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Attualità

Disciplina degli scambi commerciali con San Marino - Le prestazioni di servizi

Le prestazioni di servizi

Come si è potuto constatare con una serie di precedenti articoli sugli scambi commerciali italo sammarinesi, il legislatore nazionale, sulla base di appositi accordi tra i due Stati, ha appositamente regolamentato soltanto le cessioni di beni, sicché per le prestazioni di servizi valgono i principi generali stabiliti dalla legge Iva, Dpr n. 633 del 26 ottobre 1972.
In pratica, ciò significa che gli operatori residenti in San Marino sono del tutto parificati a operatori extracomunitari, per cui una prestazione di servizio realizzata da un operatore sammarinese è identica ai fini Iva a quella effettuata da un operatore svizzero o norvegese.

Sulla base di questa parificazione (operatori sammarinesi = operatori extracomunitari e territorio sammarinese = territorio extracomunitario) deve essere quindi determinata la territorialità e la non imponibilità di ogni singola prestazione in cui sono coinvolti soggetti residenti nella Repubblica di San Marino.
Le norme di riferimento sono gli articoli 7 e 9 del Dpr 633/1972 e, per quanto attiene alcune prestazioni comunitarie, l'articolo 40 del decreto legge 331/1993: si tratta dei trasporti intracomunitari di beni e delle relative intermediazioni, delle prestazioni accessorie ai trasporti intracomunitari di beni e delle relative intermediazioni, delle prestazioni di intermediazione sugli scambi intracomunitari e, dal 14 marzo 1997, delle prestazioni di servizi, comprese le perizie, effettuate su beni mobili temporaneamente introdotti nel territorio dello Stato da operatori economici della Ue (ovvero temporaneamente inviati in altro Stato membro).
Infatti, nonostante San Marino non sia un paese aderente all'Unione europea, si possono comunque verificare dei casi in cui operatori sammarinesi realizzino in favore di residenti italiani delle prestazioni comunitarie; si pensi, solo per fare un esempio, ad agenti e rappresentanti sammarinesi che promuovono delle vendite dall'Italia verso stati Ue.

Ma la più importante peculiarità, che richiede da parte degli operatori la massima attenzione, è legata alla corretta applicazione del regime della non imponibilità, poiché il dettato normativo dell'articolo 9 richiama per alcune operazioni l'articolo 69 del Dpr 633/1972 che mal si adatta ai rapporti con San Marino.
Volendo entrare più nel dettaglio di questo specifico problema, è importante premettere che l'articolo 69 del Dpr 633/1972 stabilisce il valore dei beni importati utilizzando le "disposizioni in materia doganale, aumentato dell'ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell'IVA, nonché dell'ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all'interno del territorio della Comunità che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo".
Conseguentemente, quest'ultime spese sono successivamente considerate operazioni non imponibili dall'articolo 9, essendo già assoggettate a imposizione in sede di materiale importazione dei beni da parte dell'Amministrazione doganale.

Premesso ciò, è evidente che la mancata vigilanza doganale della linea di confine tra lo Stato italiano e quello sammarinese impedisce la determinazione e la riscossione dell'imposta in base a quanto previsto dal citato articolo 69, per cui non dovrebbe operare la non imponibilità dell'articolo 9. Il condizionale è d'obbligo; valga al riguardo il seguente esempio.
Si ipotizzi una cessione da parte di un operatore sammarinese a un operatore residente in Italia di un bene dal valore di 10mila euro trasportato per mille euro nella tratta italiana da un vettore, anch'esso italiano, incaricato dal cedente sammarinese. Non operando l'articolo 69, e in base a quanto finora detto, il trasporto deve essere fatturato con Iva al 20 per cento.
A ben vedere, tuttavia, l'operatore sammarinese che non può detrarre i 200 euro d'imposta pagata al vettore italiano, per evidenti motivi economici, ne terrà necessariamente conto riaddebitandoli al proprio cliente.
Quest'ultimo assolverà dunque l'imposta su di un prezzo di acquisto di 11mila 200 euro (10.000 + 1.000 + 200); pertanto, il corrispettivo del trasporto, pari a 1.000 euro, che ha già scontato Iva nel rapporto vettore - committente viene di nuovo computato nella base imponibile.

Si tratta di una soluzione sicuramente ineccepibile dal punto di vista formale, ma evidentemente, per le ragioni appena esposte, essa è iniqua e in netto contrasto con la ratio che governa il regime della non imponibilità dei trasporti in importazione.
Del resto, è proprio per queste iniquità che in ambito comunitario si è deciso di modificare le regole per le sopra elencate prestazioni di servizi, tra cui - si è visto - rientrano anche i trasporti.
Evidentemente, la soluzione migliore a questo problema è un intervento normativo che porti all'adozione degli stessi principi vigenti in ambito comunitario, i quali - è il caso di ricordare - determinano la non imponibilità sulla base del soggetto committente (se è italiano oppure un privato o un operatore extracomunitario l'operazione sconta l'Iva, se il committente è un operatore Ue l'operazione è non imponibile).

A ogni modo, per quel che riguarda le prestazioni di trasporto, una soluzione di immediata applicazione (previo assenso delle Amministrazioni finanziarie dei due Stati) potrebbe essere rappresentata dalla loro indicazione sulla fattura di vendita dei beni oggetto della spedizione da parte del cedente di San Marino.
Tale fattura, infatti, prima della sua consegna all'acquirente italiano, deve essere vidimata dall'Ufficio tributario sammarinese, il quale potrebbe così certificare che la prestazione del trasporto concorre alla base imponibile della cessione del bene e, quindi, verrà assoggettata a imposta.
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