Con la risoluzione n. 151/E del 19 ottobre 2005, l'Agenzia delle Entrate esclude l'applicabilità dell'esenzione dall'imposta di registro, bollo e ogni altra tassa - prevista per gli atti di disposizione patrimoniale conseguenti a divorzio o separazione personale - a eventuali cessioni di beni compiute nei confronti di soggetti terzi.
L'interpello da cui è scaturita la risoluzione in esame riguardava la possibilità di riconoscere l'esenzione anche alla cessione a titolo gratuito al figlio di una quota di un immobile di proprietà dei genitori, posta in essere in sede di scioglimento della comunione legale nel corso del procedimento di divorzio.
A norma dell'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, "Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1 dicembre 1970 n° 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa".
La Corte costituzionale, con sentenza n. 154 del 10 maggio 1999, ha ampliato la portata dell'esenzione estendendola anche a tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, sancendo l'illegittimità dell'articolo 19 della citata legge 74/1987, nella parte in cui non prevedeva l'esenzione anche in relazione alla separazione giudiziale.
La motivazione del giudizio di legittimità si è fondata sull'omogeneità delle due situazioni poste a confronto, divorzio e separazione, e quindi sulla necessità di non discriminare ingiustificatamente il trattamento fiscale degli atti scaturenti dalle due fattispecie.
L'Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 49 del 16 marzo 2000, aveva chiarito il regime tributario applicabile agli atti e provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi ai fini sia delle imposte di registro e di bollo sia delle imposte ipotecaria, catastale e Invim.
In particolare, aveva sottolineato l'irrilevanza del regime patrimoniale vigente tra i coniugi, ai fini dell'agevolazione in esame, in quanto con la separazione personale si scioglie anche la comunione patrimoniale; quindi, la scelta della comunione o della separazione dei beni non influisce sul beneficio fiscale relativo alle attribuzioni patrimoniali che conseguono al divorzio o alla separazione.
Ciò non toglie che tutti gli atti di disposizione patrimoniale scaturenti dallo scioglimento del matrimonio, compresi quelli posti in essere in esecuzione di accordi assunti in sede di separazione e formalizzati nel relativo provvedimento, vadano sottoposti a registrazione preso l'ufficio competente, seppur in esenzione d'imposta.
Nel caso oggetto dell'interpello, l'atto di disposizione patrimoniale coinvolge un soggetto terzo, il figlio dei coniugi separati, che sotto il profilo affettivo non può essere considerato "terzo", ma lo è sotto il profilo giuridico- tributario.
Pertanto, la risoluzione in esame esclude dal beneficio dell'esenzione, prevista dal citato articolo 19 della legge n. 74/1987, la cessione di una quota di un immobile al figlio della coppia all'interno di un procedimento di divorzio, perché tale cessione non trova la sua causa nella sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi separati, ma nell'intento di liberalità nei confronti di un'altra persona, che non è strettamente o funzionalmente collegata con lo scioglimento del matrimonio.
Partendo dalla situazione specifica, l'Agenzia generalizza l'inapplicabilità dell'esenzione in commento verso qualsiasi atto di cessione eseguito nei confronti di soggetti terzi, diversi dai coniugi, seppur nell'ambito di un procedimento finalizzato allo scioglimento di un matrimonio o alla separazione personale.
Si sottolinea, infine, che, con la risoluzione n. 43 del 7 aprile 2005, l'Agenzia delle Entrate aveva esteso la sfera di applicazione dell'esenzione di cui al richiamato articolo 19, facendovi rientrare anche la registrazione del provvedimento di delibazione della sentenza del tribunale ecclesiastico che sancisce la nullità del matrimonio.
Infatti, la delibazione della sentenza canonica di nullità determina nel nostro ordinamento giuridico la cessazione degli effetti civili prodotti dalla trascrizione nei registri di stato civile del matrimonio concordatario e, quindi, non sarebbe giustificato un diverso trattamento fiscale rispetto al procedimento di scioglimento del matrimonio svolto presso il giudice civile italiano.
In tal caso, essendo la sentenza di delibazione esente dall'imposta di registro, non dovrà neanche essere sottoposta a registrazione, come chiarito dalla circolare n. 70/E del 30 marzo 2003.
Divorzi, cessioni verso terzi senza esenzioni fiscali
Le agevolazioni non si applicano agli atti nei confronti di soggetti diversi dai coniugi seppur nell'ambito di un procedimento finalizzato allo scioglimento di un matrimonio
