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Attualità

Consulenze e perizie dei medici dipendenti Asl Un quadro d'insieme

Il documento di prassi fa il punto sul trattamento fiscale, sia ai fini Iva che delle imposte sul reddito

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La risoluzione n. 42/E del 12 marzo 2007 si è interessata del trattamento da riservare, ai fini Iva e delle imposte sul reddito, alle prestazioni di consulenza medico-legale, effettuate, previa autorizzazione, da parte di medici dipendenti dell'Azienda sanitaria ospedaliera.

Per inquadrare la problematica va premesso che l'articolo 5 del Dpr 633/72 riconosce come requisito "soggettivo" l'esercizio di arte e professione e, in tale ambito, "l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche".
La lettera f) del comma 1 dell'articolo 50, Dpr n. 917/86, annovera, inoltre, fra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente "le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l'esercizio di pubbliche funzioni, sempreché le prestazioni non siano rese da soggetti che esercitano un'arte o professione di cui all'articolo 53, comma 1, e non siano state effettuate nell'esercizio di impresa commerciale, nonché i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del tribunale di sorveglianza, ad esclusione di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato".

La nota di prassi distingue la prestazione di medicina legale resa all'Autorità giudiziaria, nell'ambito di un procedimento penale, da quella svolta per finalità assicurative o amministrative, all'interno di un giudizio civile.

Nel primo caso, si è di fronte all'esercizio di una pubblica funzione, rientrante nel disposto dell'articolo 50 del Tuir, comma 1, lettera f). I compensi ricevuti avranno, cioè, natura di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, a meno che il soggetto interessato non svolga attività di lavoro autonomo (nel qual caso i compensi saranno attratti nell'ambito del reddito di lavoro autonomo), fattispecie riguardo cui già la risoluzione n. 68 del 10/5/2004 ebbe modo di puntualizzare la sua rilevanza ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Pertanto, il soggetto titolare della funzione sarà obbligato a emettere, in relazione ai compensi percepiti, fattura con applicazione dell'Iva nella misura ordinaria, facendo confluire gli stessi nella base imponibile Irap.
Si puntualizza che, in base al più volte citato articolo 50, comma 1, lettera f), del Tuir "le attività che costituiscono pubbliche funzioni non sono di per sé idonee a configurare il presupposto soggettivo ai fini IVA, in quanto possono essere ricondotte all'esercizio di attività professionali o all'esercizio d'impresa solo se poste in essere da soggetti che svolgono altre attività di lavoro autonomo o d'impresa".

Per quanto riguarda l'ipotesi che l'attività di consulenza sia svolta per finalità assicurative o amministrative, va considerato se la prestazione sia svolta con carattere "abituale", ovvero in via del tutto occasionale.
Nel primo caso, i compensi saranno inevitabilmente attratti nel reddito di lavoro autonomo, di cui all'articolo 53 del Dpr n. 917/86, con relativa applicazione dell'Iva; nel secondo caso, invece, saranno qualificati come redditi diversi, in considerazione dell'esercizio non abituale della prestazione, con conseguente non applicazione dell'Iva e senza obbligo, quindi, di apertura della partita omonima.

Ricordiamo, per chiarire il concetto di "abitualità", che la risoluzione n. 550326 del 24/11/1998 ebbe modo di precisare che "i requisiti, caratterizzanti la disposizione in esame, di "professionalità" e "abitualità" sussistono ogni qualvolta un soggetto ponga in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo. In altri termini, i cennati presupposti non si realizzano solo nei casi in cui vengono posti in essere atti economici in via meramente occasionale".

Per completezza, si rammenta che la circolare n. 9 del 19/2/1982 sottolineò la connessione tra svolgimento abituale di una qualche attività professionale ed eventuali incarichi ricevuti, in modo che quest'ultimi, se basati proprio sul requisito professionale posseduto, vengono inevitabilmente attratti nel concetto di "lavoro autonomo".
La fattispecie, esaminata dalla nota di prassi, riguardava, proprio, le prestazioni di servizi rese, nel corso di procedimenti giudiziari, da parte di periti e consulenti tecnici.

Il documento di prassi rilevò che, ai sensi dell'articolo 5 del Dpr n. 633/72 "si considerano effettuate nell'esercizio di arti e professioni, sempreché rientrino nell'attività esercitata, le prestazioni di servizi rese da persone fisiche che svolgono per professione abituale, ancorché non esclusiva, qualsiasi attività di lavoro autonomo", stabilendo che le prestazioni dei professionisti in esame "rientrano nel novero delle operazioni imponibili ai fini dell'I.V.A. anche se vengono effettuate nel corso o in occasione di procedimenti giudiziari".

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