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Attualità

“Exit taxation” incompatibile con i principi comunitari

Aperta una procedura di infrazione contro la Svezia per violazione del diritto di stabilimento previsto dal Trattato Ue 

La normativa svedese violerebbe, secondo la Commissione Ue, gli articoli 43 del trattato Ce e 31 dell’accordo See, che vieta fra gli Stati membri restrizioni alla libertà di circolazione dei cittadini e, per le società, le limitazioni all’apertura di agenzie, filiali o succursali in un altro Paese dell’Ue. La Commissione europea ha inviato alla Svezia un parere motivato con una richiesta formale di apportare le necessarie modifiche alla legislazione vigente sulla cosiddetta "tassazione in uscita". L’ordinamento svedese, infatti, prevede l’imposizione delle plusvalenze non ancora realizzate nel caso in cui una società stabilisca il domicilio fiscale in un paese al di fuori della Svezia o nel caso in cui la stessa trasferisca i propri beni a una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro. Secondo la Commissione le disposizioni applicate sono incompatibili con il diritto di stabilimento, garantito dall’articolo 43 del trattato Ce e dall’articolo 31 dell’accordo See, che vieta fra gli Stati membri ogni restrizione alla libertà di circolazione dei cittadini e, riguardo alle società, ogni limitazione relativa all’apertura di agenzie, filiali o succursali in un altro paese dell’Unione europea. Anche il tribunale amministrativo svedese aveva emesso il 24 aprile 2008 una sentenza in materia di tassazione in uscita (causa 6639-06). Nello specifico si trattava di una società maltese che nel ristrutturare il gruppo aveva spostato la gestione della filiale svedese a Malta. La suprema Corte ha ritenuto contraria ai principi stabiliti dall’articolo 43 del Trattato Cee la tassazione in uscita consentita dalla legislazione svedese.

Il riferimento alla sentenza de Lasteyrie
Un’importante interpretazione della libertà di stabilimento, su cui si è basata la Commissione nell’avviare la procedura di infrazione, viene fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee con la sentenza dell’11 marzo 2004, causa C-9/02 (cosiddetta sentenza "de Lasteyrie"). La pronuncia ha ritenuto contraria alla libertà di stabilimento una disposizione francese in base alla quale il signor de Lasteyrie du Saillant, dopo aver lasciato la Francia per stabilirsi in Belgio, era stato assoggettato all’imposta sulle plusvalenze non ancora realizzate relative ad alcune azioni, di una società francese, da lui possedute. La normativa in questione portava a una disparità di trattamento nei confronti dei cittadini che, per il solo fatto di aver trasferito il proprio domicilio fiscale fuori dal loro Paese, erano gravati da un’imposta su un reddito non ancora realizzato, ricevendo quindi un trattamento svantaggioso rispetto a coloro che mantenevano la residenza in Francia. La Commissione ritiene che l’interpretazione della libertà di stabilimento fornita dalla Corte di giustizia delle Comunità europee su questo caso concernente una persona fisica, abbia implicazioni dirette anche sulla tassazione in uscita che gli Stati membri applicano alle società. A seguito di questa pronuncia, la Commissione ha continuato a controllare la legislazione degli Stati membri in materia, per garantire la conformità con il diritto comunitario. Nel caso in esame, la Svezia dovrà intraprendere le necessarie misure per porre fine all’inadempimento contestato e rendere la normativa interna compatibile con i principi di libera circolazione prescritti dalla normativa europea.
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