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Attualità

Disciplina dei lavori in corso di durata ultrannuale (1)

Le rimanenze vanno valutate, civilisticamente, in base ai costi di produzione o sulla scorta dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza

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I lavori in corso di durata ultrannuale presentano una specifica problematica, derivante dalla necessità di coordinare i criteri adottati in sede civilistica con quelli vigenti in materia fiscale. Sotto il primo profilo, data la indeterminatezza del dettato normativo, particolare rilievo rivestono i principi contabili nello specificare con maggior dettaglio i metodi e i criteri da adottare nella valutazione dei lavori in corso di esecuzione. In sede fiscale, invece, i lavori in corso di esecuzione su ordinazione, di durata superiore ai dodici mesi, sono oggetto di apposite disposizioni normative che ne differenziano il trattamento fiscale rispetto ai lavori di breve termine (ovvero di durata inferiore ai dodici mesi).

Ovviamente, rilevanza considerevole riveste tale questione per le imprese che lavorano esclusivamente, o prevalentemente, su commessa piuttosto che per il magazzino, e per le quali l'esecuzione delle opere richiede normalmente tempi di realizzazione superiori all'anno.
Tipici esempi possono essere il settore dell'edilizia, la fornitura di sistemi informatici complessi o la fabbricazione di navi.
Risulta, pertanto, utile trattare distintamente la disciplina civilistica da quella fiscale, al fine di meglio comprendere i diversi approcci seguiti e le differenze esistenti nei metodi di valutazione che è possibile adottare.

Disciplina civilistica
Il principio generale di valutazione delle rimanenze dei lavori in corso su ordinazione prevede, in base al disposto dell'articolo 2426 del Codice civile, che questi vadano valutati o in base ai costi di produzione, o, in alternativa, possano "essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza", secondo quanto previsto dal n. 11) del medesimo articolo del cc. Nessuna distinzione viene effettuata, da parte della disciplina codicistica, tra i lavori in corso di durata infrannuale e quelli di durata ultrannuale. A tale carenza della normativa civilistica supplisce il principio contabile n. 23, il quale statuisce che, mentre nel caso di lavori con tempi di esecuzione inferiori ai dodici mesi è ammessa la possibilità di adottare il criterio della valutazione al costo, in quanto non suscettibile di determinare, di norma, rilevanti elementi di distorsione nella determinazione del risultato d'esercizio, nel caso di lavori con durata superiore ai dodici mesi vi è l'obbligo di adottare il criterio di valutazione in base ai corrispettivi maturati.

Nel caso si applichi la valutazione in base ai costi di produzione, il criterio da utilizzare sarà quello della commessa completata o del contratto completato, mentre qualora si adotti la valutazione alternativa, prevista al n. 11) dell'articolo 2426 cc, il criterio da adottare sarà quello della percentuale di completamento o dello stato di avanzamento.
Ne risulta, quindi, una parziale deroga al principio generale della valutazione al costo, giustificata dalla circostanza che, per opere di durata superiore all'anno, tale metodo consente di iscrivere a bilancio valori più rispettosi del principio della competenza, facendo concorrere alla formazione del reddito anche la quota dei corrispettivi maturati in relazione alle opere in fase di realizzazione.

L'applicazione di questo metodo di valutazione trova una parziale limitazione nel concetto di ragionevole certezza che, in sostanza, si concretizza in un richiamo al principio generale della prudenza, ammonendo il redattore di bilancio a usare la necessaria cautela per tener conto dei possibili dubbi sulla percentuale di corrispettivi effettivamente maturati.

Tuttavia, pur acconsentendo a un superamento della valutazione al costo, il Codice civile tace in merito ai metodi di quantificazione dei corrispettivi maturati a fine anno; a tale carenza suppliscono, pertanto, la prassi contabile e amministrativa tramite i principi contabili nazionali e internazionali. La stessa prassi considera quale criterio base da adottare per le valutazioni proprio quello della percentuale di completamento, in quanto più idoneo a fornire una rappresentazione corretta dei risultati dell'attività economica, mentre dispone che il criterio alternativo della valutazione al costo sia da applicarsi ai soli casi in cui questo non sia tecnicamente applicabile(1).

Vediamo ora, in sintesi, come avviene tecnicamente la valutazione nei due casi, partendo dall'illustrazione del criterio della "commessa completata", rinviando ai successivi interventi il resto della trattazione.

Criterio della commessa completata
Nella valutazione effettuata secondo il criterio della commessa completata, le rimanenze di lavori in corso di esecuzione sono valutate al costo di produzione, rinviando l'attribuzione dei relativi ricavi al momento del completamento dell'opera.
Pertanto, la valutazione avverrà in base a quanto previsto dai principi generali di valutazione delle rimanenze di magazzino.

Appare lampante come l'adozione di tale criterio, qualora l'esecuzione della commessa si protragga per un periodo superiore ai dodici mesi, possa avere l'effetto di causare andamenti fortemente irregolari dei risultati d'esercizio nel corso degli anni. Ciò in quanto esso comporta che, per tutti i periodi di esecuzione della commessa e fino al completamento e alla consegna dell'opera, le rimanenze di lavori in corso rilevate nell'attivo saranno valutate al costo di produzione, quindi per un importo normalmente inferiore al corrispondente presumibile valore di vendita, con la conseguente probabile iscrizione a bilancio di forti perdite. I ricavi relativi a tali lavori, comprensivi del margine di commessa, vengono tutti differiti all'esercizio in cui la commessa viene completata e consegnata, determinando un picco di risultato nell'ultimo esercizio(2).

Come già sopra accennato, non dà adito a particolari problemi l'adozione di tale criterio in caso di lavori di durata infrannuale, per i quali, peraltro, la valutazione al costo è obbligatoria in base alla normativa fiscale.
Per quanto concerne gli oneri finanziari, il principio contabile n. 23 prevede, come regola generale, che essi concorrano alla formazione del reddito quali componenti negativi nell'esercizio in cui maturano. Lo stesso principio prevede, altresì, che, qualora si adotti il criterio della commessa completata e sussistano una serie di condizioni, tali oneri possano essere rilevati nel valore delle rimanenze, imputandoli ai costi di commessa, a condizione che siano maturati sui capitali presi a prestito specificatamente per la commessa e che siano stati effettivamente utilizzati in aggiunta agli anticipi e agli acconti ricevuti dal committente.

Le condizioni previste sono le seguenti:

  • deve trattarsi di commesse con tempi di realizzazione superiore ai dodici mesi
  • che l'impresa non riceva anticipi e acconti di entità tale da evitare squilibri rilevanti nei flussi finanziari e quindi la quota non finanziata dal committente deve essere rilevante
  • l'impresa deve disporre di un sistema amministrativo che consenta di seguire i flussi finanziari relativi a ogni singola commessa
  • l'impresa deve essere in grado di effettuare un'attendibile previsione dei capitali che verranno effettivamente presi a prestito per l'esecuzione della commessa, tenuto conto degli anticipi e degli acconti ricevuti dal committente
  • gli interessi su tali capitali devono essere recuperabili con i ricavi della commessa e ciò va comprovato con un preventivo di commessa che ne tenga conto.

Nel caso in cui si preveda una perdita, a livello di margine industriale, da sostenersi in relazione a una commessa, questa andrà rilevata - in applicazione del principio generale della prudenza - nell'esercizio in cui l'impresa ne abbia conoscenza, effettuando a tal uopo uno stanziamento tra i fondi per rischi e oneri oppure riducendo il valore delle rimanenze.
In merito ai costi cosiddetti pre-operativi (ad esempio, costi di progettazione, di organizzazione, eccetera), il principio contabile n. 23 stabilisce che, se si adotta il criterio della commessa completata, questi vanno rilevati con gli stessi criteri con cui si rilevano i costi sostenuti per l'esecuzione delle opere.

1 - continua. La seconda puntata sarà pubblicata martedì 17

NOTE:
1) Vedi principio contabile n. 23 - paragrafo C. III.

2) Tale andamento irregolare della redditività di impresa, implicito in questo criterio di valutazione, è alla base della scelta del legislatore fiscale di non consentirne, in linea generale, l'adozione, a meno che essa non venga autorizzata da parte dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate.

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