsti dall’ambito applicativo perimetrato dal legislatore come proprio dell’interpello antielusivo.
Ciò rende fondatamente estraneo il quesito a una valutazione di merito che il Comitato doverosamente indica come oggetto di un altro alveo di competenza istituzionale che il contribuente ha piena facoltà di attivare (ossia, l’interpello ordinario, disciplinato dall’articolo 11 della legge n. 212/2000 e dal decreto ministeriale n. 209/2001, attivabile al precipuo scopo di conoscere l’esatta portata delle disposizioni tributarie onde dissiparne le eventuali incertezze ermeneutiche), non mancando in inciso, tuttavia, di evidenziare che, avendo l’Agenzia delle entrate reso la propria valutazione di merito, la circolare del 16 maggio 2005, n. 43/E, al punto 5.5., contempla, tra le ipotesi di inammissibilità assoluta, le reiterazioni di istanze di interpello finalizzate al riesame di risposte precedentemente fornite.

Le esposte considerazioni sono di viatico alla rappresentazione del contenuto del quesito che di seguito si sintetizza.
Il contribuente istante vorrebbe cedere la quota dei diritti su un brevetto industriale relativo a una nuova tipologia di targhe automobilistiche di cui è titolare e, pertanto, desidererebbe conoscere il trattamento fiscale da applicare alla detta alienazione. Considerando tre distinte figure di inventore (ricercatore qualora il brevetto sia conseguito per effetto della propria attività di ricerca, non ricercatore qualora il brevetto non derivi da un’attività di ricerca, occasionale qualora non venga svolta alcuna attività di ricerca né in regime d’impresa né come lavoratore autonomo) cui corrisponderebbe un diverso regime fiscale applicabile in caso di cessione, egli ritiene che la sua posizione sia ascrivibile a quella propria degli inventori non ricercatori.

L’individuazione della disciplina applicabile a questa ipotesi non potrebbe, a parere dell’interpellante, prescindere dalla valutazione caso per caso delle qualità e delle caratteristiche tecniche del brevetto. Infatti, egli ritiene che, qualora le caratteristiche tecniche del brevetto siano tali da non consentire di individuare l’inerenza dell’invenzione rispetto all’attività svolta (sia in regime d’impresa che di lavoratore autonomo), la cessione del brevetto non genererebbe alcun presupposto impositivo in quanto “il bene, anche se immateriale, allorché divenuto brevetto è entrato nel proprio patrimonio con un valore economico che, anche se non definito, sarà sostituito dal prezzo che riceverà all’atto della cessione”. Di conseguenza, il corrispettivo percepito per la cessione del diritto di brevetto non dovrebbe essere assoggettata né all’imposta sul reddito né a Iva, ma il contratto di cessione dovrebbe scontare l’imposta di registro del 3 per cento.

L’Agenzia delle entrate, come evidenziato nel testo del parere, non ha condiviso la soluzione interpretativa esposta dal contribuente, precisando che la cessione e la concessione in uso di un brevetto industriale rappresentano due modalità alternative di sfruttamento economico dello stesso e che, pertanto, in adesione alla normativa d’imposizione sul reddito (articolo 54, comma 8, e articolo 67, comma 1, lettera g), del Tuir), l’utilizzazione economica (comprendendo nella locuzione sia la cessione che la concessione in uso) di un brevetto industriale, è idonea a produrre, ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del Tuir, redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo qualora l’utilizzazione medesima sia effettuata da parte dell’autore o inventore e sempre che non sia conseguito – come sembrerebbe nella fattispecie – nell’esercizio di un’impresa commerciale.

Ai fini Iva, poi, una corretta qualificazione ai fini dell’imponibilità è subordinata all’accertamento dell’esistenza di un collegamento tra l’attività professionale e la cessione del brevetto.
Dal momento che l’imponibilità delle prestazioni di servizi – ossia le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore, quelle relative a invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relativi a diritti o beni similari ai precedenti, di cui all’articolo 3, comma 2, n. 2, del Dpr n. 633/72 – richiede che si verifichi se le stesse siano svolte nell’esercizio di un’attività d’impresa (articolo 4 del Dpr n. 633/72) ovvero di lavoro autonomo (articolo 5 del Dpr n. 633/72), l’Agenzia delle entrate, rilevando il difetto del detto collegamento sinallagmatico tra la cessione e il requisito soggettivo (attività professionale), ne ha esclusa l’assoggettabilità all’Iva.

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