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Attualità

Frodi Iva nel settore auto, le misure di prevenzione e repressione

Su tutte, la responsabilità in solido del cessionario e il divieto di immatricolare le auto nuove per le quali l'acquirente non comunichi identificativo del fornitore intra Ue e numero di telaio

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La questione della posizione giuridica dei soggetti economici che sono coinvolti nelle "frodi carosello" è, in relazione alla diffusione esponenziale delle frodi all'Iva, di stretta attualità.
Si tratta di frodi il cui schema prevede, nella sua forma più elementare, che una società A effettui una cessione di merce intra Ue esente a una società fittizia B residente in un altro Stato membro. Quest'ultima, dopo aver effettuato una cessione nazionale ad altra società C (denominata broker), incassa l'Iva sulla vendita effettuata, scomparendo senza versare alcunché all'Erario.
In sostanza, le operazioni commerciali poste in essere, pur essendo di norma eseguite fra due soggetti economici, ne richiedono il contributo di almeno un altro cui è attribuito il ruolo di interposto (missing trader ovvero operatore scorretto) (vd. schema n. 1).

La forma più complessa della frode carosello prevede che sia affiancata alla società interposta una o più società "filtro" che presentano in molti casi situazioni contabili e fiscali formalmente corrette.
Alle stesse, che acquistano e vendono i beni oggetto della frode a prezzi tali da generare una perdita d'esercizio ovvero un reddito assai ridotto nonché un esiguo debito Iva, è affidato il compito di ostacolare l'eventuale accertamento, offrendo a eventuali ispezioni uno schermo di apparente regolarità (vd. schema n. 2).
Il rischio è infatti che l'indagine - nata nei confronti di un soggetto economico - si "spezzetti" in relazione ai ruoli dei diversi componenti finendo, inevitabilmente, per impedire una chiara visione d'insieme dell'operazione illecita.
Gli effetti deleteri di tale frazionamento discendono dalla circostanza che i soggetti artatamente interposti nelle compravendite risultano perlopiù privi di qualsiasi struttura e l'attività di accertamento nei loro confronti non produce "sostanza" per l'Erario; si tratta, infatti, di soggetti privi di capacità patrimoniale e finanziaria.

E' quindi sempre più avvertita, sia in ambito nazionale che comunitario, l'esigenza di individuare i veri promotori dell'attività illegale, i quali, senza mai figurare, si servono di società costituite ad arte e intestate a prestanome perlopiù nullatenenti.
Frequentemente, infatti, sono gli stessi commercianti d'auto nazionali a creare operatori economici fittizi su cui catalizzare il debito d'imposta che deriva dalla commercializzazione sul mercato interno degli acquisti intra Ue.

In ambito comunitario
In ambito comunitario, di fronte al crescente allarme per il fenomeno, si è creato, in tema di assistenza amministrativa fra i vari Stati membro e potenziamento della coordinazione dei controlli in ambito Iva, un quadro normativo unico di riferimento.
E' stato pertanto emanato il regolamento n. 1798/2003 (entrato in vigore il 1° gennaio 2004), che ha indubbiamente intensificato gli scambi di informazioni; con il successivo regolamento n. 1925/2004 (emanato il 29 ottobre 2004), sono state fissate le modalità da seguire per lo scambio delle stesse.
In particolare, è stato predisposto un nuovo modello di comunicazione (SCAC/2004), che razionalizza e schematizza in modo chiaro e immediato le informazioni; il tempo massimo per l'evasione delle richieste è stato fissato in tre mesi e ogni Stato membro è stato incaricato di designare il proprio "servizio di collegamento".
L'Amministrazione fiscale italiana ha designato e comunicato come Servizio di collegamento ai vari uffici di collegamento degli altri Stati membro gli uffici centrali dell'Agenzia delle entrate, delle Dogane e della Guardia di finanza, i quali possono, dal 1° settembre 2004, effettuare lo scambio elettronico di informazioni in via diretta; il medesimo modello può essere utilizzato sia per chiedere informazioni che per rispondere nonché per chiedere eventuali chiarimenti.

Parallelamente, la Commissione europea ha avvertito l'esigenza di sollecitare ai diversi Paesi membri l'adozione di misure straordinarie di prevenzione e repressione.
Fra le diverse e alternative misure d'intervento, è stata riconosciuta la facoltà di allargare il novero dei soggetti obbligati al pagamento dell'imposta sulla base della negazione dell'esistenza giuridica dell'operazione.
Proprio in relazione alle indicazioni rivolte dalla Commissione europea, il legislatore nazionale, anche sulla scorta di esperienze già maturate in altri Paesi (Regno Unito, Belgio, Olanda e Germania), ha inserito, con la Finanziaria 2005, nel Dpr n. 633/1972 (istitutivo dell'Iva), l'articolo 60-bis, con il quale ha previsto, nel caso di mancato pagamento dell'imposta da parte del cedente, la responsabilità in solido del cessionario nel versamento della stessa, qualora la cessione sia avvenuta a un prezzo inferiore al valore normale del bene e in relazione alle categorie di beni specificamente indicate da un decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze, sulla base dell'analisi sui fenomeni di frode.
Detto decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2005, individua le seguenti categorie di beni:

  • autoveicoli, motoveicoli e rimorchi
  • prodotti di telefonia e loro accessori
  • personal computer, componenti e accessori
  • animali vivi della specie bovina, ovina e suina e loro carni fresche.

Peraltro, come chiarito, nel corso del convegno "Le frodi IVA" tenutosi a Venezia il 12 maggio scorso, dal direttore centrale dell'Accertamento dell'Agenzia delle entrate, Marco Di Capua, "altri beni per i quali i fenomeni di frode non hanno raggiunto l'intensità di quelli già citati, saranno comunque oggetto di monitoraggio da parte degli organismi di controllo, anche in funzione di una possibile ulteriore proposta da recepire, ove condivisa, in successivi decreti".

Il cessionario può sfuggire alla responsabilità solidale qualora fornisca prova documentale che il prezzo inferiore dei beni è dipeso da fatti e circostanze non connesse al mancato pagamento dell'Iva.
Poiché la norma fa riferimento esclusivamente al cessionario "soggetto agli adempimenti previsti dal presente decreto", la circolare 10/E del 16 marzo 2005, al punto 9.7, ha limitato l'operatività della stessa ai soggetti tenuti ad applicare l'imposta sul valore aggiunto.

L'Avvocato generale presso la Corte di giustizia europea ha affermato, nella relazione presentata il 7 dicembre 2005 nella causa C-384/04, avente a oggetto la disposizione normativa in vigore nel Regno Unito simile a quella introdotta dall'Italia, che, per contrastare le frodi Iva, gli Stati membri possono prevedere una responsabilità solidale per il pagamento dell'imposta da parte di un soggetto diverso dal fornitore, precisando, tuttavia, che "... ciò non significa che, in base al diritto comunitario, l'Amministrazione finanziaria abbia carta bianca nell'imporre una responsabilità solidale per l'assolvimento dell'Iva. Nell'attuare le disposizioni della sesta direttiva, le autorità nazionali sono vincolate all'osservanza dei principi generali del diritto comunitario"; fra essi "il principio di certezza e di proporzionalità".
In sostanza, gli Stati membri possono ritenere un soggetto responsabile per l'assolvimento dell'Iva qualora al momento in cui abbia effettuato l'operazione sapesse o avesse ragionevolmente dovuto sapere che, nella catena di cessioni, l'Iva non sarebbe stata assolta.
E', quindi, possibile che l'Amministrazione finanziaria nazionale si basi su presunzioni di conoscenza, purché non adotti un sistema che configuri una responsabilità oggettiva.

Altro strumento concepito in Italia per combattere le frodi comunitarie nel settore delle auto è costituito dal combinato disposto dell'articolo 1, comma 378, della legge 311/2004 (Finanziaria 2005) e del successivo decreto interministeriale dell'8 giugno 2005 (emanato in attuazione del comma 379 dell'articolo unico della Finanziaria 2005), che ha sancito il divieto di immatricolazione in relazione ad auto nuove per le quali l'acquirente, esercente attività d'impresa, non abbia comunicato entro 15 giorni dall'acquisto e comunque prima dell'immatricolazione al dipartimento dei Trasporti terrestri del ministero dei Trasporti il numero identificativo del fornitore intra Ue nonché il numero di telaio delle auto.
Nel caso in cui l'importatore parallelo (primo acquirente) trasferisca l'autovettura a un altro operatore nazionale, quest'ultimo è tenuto a effettuare la comunicazione, indicando i dati del cedente; e ciò anche per i successivi passaggi anteriori all'immatricolazione (vd. schema n. 3).
La mancata o irregolare comunicazione dei dati preclude l'immatricolazione del veicolo.
L'entrata in vigore del decreto, fissata per il 1° settembre 2005, è stata tuttavia rinviata con la circolare n. MOT3/4334/M350 del 30 agosto 2005 del medesimo ministero, per problemi di ordine tecnico-finanziario, a data da definire.

Con i "File Avvisi" n. 54 del 20 ottobre 2005 e n. 57 del 2 novembre 2005 richiamati dalla circolare n. 5981/M352 del 2 dicembre 2005, entrata in vigore il 5 dicembre, il ministero dei Trasporti e delle infrastrutture ha previsto l'entrata in vigore del decreto interministeriale dell'8 giugno 2005.
Tuttavia, come precisato nella stessa Circolare, non è stata ancora stipulata la convenzione fra il dipartimento del ministero delle Infrastrutture e trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane in ordine alle modalità di trasmissione di tali dati per la successiva attività di accertamento. I privati consumatori che vogliano ottenere l'immatricolazione del veicolo nuovo acquistato dovranno, invece, ai sensi del decreto ministeriale 19 gennaio 1993, produrre, tra l'altro, copia dell'attestato di pagamento (F24) ovvero dichiarazione sostitutiva di avvenuto versamento dell'Iva, ai sensi dell'articolo 46, lettera p), del Dpr n. 445/2000.

Nell'ambito degli indirizzi di politica fiscale, si è inoltre potenziata la cooperazione degli Organi del sistema fiscale; l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane e la Guardia di finanza hanno infatti definito, in data 18 luglio 2005, una comune metodologia di controllo volta ad accrescere la collaborazione sul territorio nazionale delle unità ispettive delle tre istituzioni.

Ambito penale
Passando al versante della responsabilità penale è stata avanzata, in ambito comunitario, l'ipotesi di costituire in ogni Paese membro una Procura nazionale antifrode, alla quale sarebbe attribuita la competenza a indagare su tutte le frodi poste in essere sull'intero territorio nazionale.
In tal modo, potrebbe essere garantita l'unitarietà del quadro accusatorio, che vedrebbe, altrimenti, il rischio di essere "spezzettato" fra le diverse procure del medesimo Stato ritenute competenti.
A esse sarebbe peraltro attribuito il compito di raccordo per le indagini penali condotte nei vari Paesi comunitari.

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