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Attualità

Differenze inventariali fra presunzione e buon senso

Per la grande distribuzione la prova contraria non è vincolata a quanto richiesto dal Dpr 441/97

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La circolare n. 31/2006: contesto generale
Con la circolare n. 31/E del 2/10/2006, l'Agenzia delle entrate è intervenuta sulla questione delle differenze inventariali. Il Dpr n. 441 del 1997 prevede delle presunzioni di cessione e di acquisto "nel senso che, in deroga al principio fissato dall'art. 2697 del codice civile, secondo cui chi vuol far valere un diritto deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, l'amministrazione, in sede di accertamento, deve solo provare il fatto indicato dalla norma (gli ammanchi di beni a seguito di riscontro fisico ovvero le "differenze quantitative" tra consistenza delle rimanenze registrate e scritture obbligatorie di magazzino o documentazione obbligatoria). Dal canto suo il contribuente, per superare dette presunzioni, dovrà provare, secondo le modalità stabilite dagli articoli 2 e 3 del d.P.R. n. 441 del 1997, che la giacenza o la mancata giacenza dipende dal verificarsi di fatti diversi dall'acquisto e/o dalla cessione".

La circolare evidenzia che tali differenze "non necessariamente sono riconducibili a fenomeni di evasione di imposta, ma si generano anche in modo fisiologico in relazione alla ordinaria dinamica gestionale di un magazzino".
Pertanto, in sede di verifica fiscale, è necessaria un'attenta valutazione, in particolare quando ci si trovi di fronte a "differenze inventariali" rilevate dallo stesso contribuente.
Fin qui, dunque, niente di nuovo: le presunzioni operano, ma il verificatore deve prestare la massima attenzione nell'esaminarne il concreto processo di formazione.
In tal senso, il documento di prassi, più che interpretare la norma, si limita a un mero richiamo di efficienza operativa, preoccupandosi, nel contempo, di fissare precisi paletti nell'individuazione della prova vincolata che il contribuente può fornire per sovvertire la presunzione di legge.

L'articolo 2, Dpr n. 441 del 1997 prevede al comma 3 che la perdita di beni dovuta a eventi fortuiti, accidentali o comunque indipendenti dalla volontà del contribuente, deve essere provata da idonea documentazione fornita da un organo della Pubblica amministrazione (ad esempio, provvedimento di sequestro amministrativo/giudiziario o, anche, verbale di accertamento della distruzione dei beni redatto da parte dei vigili del fuoco) o, in mancanza, da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, da rendersi entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento o dalla data in cui se ne ha conoscenza, dalle quali risulti il valore complessivo dei beni mancanti, salvo l'obbligo di fornire, a richiesta dell'Amministrazione finanziaria, i criteri e gli elementi in base ai quali detto valore è stato determinato.

In particolare, continua la circolare, "al fine di garantire maggiore trasparenza circa le modalità di determinazione delle differenze inventariali, alla dichiarazione sostitutiva dovrà essere tempestivamente associata una relazione che specifichi il calcolo delle differenze medesime e la loro distribuzione distinta per tipologia fenomenologica (es. furto, cali, deperimento, distruzione accidentale, mancata rettifica delle distinte base delle materie prime nel corso della fase di produzione di un bene, errore nella conta fisica delle materie prime di piccolissime dimensioni, ecc.)".
Del resto, affinché tale dichiarazione possa essere considerata valida, essa dovrà essere redatta in conformità alla disciplina del Dpr 28 dicembre 2000, n 445.

Circolare n. 31/2006: la grande distribuzione
La circolare interviene in modo più dettagliato e innovativo per il caso specifico delle differenze inventariali nella grande distribuzione.
Dopo aver evidenziato che le aziende della grande distribuzione non sono obbligate alla tenuta della contabilità di magazzino per i depositi dei singoli punti vendita che non fungono anche da magazzini interni centralizzati, l'Amministrazione ha disposto che in tali casi "non si può ritenere operante la presunzione di cessione disposta dall'art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 441 del 1997", specificando, però, che ciò non significa che non opera alcuna presunzione.

Detta contabilità, infatti, anche se non obbligatoria, potrà essere oggetto di ispezione ai fini fiscali e, quando i verificatori riescano a desumere l'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, sulle sue rilevazioni potrà sempre essere basato un accertamento.
La prova contraria che il contribuente può opporre (nel solo caso della grande distribuzione) non è vincolata alle procedure previste dal Dpr n. 441/97, potendo essa essere costituita da qualunque elemento idoneo a contrastare l'iter argomentativo dei verificatori.

Al fine di evitare facili scappatoie (e non potendo del resto contraddire la previsione di legge) è, poi, specificato che nei confronti di tali imprese non opera la presunzione prevista dall'articolo 4, comma 2, del Dpr n. 441 del 1997, nel senso che una presunzione (legale), anche se non coincidente con quella "tipica" di cui al Dpr 441, opera comunque, ma, a differenza di quella, che è a prova vincolata, sarà a prova libera.
Stabilisce, infatti, la circolare che "la prova dovrà comunque essere significativa in relazione alla presunzione da vincere", con la sola differenza che il contribuente, "trattandosi di fattispecie non riconducibile all'ambito di applicazione del d.P.R. n. 441 del 1997, non è vincolato alle procedure ivi previste (denuncia, dichiarazione sostitutiva di atto notorio) per superare le presunzioni dei verificatori, ma può fornire qualunque altro elemento (anche di ordine presuntivo) idoneo a vincere gli esiti della ricostruzione delle cessioni e/o degli acquisti".

Circolare n. 31/2006 e precedenti proposte di modifica legislativa
Il documento prende atto di una recente proposta di modifica legislativa, relativa alla "Disciplina fiscale delle differenze tra le scritture ausiliarie di magazzino e le rimanenze registrate".
La "risoluzione Viale", presentata in Commissione Finanze nel corso della passata legislatura, intendeva, infatti, impegnare il Governo ad assumere le necessarie iniziative, sia di carattere interpretativo, sia di carattere normativo, per risolvere il contrasto "implicito" tra la norma dell'articolo 14, comma 1, lettera d), del Dpr n. 600 del 1973, e quella di cui all'articolo 4, comma 2, del Dpr n. 441 del 1997.

Rilevava la risoluzione come l'articolo 14, comma 1, lettera d), quarto periodo, del Dpr n. 600 consentisse l'annotazione nelle scritture ausiliarie di magazzino dei cali e delle altre variazioni di quantità che determinano scostamenti tra giacenze fisiche effettive e quelle risultanti dalle scritture di carico e scarico, laddove invece, l'articolo 4, comma 2, del Dpr n. 441 del 1997 prevede che le eventuali differenze quantitative, derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino, di cui al citato articolo 14, o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate, costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d'imposta oggetto del controllo.

Più che il contrasto tra norme, in effetti, erano evidenziate le conseguenze probatorie negative eccessive a carico del contribuente.
In questa direzione sembra essersi mossa anche la circolare n. 31/2006, emergendo chiaramente, nel caso di specie, l'intento di porre rimedio a una questione percepita come di equità sostanziale.

Certo la Cassazione, almeno per il passato, non ha sempre ben recepito gli aneliti di giustizia sostanziale. Con la sentenza n. 5300 del 9/4/2001, la Suprema corte ha, per esempio, stabilito che per l'applicazione delle presunzioni fiscali non è necessario l'atteggiamento doloso o colposo del contribuente. E' ancora la Cassazione del resto che, spiegando la natura del processo tributario, afferma che questo, a differenza di quello penale, si può basare su presunzioni che, indipendentemente dall'accertamento dello stato soggettivo del contribuente, dimostrino la oggettiva infrazione fiscale (vedi sentenza n. 8959 del 5/6/2003).

Non a caso la circolare si rivolge essenzialmente al verificatore, dato che in sede giurisprudenziale la valenza (interna) del documento di prassi avrebbe certo poca presa sul giudice, tenuto ad applicare (lui sì) sic et simpliciter la norma.

Costruzione di fatto della presunzione
Come detto, la circolare si limita a liberare il contribuente da una prova vincolata, che, in certi casi, rischiava effettivamente di divenire "diabolica", ricordando, nel contempo, che questo non comporterà limiti all'azione di controllo, durante la quale, ad esempio, potrebbero emergere metodologie di gestione del magazzino anomale (o comunque poco trasparenti) come:

  1. applicazione di un metodo di determinazione del valore finale delle differenze inventariali di tipo statistico-sintetico, invece che deterministico-analitico
  2. un dato finale frutto di compensazioni di valori tra eccedenze positive e negative di grandezze disomogenee e pertanto sottostimato
  3. mancata indicazione della natura, qualità e quantità dei beni mancanti.

In tali casi, anche per il contribuente della grande distribuzione, l'onere di fornire una prova contraria, seppur libera, non potrà certo significare la possibilità di fornire prove "arbitrarie".
Alla fine dei conti, quindi, è sempre e comunque una questione di prove.
Le società verificate, per superare la presunzione di legge, dovranno provare concretamente (anche se, nel caso della grande distribuzione, con prova libera) che le differenze in esame si riferiscono, esclusivamente, a furti, appropriazioni indebite, eccetera.

Per contro, come giustamente ricordato, i verificatori dovranno apprestare la massima attenzione nel contestare tali tipi di recuperi, mediante una ricostruzione di fatto della presunzione:

  • analizzando le schede consegnatarie
  • rideterminando il reale dato e valore attribuibile alle differenze inventariali:


    1. senza compensazioni irregolari
    2. a quantità (almeno per campioni) e non a valore.

L'inversione dell'onere della prova, infatti, non avviene mai in modo automatico.
Deve sempre esserci qualche elemento che la giustifichi. Sarà sempre necessario un processo argomentativo che, ad esempio, cominci col dimostrare che quanto il contribuente ha annotato (anche nelle schede consegnatario) non è trasparente o rispondente al vero.
L'enunciazione (rectius l'autoenunciazione) da parte dello stesso contribuente di uno scostamento è sicuramente un elemento che apre le porte alle valutazioni di fatto.

Solo, però, una volta che i verificatori hanno valutato la questione di fatto, la medesima può assurgere al ruolo di presunzione legale.
Escludere l'automatismo delle presunzioni per le differenze (auto)rilevate dai contribuenti non vuol dire che ogni scostamento annotato nelle scritture debba essere preso come oro colato dai verificatori, e che essi siano impotenti di fronte alla registrazione di differenze anomale e macroscopiche.

Le registrazioni di magazzino del contribuente, pertanto, (anche nel caso della grande distribuzione) non si trasformano in presunzioni semplici (non lo consente la legge), ma dovranno comunque essere oggetto di maggior approfondimento e verifica, prima di poter essere riconosciute come fonte effettiva di presunzioni legali.
Ma questo era già nell'ordine (potremmo dire naturale) delle cose.
Il giudizio di fatto, ancor più nel caso di presunzioni, deve essere effettuato sempre in una fase precedente alla formalizzazione dei recuperi.

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