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Attualità

Criteri impositivi di territorialità per prestazioni di servizi

L’attenzione delle istituzioni Ue si è focalizzata sull’opportunità di revisionare l'articolo 9 della sesta direttiva

In particolare l’individuazione del luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi per il loro assoggettamento a imposta. I lavori sul tema hanno indotto la Commissione europea a elaborare una serie di proposte di modifica che hanno trovato un parziale accoglimento nel regolamento del Consiglio europeo n.1777 del 2005. Il predetto atto normativo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 29 ottobre 2005, ha fornito l’interpretazione autentica di alcune disposizioni della sesta direttiva. Con particolare riguardo alla definizione di soggetto passivo, di base imponibile e, per quanto concerne la presente trattazione, del luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi. In pratica si è ritenuto indispensabile precisare le regole territoriali applicabili ad alcune prestazioni di servizi avvalendosi delle esperienze (maturate nel tempo) delle singole Amministrazioni fiscali degli Stati membri, che hanno consentito di evidenziare le "storture" nell’applicazione e riscossione dell’imposta per determinate categorie di prestazioni.

La posizione della Commissione europea
Sotto tale aspetto è interessante seguire più da vicino le considerazioni espresse dalla Commissione europea in relazione a determinate fattispecie. Innanzitutto occorre rammentare che l’Iva, quale imposta sui consumi per eccellenza, dovrebbe applicarsi fisiologicamente nel luogo in cui il bene o il servizio viene "consumato". Per le cessioni di beni, la questione è abbastanza pacifica in considerazione della generale facilità a individuare il luogo in cui avviene la cd. traditio e, di conseguenza, la fruizione della merce. Per le prestazioni di servizi, invece, la molteplicità e complessità delle singole fattispecie, rese ancora più diversificate dalle variabili esigenze degli operatori commerciali e della realtà economico-finanziaria, comportano la obiettiva difficoltà di individuare un parametro unico cui rapportarsi per determinare il luogo in cui il servizio  deve ritenersi "consumato". La questione non è di secondaria importanza considerato che l’Iva rappresenta una entrata consistente per ciascuno Stato. Di conseguenza l’individuazione di un criterio di tassazione (tra quelli ventilati dal citato articolo 9 della sesta direttiva) anziché di un altro è di fondamentale importanza per le economie dei singoli Stati. Senza trascurare un altro dato fondamentale: la corretta applicazione delle regole relative all’imposta in oggetto non soltanto influisce positivamente sul bilancio comunitario (considerato che l’Iva costituisce una fonte non trascurabile del gettito) ma concorre, altresì, a garantire il corretto funzionamento del mercato interno, con particolare riguardo alle regole poste a tutela della concorrenza.

Le motivazioni alla base delle considerazioni  
Tali considerazioni aiutano a comprendere la particolare cautela con cui la Commissione Ue ha proceduto a valutare le regole di tassazione ottimali per alcune categorie di servizi. Quanto sopra per evitare sia i cd. fenomeni di doppia imposizione, che si traducono in una applicazione distorta e illegittima dell’imposta, sia i cd. "salti" di imposizione che, per contro, determinano un mancato introito sia in capo al singolo Stato che in capo alla Comunità. La Commissione è partita dalla considerazione che, per portare la tassazione dei servizi nel luogo in cui gli stessi vengono consumati, le predette prestazioni dovrebbero essere considerate imponibili, in linea generale, nel luogo di residenza del committente della prestazione. Ciò nell’ulteriore considerazione che, poichè l’Iva addebitata ai consumatori privati non può essere detratta dagli stessi con la conseguenza che essa viene totalmente incassata dallo Stato, diviene ancora più importante assicurare, per quanto possibile, la  tassazione del servizio nel luogo della sua materiale fruizione.

Le difficoltà sul piano pratico
L’esperienza pratica dimostra, tuttavia, che l’applicazione di tale criterio diviene praticamente impossibile considerata l’oggettiva difficoltà di individuare il luogo di effettiva fruizione del servizio. Difatti se talora la regola generale stabilita dall’articolo 9, n. 1 della sesta direttiva, che individua il luogo di prestazione del servizio con il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica, conduce a tassare il luogo di effettivo consumo della prestazione, nella maggior parte dei casi il criterio dell’utilizzo risulta di incerta e difficile applicazione per i motivi esposti in precedenza. Ecco perché la Commissione ha deciso di mantenere invariato, come criterio generale di tassazione delle prestazioni di servizi, quello attuale, basato sulla sede del prestatore. Tale criterio "generale" finisce, in concreto, per assumere valenza residuale in considerazione di ulteriori criteri (luogo in cui insiste l’immobile, luogo di utilizzo della prestazione, di residenza del committente) la cui individuazione è stata resa necessaria in considerazione o della particolare natura della prestazione erogata o della maggiore facilità di applicare e riscuotere l’imposta.

Le prestazioni di servizi per un bene immobile e di trasporto
Si pensi all’articolo 9, n. 2, lett. a) che, per quanto concerne le prestazioni di servizi relative ad un bene immobile, vincola l’imponibilità al luogo in cui si trova il bene o alla successiva lett. b) che, con riferimento alle prestazioni di trasporto delle persone, fissa il criterio della tassazione della prestazione in proporzione alla distanza percorsa. Tale regola, pur se di difficile applicazione per le imprese che effettuano trasporti in più Stati della comunità, ha quanto meno il pregio di assicurare a ciascuno Stato il gettito Iva di competenza.

I servizi culturali, artistici e di intrattenimento
Criterio similare vige per i servizi di carattere culturale, artistico e di intrattenimento. La regola attuale, che prevede la tassazione nel luogo in cui i servizi sono materialmente erogati,  dovrebbe, a parere della Commissione, essere mantenuta per i soli servizi la cui erogazione richiede una presenza materiale dell’operatore. Non così per i servizi erogabili " a distanza". In questi casi, difatti, l’applicazione del predetto criterio potrebbe far sì che i prestatori allochino tali servizi presso gli Stati che applicano aliquote più favorevoli. Per cui, per evitare evidenti distorsioni di concorrenza, è stato suggerito che le prestazioni di servizi erogate a distanza seguano il criterio, non del luogo di erogazione del servizio, ma quello di residenza del committente.Altre indicazioni sono state fornite per quanto concerne i servizi erogati tramite mezzi elettronici. Oltre a stabilire un elenco, peraltro non tassativo, dei servizi sono state stabilite le regole Iva cui devono sottostare gli operatori extra comunitari che erogano tali servizi. Ciò per evitare qualsiasi possibile distorsione di concorrenza a tutto danno degli operatori comunitari che forniscono analoghi servizi all’interno dell’Unione.
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