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Attualità

La disciplina del trattamento di fine rapporto (1)

Aspetti civilistici dell’istituto introdotto, per i dipendenti del comparto privato, nel 1982

operai
L’istituto del trattamento di fine rapporto è stato introdotto dall’articolo 1 della legge n. 297 del 29/5/1982, che ha sostituito il testo dell’articolo 2120 del Codice civile.
Per effetto di tale sostituzione, è stato abrogato il previgente istituto dell’indennità di anzianità che riconosceva al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro, una indennità di ammontare pari all’ultima retribuzione moltiplicata per il numero di anni di servizio. Il suddetto meccanismo di calcolo dell’indennità di anzianità aveva prodotto una serie di distorsioni, quali l’appesantimento del costo del lavoro (essendo l’ultima retribuzione generalmente quella più elevata) e la disincentivazione della mobilità esterna (corrispondendo a ogni avanzamento di carriera un incremento in progressione geometrica dell’indennità). Inoltre, poteva accadere che due lavoratori con medesima storia professionale godessero di liquidazioni completamente differenti, in ragione di miglioramenti retributivi conseguiti soltanto da uno di essi negli ultimi tempi.

Il sistema di calcolo introdotto dalla legge n. 297/1982 per il trattamento di fine rapporto attenua questi difetti, in quanto riconosce al lavoratore un ammontare di indennità determinato sulla retribuzione dovuta per ciascun anno di servizio.
Il primo comma dell’articolo 2120 dispone, infatti, che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni”.

L’importo da accantonare anno per anno deve essere ridotto dell’aliquota contributiva aggiuntiva, prevista dall’articolo 3 della legge n. 297/1982, pari allo 0,5 per cento della retribuzione imponibile. Ciò comporta che l’accantonamento annuo effettivo corrisponde, in termini percentuali, al 6,91 per cento della retribuzione [100 : (13,5-0,5)].
La retribuzione annua da computare ai fini della determinazione del Tfr comprende “salvo diversa previsione dei contratti collettivi (…) tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto corrisposto a titolo di rimborso spese” (comma 2).

Le parti stipulanti il contratto collettivo di lavoro possono prevedere una diversa disciplina, a condizione che tale disciplina convenzionale assicuri un risultato globale più favorevole al lavoratore rispetto a quello previsto dal Codice civile (Cassazione, sentenza 13/6/1987, n. 5235).
Nel rapporto di servizio sono certamente compresi il periodo di prova e quello di preavviso. In particolare, l’indennità di mancato preavviso, pur maturando in circostanze legate alla cessazione del rapporto di lavoro, deve essere computata nella retribuzione utile ai fini Tfr, avendo natura sostitutiva della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore in caso di prestazione lavorativa durante il periodo di preavviso (Cassazione, sentenza 21/3/1990, n. 2328).
Riveste, invece, senz’altro carattere di occasionalità il premio riconosciuto al dipendente inventore (articolo 23, comma 2, Rd 29/6/1939, n. 1127) in quanto derivante da un evento eccezionale, accidentale ed estraneo alle vicende tipiche del rapporto, tale da degradare il rapporto medesimo a mera occasione del compenso.

Nel concetto di retribuzione utile ai fini Tfr, rientra anche la cosiddetta “retribuzione figurativa”, ovvero l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in assenza di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno, per una delle cause di cui all’articolo 2110 cc (infortunio, malattia, gravidanza, puerperio), nonché per sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale (comma 3, articolo 2120).
La salvaguardia del trattamento di fine rapporto rispetto a fenomeni inflattivi è garantita dal successivo comma quarto dell’articolo 2120 cc, ai sensi del quale “il trattamento…, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’ 1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente”.

Si tratta di un meccanismo di salvaguardia la cui efficacia risulta inversamente proporzionale alla crescita dell’inflazione e tale, quindi, da avere un effetto frenante sull’inflazione medesima (in particolare, per tassi annui superiori al 6 per cento). In caso di bassi tassi d’inflazione, la rivalutazione del Tfr assicura, invece, un rendimento finanziario superiore a quello dei titoli del debito pubblico. Si riportano al riguardo le seguenti ipotesi illustrative:

tasso di inflazione del 12 per cento
tasso rivalutazione Tfr = 1,5 + (75 per cento di 12) = 1,5 + 9 = 10,5 per cento

tasso di inflazione del 6 per cento
tasso rivalutazione Tfr = 1,5 + (75 per cento di 6) = 1,5 + 4,5 = 6 per cento

tasso di inflazione del 2 per cento
tasso rivalutazione Tfr = 1,5 + (75 per cento di 2) = 1,5 + 1,5 = 3 per cento

Per le concrete modalità di calcolo del tasso di inflazione, è necessario individuare in termini percentuali la differenza tra l’indice annuale Istat relativo al mese di dicembre dell’anno di riferimento e quello relativo al mese di dicembre dell’anno precedente.
Si supponga, ad esempio, che il datore di lavoro debba procedere nell’anno 2006 alla rivalutazione del trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre dell’anno precedente:

indice Istat al 31 dicembre 2006 = 128,4
indice Istat al 31 dicembre 2005 = 126,3
tasso annuo di inflazione = [(128,4 - 126,3) : 126,3] x 100 = 1,66270
tasso di rivalutazione Tfr = 1,5 + (75 per cento di 1,66270) = 1,5 + 1,2470 = 2,7470

Per i rapporti di lavoro cessati in corso d’anno, il tasso di rivalutazione deve essere desunto considerando la differenza tra l’indice Istat risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro (o nel mese precedente, per frazioni di mese inferiore a quindici giorni) e quello risultante al 31 dicembre dell’anno precedente. Analogamente, anche il tasso fisso dell’1,5 per cento dovrà essere considerato pro-quota.

La rivalutazione, sia essa effettuata alla fine di ciascun anno ovvero alla data di cessazione del rapporto di lavoro, va imputata a incremento del fondo, per cui le successive rivalutazioni tengono conto anche di quelle precedenti, in quanto facenti parte del fondo accantonato.
Il trattamento di fine rapporto risulta costituito, in definitiva, da due componenti: la quota capitale derivante dall’accantonamento annuo del 6,91 per cento della retribuzione dovuta, e il suo rendimento finanziario, la rivalutazione, calcolata sul fondo maturato al 31 dicembre dell’anno precedente (1,5 + 75 per cento dell’indice Istat).

1 – continua. La seconda puntata sarà pubblicata lunedì 12

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